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L'elettorato è mobile
L’elettorato non sarà mobile come suppone l’arietta d’opera delle donne (con tipico pregiudizio antifemminista), cioè come una piuma al vento, ma certamente continua a mostrarsi relativamente imprevedibile. Questo è ciò che è apparso a tutti con la recente tornata di amministrative in cui si dava per vincente il centrodestra, mentre invece il centrosinistra ha portato a casa un ottimo risultato. Si può cavarsela dicendo che è dipeso dagli errori di una destra molto meno unita di quel che si dava per scontato, ma non ci sembra una spiegazione sufficiente.
Pare a noi che una volta di più la mobilità dell’elettorato non si sia espressa prevalentemente in uno spostamento di consensi fra i partiti delle due coalizioni contrapposte, quanto piuttosto nel transito di molti votanti nell’area dell’astensione, ancora una volta in crescita e per di più in un contesto come quello “cittadino” dove si supponeva che i partiti avessero maggiori capacità di coinvolgimento dei cittadini. In realtà gli appelli più o meno convinti dei leader nazionali non sono stati capaci di mobilitare là dove i candidati non convincevano, né a destra né a sinistra. Lo si era già visto nelle amministrative a Roma dove la cosa era stata molto evidente, ma il fenomeno si leggi tutto
Il mistero dell’aeronautica russa
È uno dei misteri, almeno finora, di questa guerra. E ha sorpreso tutti, esperti e analisti militari per primi.
Con 4173 aeromobili e circa 850.000 uomini – così era stimata alla vigilia dell’invasione da Flying Magazine – la Russia è la seconda potenza aerea al mondo, inferiore solo agli Stati Uniti.
Forte di un rapporto di oltre 10 a 1 con l’aviazione di Kiev, l’Aeronautica russa (VVS) avrebbe dovuto costituire uno dei maggiori punti di forza nell’attacco lanciato da Putin contro l’Ucraina. Con una vasta esperienza nel bombardamento di obiettivi in Siria, Georgia e Cecenia, l'aviazione di Mosca avrebbe dovuto svolgere un ruolo fondamentale nell'invasione, spazzando via le difese aeree avversarie e consentendo alle forze di terra di penetrare in profondità in territorio ucraino e conquistare Kiev, colpendo dal cielo ogni resistenza. Ma a più di quattro mesi dall'inizio della guerra, l'aviazione di Vladimir Putin non ha ancora conquistato il dominio dell’aria.
Sebbene numericamente assai inferiori, le forze ucraine hanno mostrato una sorprendente capacità di contrastare l’offensiva aerea di Mosca, grazie anche al supporto di intelligence e di sistemi di difesa antiaerei forniti dall’Occidente.
Ma non può essere solo questa la causa di una performance così insoddisfacente, rispetto alle aspettative del Cremlino.
Secondo un’analisi pubblicata dal Ministero della leggi tutto
Qualcuno metta sul comodino di Putin i libri di Tolstoj e Dostoevskij
Credo che nella sua lunga parabola di ascesa al potere, in parte ascrivibile agli incroci fortuiti di un ineludibile destino e in parte dovuta alla capacità di preordinarne gli eventi, Vladimir Vladimirovic Putin sia sempre stato condizionato e guidato da due fondamentali aspirazioni: accreditare se stesso nella pienezza delle proprie potenzialità e rappresentare la Russia, consapevole di essere l’erede della identità storica culturale di un Paese immenso di oltre 144 milioni di abitanti, esteso su 17 milioni di chilometri quadrati, attraversato da 10 fusi orari, comprensivo di 200 etnie e di oltre 60 tra lingue e dialetti. In questa condizione esistenziale diventa persino inevitabile confondere i piani dell’essere e dell’apparire ma Putin in questa fase apicale di decisioni drammatiche ha scelto di portare il mondo sull’orlo di un abisso senza ritorno. Fondamentalmente è solo, non può fidarsi nemmeno del più affidabile collaboratore, mette tra sé e gli altri la distanza del potere assoluto, la diffidenza verso complotti, congiure e tradimenti: il tavolo lungo oltre sei metri che lo separa dai suoi interlocutori è l’icona di una malcelata debolezza, dietro la boriosità delle parole e la spietatezza delle decisioni e dei gesti. Arroccato in un bunker che si fa sempre più stretto, forse minato dal male si fa leggi tutto
Sulla “libertà da mascherina”: qualche semiseria considerazione
Capita a volte, di fronte a difficoltà di capire alcuni problemi del presente o determinati approcci assai superficiali ad essi, di pensare a qualche grande classico del pensiero politico nella speranza di trovarvi qualche lume. E così a me capita a volte di richiamare a me stessa, nell’era di Covid 19 in cui siamo tuttora immersi, certe propedeutiche riflessioni di Montesquieu in tema di libertà. Ciò a partire innanzitutto dal dibattito che da più di due anni a questa parte si è sviluppato in tema di cosiddetta “dittatura sanitaria”, vista da tanti, anche intellettuali più o meno “di grido” e da “politicanti/contro, senza se e senza ma”, come grave vulnus alla libertà degli individui e delle loro scelte. Ebbene sì: con argomentazioni sempre dicentesi ispirate alla Libertà, con la “L” maiuscola, si è da più parti sostenuto che le misure prese dai vari Stati in merito agli obblighi e ai comportamenti dei singoli per limitare la diffusione di un virus che nel mondo intero causa centinaia di migliaia di vittime, sarebbe nella realtà banco di prova di una volontà liberticida da parte degli Stati stessi. Cosa c’entra il rimando a Montesquieu in tutto questo? Proprio perché relativamente ad alcune dichiarazioni, a mio avviso leggi tutto
Vaghe Stelle del firmamento politico
La spaccatura fra governisti e barricadieri era inevitabile scoppiasse prima o poi nei Cinque Stelle. Magari era difficile pensare qualche tempo fa che il governista sarebbe stato l’ex capo politico Di Maio e il barricadiero il nuovo capo politico Conte, ma in un quadro in cui il supremo orizzonte è il tirare a campare, il che. come insegnava Andreotti, è meglio che tirare le cuoia, non c’è da stupirsi di nulla.
Curiosamente a terremotare il sistema hanno lavorato gli stessi Cinque Stelle, vuoi con la regola dei due mandati che è troppo stretta, vuoi con il taglio del numero dei parlamentari. La prima regola non è affatto una novità grillina: in teoria c’è anche in altri partiti, solo che lì è temperata dalla possibilità dei vertici di concedere “eccezioni” (regolari per i leader più in vista), ma soprattutto dal fatto che riguarda ogni ambito elettivo, per cui puoi fare due anni in un comune, due in una regione, due in parlamento. Si dice che qualcosa di simile volesse proporre Grillo, ma la difficoltà è che non c’è paragone fra quel che si “guadagna” da più punti di vista nei diversi ambiti e soprattutto che nel caso presente si tratterebbe per tutti i parlamentari di una retrocessione, leggi tutto
L'ordine liberale è evoluzione
Dovevamo proprio farci sbattere in faccia da Putin al Forum economico di San Pietroburgo che è finito l'ordine liberale mondiale dominato dagli Stati Uniti con l'alleata l'Europa compartecipi di una storia spesso tragica, ma comune? Dovevamo lasciare che fosse Putin a far uscire dai circoli degli esperti e a sbattere in prima pagina questa ovvietà? È successo perché è una ovvietà che fa male e che costringe ad abbassare la cresta a noi opinione pubblica, opinione politica, galletti indomiti perché ciechi. Facciamo un esempio illustre che risale ai tempi aurei della conquista europea del mondo e della costruzione dell'universo politico moderno, l'esempio di Alexis de Tocqueville, uno dei grandi padri del liberalismo. Nella prima metà dell'Ottocento Tocqueville scoprì in America la democrazia trionfante, ne preconizzò con timore l'allargarsi in Europa e teorizzò che negli Stati Uniti la democrazia poteva sussistere perché era una democrazia costituzionale e liberale che divideva il potere fra molti centri istituzionali in modo che nessuno potesse prevaricare e al tempo stesso costituzionalizzava i diritti individuali. Un grande; ma un grande che negli anni Quaranta approvò la guerra devastante della Francia in Algeria, i continui massacri che l'Armée commetteva per assoggettare gli arabi e giudicò necessaria la colonizzazione leggi tutto
Le elezioni amministrative del 2022
In un decennio nel quale la mobilità elettorale si è rivelata enormemente superiore al passato, trarre previsioni sulle politiche del 2023 dalle amministrative del 12 giugno scorso è sbagliato. Tuttavia, ci sono delle linee di fondo che si colgono nel breve e nel medio periodo: così come l'ascesa dei Cinquestelle alle politiche del 2013 fu annunciata nel 2012 a Parma dall'inattesa vittoria di Pizzarotti e la vittoria del 2018 fu preceduta dalla conquista di Roma e Torino, anche il 34% della Lega alle europee del 2019 aveva visto il Carroccio crescere in modo sempre più impetuoso fra il 2015 e il 2018 e, in misura maggiore, nei test precedenti il voto per l'Europarlamento. Le tendenze di oggi sono molto chiare: la netta crescita di Fratelli d'Italia, che moltiplicando (nei ventisei capoluoghi di provincia) per quasi tre volte la percentuale ottenuta alle comunali del 2017 è il primo partito del destracentro, con Lega e FI in ripiegamento (il Carroccio perde un decimo dei consensi, gli azzurri un quinto); il primo posto del Pd in assoluto (con un progresso dell'1,9% rispetto al 2017); il netto declino del M5s, che perde 119mila voti su 156mila rispetto alle precedenti comunali, cedendo il 64% dei consensi anche nei capoluoghi regionali dove (in particolare Genova e Palermo) era più forte e strutturato. leggi tutto
Il genocidio dell'Holodomor e le opinioni politiche in Italia, oggi ribaltate
La mozione presentata alla Camera dal PD sul genocidio dell’Holodomor perpetrato tra il 1932 e il 1934 ad opera del regime staliniano (morirono per carestia e per fame cinque milioni di persone di cui tra i tre e i quattro milioni erano ucraini) intende chiarire che si trattò del più grave sterminio della storia europea del XX secolo dopo l’Olocausto. Esso si verificò nei territori allora facenti parte dell’ex URSS, nelle aree geografiche attualmente corrispondenti all’Ucraina, al Kazakhistan e alla regione del Volga. “Holodomor è una parola ucraina che significa “sterminio per fame”: milioni di persone furono private dei mezzi di sostentamento, della possibilità di spostarsi, lavorare, procurarsi il cibo, confinate in intere città e i loro beni confiscati, assoggettate ad operazioni di persecuzione e blocchi stradali ad opera della polizia anche per stroncare l’identità politica del popolo ucraino e degli oppositori del totalitarismo sovietico. Questi fatti storici furono documentati per la prima volta dallo storico inglese Robert Conquest nel 1986 e nel 2023 ne ricorrerà il novantesimo anniversario. Significativo l’intendimento di questa mozione: impegnare il governo d’intesa con il Parlamento a riconoscere l’Holodomor come genocidio messo in atto dal regime comunista sovietico per volere di Stalin, che mirava ad annientare una parte di popolazione leggi tutto
Suggestioni dalle urne
La lettura dei dati elettorali è sempre complicata, ma lo è specialmente quella che deve estrarre dei trend nazionali da competizioni amministrative inevitabilmente caratterizzate dai fattori locali. L’esame tecnico lo lasciamo agli specialisti (lo farà il nostro Luca Tentoni sabato), noi ci limitiamo a valutare le suggestioni che emergono da quanto è accaduto domenica 12 giugno.
Il primo dato che ci colpisce è il calo della voglia di partecipazione politica. Quasi drammatico nel caso dei referendum (mal impostati e peggio gestiti), ma notevole anche per quanto riguarda realtà locali, grandi, medie e piccole, dove sostanzialmente quasi la metà degli elettori manifestano indifferenza circa il possibile risultato. Temiamo che stia montando sempre più la convinzione in larga parte dei cittadini che “questo o quello per me pari sono”, tanto poi i problemi non si risolvono. È un po’ qualunquistico dirlo, ma nella ricezione della gente Roma era invasa dai rifiuti e dai cinghiali con la Raggi e la situazione è più o meno uguale con Gualtieri. I due personaggi sono molto diversi, ma una realtà degradata non si lascia domare.
I partiti hanno fatto uno sforzo modesto per riportare i confronti per i sindaci nell’alveo di impostazioni “nazionali”, il che è abbastanza curioso visto che i comuni saranno enti
“Le conseguenze della guerra”: dalla dolente Europa di Rubens a….?
Mentre l’Europa è dilaniata dalla Guerra dei Trent’anni (1618-1648), Peter Paul Rubens, (testimone delle distruzioni in atto a ogni livello e delle numerosissime vittime che essa viene sempre più mietendo non solo fra gli eserciti che si combattono ma anche fra i civili, a causa delle epidemie e della carestia che essa ha innescato e contribuito a diffondere), porta a termine un grande quadro che intitola “Le conseguenze della guerra”. Anche nei secoli a venire questa opera suonerà a potente critica della guerra e magistrale rappresentazione dei suoi effetti devastanti. All’interno di un universo profondamente simbolico e allegorico campeggia la figura di Marte, Dio della guerra, che vince su Venere, Dea dell’amore, che invano cerca di trattenere il suo impeto. Egli avanza da trionfatore, calpestando inesorabilmente ogni simbolo della cultura, della scienza, dell’arte e ogni forma di civile convivenza. Altre figure spaventose balzano poi alla ribalta nel cupo scenario che il pittore rappresenta: così i mostri della peste e della carestia e la figura assai inquietante della furia Aletto, personificazione di una irrefrenabile e incontenibile discordia, capace di strappare via lo stesso Marte dall’abbraccio di Venere. La sua forza trascinatrice è talmente potente che niente e nessuno può resisterle: sul suo cammino ogni leggi tutto