Argomenti
In crisi sulla politica estera?
Fra le tante ipotesi che in passato si sono fatte su ciò che avrebbe potuto portare alla crisi dell’edificio governativo costruito con pazienza da Mattarella per metterlo in mano a Draghi, pochi, forse addirittura nessuno aveva previsto potesse esserci la politica estera. Raramente infatti nel nostro paese è stato un argomento chiave del confronto politico.
Ma come, diranno i nostri lettori più avvertiti, con tutte le discussioni che si sono fatte a partire dal 1948 in avanti sulla nostra collocazione internazionale, sul confronto Est-Ovest, sulla guerra fredda prima e poi sulla presunta “fine della storia” che si sarebbe determinata con la caduta dell’URSS. E perché non ricordare qualche impennata sulle scelte giallo-verdi circa la via della Seta e roba del genere.
Quelli però non erano confronti sulla politica internazionale, erano sceneggiate ideologiche, roba che mischiava, anche in maniera spesso confusa, difesa della democrazia occidentale, scelta del progresso più o meno proletario, sogni di neutralismo da terza via e materiale simile. Tutta roba che è tornata sulla scena per la delizia dei talk show, consapevoli che la nostalgia per le scelte della giovinezza è un sentimento duro a morire e che di conseguenza fa audience. Del resto si ricorderà che Berlusconi raccolse una bella quota leggi tutto
La rielezione di Macron: una analisi a freddo
Come ricorda un’espressione francese, sarebbe forse il caso di “prendre du recul” nell’osservare e giudicare la rielezione di Emmanuel Macron. Occorre guardarla con maggiore distacco, compararla e non limitarsi al bicchiere mezzo vuoto o perlomeno gettare un’occhiata anche a quello mezzo pieno.
Astensione record (sopra il 28%), appena tre punti sotto il picco più alto, nell’inclassificabile ballottaggio del 1969. Si trattava di elezioni a due mesi dalle clamorose dimissioni di de Gaulle, con i comunisti giunti terzi al primo turno, il loro leader che si esprimeva per l’astensionismo e un ballottaggio scontato nell’esito tra Pompidou e il centrista Barre.
Voti alle estreme ancora in crescita e che se sommati al primo turno superano il 55%. E infine la percezione, ricordata da Macron in apertura al breve discorso post-elettorale, che una parte importante del voto al presidente uscente al ballottaggio sia giunto per bloccare l’avanzata di Le Pen e dunque non debba essere considerato un voto di adesione al suo progetto o di sostegno alla sua leadership (e i due milioni abbondanti di voti persi tra il ballottaggio del 4 aprile 2002 e quello di cinque anni fa lo confermano).
Detto ciò sarebbe scorretto non ricordare anche gli elementi positivi per Macron presenti nella rielezione. In termini di voti ottenuti al ballottaggio (18,7 milioni), leggi tutto
Le opinioni, mine vaganti a ridosso della realtà
“Ormai non ci sono verità che non possano essere messe in dubbio: domina il primato del parere personale. Ma non è dato sapere tale dinamica dove ci porterà”, Questo è l’incipit di un recente articolo di Giuseppe De Rita ospitato dal Corriere della sera, che ci propone un tema su cui sembra valga la pena di riflettere.
Spesso orfani di memoria, ci siamo lentamente affrancati dal giogo dalle ideologie ma anche dalla storia: come possiamo ogni giorno verificare entrambe riaffiorano nel presente dominante, storpiate da una visione soggettiva delle cose. Il miscuglio di opposti e di contrari in cui siamo quotidianamente immersi ci lascia senza approdi emotivamente rassicuranti: è forse un residuo paradossale della globalizzazione che voleva un mondo interconnesso e ubiquitario ma ci fa vivere in una torre di Babele dove comunicazione e informazione si confondono, fino ad alterare il nostro modo di pensare, relativo, precario, intercambiabile e interconnesso. Nuove tecnologie e digitalizzazione dilagante penetrano i meandri più reconditi della nostra vita ma non sempre semplificano le relazioni umane e la comprensione della realtà.
Da quando le radici, i valori tramandati, gli ideali su cui poggiava una identità malferma e in perenne evoluzione sono stati sostituiti dalle opinioni personali diventa vero tutto ma pure il suo contrario. leggi tutto
La sinistra fra riformismo e radicalismo
Come in tutte le fasi di svolta storica, per il versante che occupa la sinistra dello spettro politico si pone il problema di scegliere fra riformismo e radicalismo massimalista (spesso utopista). Ci riferiamo alla tradizionale bipartizione dell’arco della rappresentanza politica fra un lato destro dove prevalgono le pulsioni alla conservazione e magari alla reazione contro l’evolvere dei tempi e un arco sinistro in cui invece si raccolgono coloro che considerano il cambiamento storico come una occasione per creare “progresso”. Detta così può sembrare schematica, e naturalmente in parte lo è, ma a dispetto di tutte le retoriche sul tramonto della distinzione fra destra e sinistra, quella divisione nelle grandi linee rimane, anche se è sempre meno vero che le forze tradizionali che presumono di detenere l’esclusiva per marcare questa bipartizione abbiano ancora titolo a farlo.
Se si osserva il campo politico attuale si vedono due tendenze opposte. Da un lato c’è una ricerca quasi disperata a tenere vivo quel bipolarismo, obbligando le forze presenti a schierarsi da una parte o dall’altra, ma con l’inevitabile problema di stabilire quale delle molte componenti che le compongono possa intestarsi il diritto a condizionare le altre dietro di sé. Sul versante opposto c’è una certa pulsione leggi tutto
I civili come nemici
Se qualcuno avesse chiesto negli anni ’80 o ’90 del secolo scorso, a un passante in una qualsiasi parte del mondo, le ragioni per cui l’umanità avrebbe potuto trovarsi sull’orlo di una guerra nucleare nel 2022, molto probabilmente si sarebbe sentito rispondere che una simile guerra avrebbe avuto inizio solo per questioni legate a grandi scenari strategici, come la lotta per la conquista dello spazio, o a gravi questioni ambientali, ad esempio una guerra per il controllo dell’acqua potabile, oppure a tentativi di imporre programmi cibernetici planetari. Sarebbe stata grande la sorpresa del passante interpellato se gli avessero svelato che, nel XXI secolo, la guerra potenzialmente devastante per l’umanità, era deflagrata per le stesse ragioni che erano state alla base dei conflitti già visti nel XIX e nel XX secolo, vale a dire l’invasione di un Paese confinante da parte di una potenza intenzionata a difendere il prestigio nazionale e il riconoscimento dello status di autorità imperiale. Anche per noi oggi è triste constatare che Putin ha avviato un drammatico conflitto solo per restituire alla Russia quella posizione che deteneva nella seconda metà del XX secolo. Un’impresa fuori tempo massimo, al di là dei risultati contingenti che potrà ottenere nell’immediato. Quel ruolo leggi tutto
Bombe da bagno e pappagalli verdi
Nella nostra parte di Mondo la straripante e forse inevitabile pubblicità, che tutto offre e impone al passo coi tempi, va a illustrare “bombe da bagno…con profumi naturali …effervescenti multicolori con all’interno animali dello zoo… sorprese per i bambini così allettati a fare il bagno…idee regalo… kit biologici al 100% sicuri…disponibilità immediata…”
Evidentemente un estemporaneo moderno carpe diem commerciale rivolto a genitori particolarmente scrupolosi e prudenti.
Nell’altra parte di Mondo le bombe-giocattolo vengono servite direttamente a domicilio sotto forma di pappagalli verdi, i quali, piuttosto allettanti, si posano su campi, prati, cortili, case e in ogni dove nascondendo la sorpresa: piccoli cilindri ripieni di esplosivo offerti a chi li trova e li maneggia. Prima di posarsi hanno volteggiato nei cieli di Cambogia, Vietnam, Afghanistan, Bosnia, Somalia, Etiopia, Sud America, Gibuti, Kurdistan iracheno e ovunque si siano svolte guerre e guerriglie.
“Ho dovuto crederci, anche se ancora oggi ho difficoltà a capire” confessa Gino Strada dopo una vita intera dedicata a “tagliare e ricucire quelle povere carni” leggi tutto
La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino
Quello che l’economista Giuseppe Sabella ha consegnato all’editore Rubbettino (che lo sta diffondendo con grande successo a 1,99 euro e proventi per l’Ucraina) è qualcosa di più di un saggio breve, un paper come si dice in gergo: è un’originale ed approfondita analisi delle motivazioni prodromiche che hanno scatenato l’aggressione militare della Russia all’Ucraina e delle varie concause che l’hanno determinata e sostenuta. Abituati agli estenuanti e spesso stucchevoli dibattiti televisivi dove i tuttologi esprimono congetture, interpretazioni, punti di vista, opinioni sovente non suffragate da analisi competenti, forse più preoccupati di prendere posizione o di esporre suggestioni quasi mai aderenti alla realtà, si resta sorpresi nel leggere questa trentina di pagine dove Sabella espone in modo chiaro alcune riflessioni più che plausibili.
Egli scrosta le apparenze e le suggestioni che coprono la realtà (come una sorta di “cappa” direbbe Veneziani) e riporta ogni approfondimento sul piano dell’approccio geopolitico ma soprattutto geoeconomico: è da tempo convinto assertore della matrice e della genesi economica, tecnica e scientifica di ciò che sta accadendo a livello planetario. Allievo di un grande filosofo della Scienza, il compianto Prof. Giulio Giorello (ho avuto l’onore di conoscere e intervistare entrambi e di coltivare una consonanza di interessi culturali con l’amico Giuseppe, leggi tutto
La guerra in Ucraina come guerra trasformativa e le sue conseguenze culturali
La guerra in Ucraina mi pare stia diventando una guerra trasformativa che pone fine ai trent'anni successivi alla caduta dell'Unione Sovietica nei quali la Russia non era tanto vista come una minacciosa concorrente quanto come un partner commerciale fornitore di materie prime e prodotti agricoli e la Cina acquistava potere e influenza senza sconvolgere gli equilibri internazionali ancora fondati sulla centralità, sia pur ridimensionata, degli Stati Uniti. La minaccia più immediata era l'islamismo radicale in medio Oriente e in Africa; una minaccia a cui l'Arabia Saudita e i paesi del Golfo ponevano un freno politico. Oggi, tuttavia, Russia e Cina stanno apertamente facendo della guerra in Ucraina una leva per uno scontro frontale con i paesi occidentali non solo a livello di politica di potenza; ma a un livello più profondo, culturale e ideologico, tendente a smontare la narrazione storica e politica della democrazia occidentale. La Russia lo fa con il suo nazionalismo slavista e imperiale raccolto attorno alla figura carismatica del leader e alla Chiesa ortodossa che tutto legittima con il manto della verità divina. La Cina con un nazionalismo fondato sulla sua storia millenaria di Impero di mezzo, centro dell'intero mondo e dei suoi popoli, nutrito di tradizione leggi tutto
Così parlò Mario Draghi
L’intervista di Pasqua data in esclusiva al “Corriere della Sera” non è passata come un normale episodio nella comunicazione di un premier. Prima di tutto perché Draghi in un anno e più di governo di interviste non ne aveva finora concesse, preferendo le conferenze stampa, che indubbiamente sono più rispettose del rapporto con tutto il sistema della comunicazione. In secondo luogo perché è uscita in un giorno simbolico, cosa che non può essere considerata casuale, alla vigilia di passaggi difficili: c’è la guerra in Ucraina in peggioramento, ci saranno a fine settimana le presidenziali francesi (un appuntamento importante), si apre un momento di confronto parlamentare non proprio idilliaco su questioni chiave per il successo del PNRR (riforma della giustizia e del fisco).
Su questo sfondo il premier ha ritenuto importante far conoscere la sua posizione, tenendo in mano il bandolo della matassa come è possibile in un’intervista senza doversi concedere alle inevitabili provocazioni, benevole o malevole, come accade nelle conferenze stampa.
Pur parlando di molti argomenti, il focus era costituito, a nostro avviso, da una questione di fondo: è necessario che il governo duri fino alla naturale conclusione della legislatura, ma i partiti stiano tranquilli perché il premier non intende sfruttare i successi che leggi tutto
Una nuova battaglia del saliente? Sloviansk nel Donbass, la nuova Kursk, 80 anni dopo?
Fallito il tentativo di prendere Kiev e deporre il governo Zelensky, i satelliti spia e la ricognizione sul terreno stanno rilevando come le forze russe si stiano riposizionando verso l’Ucraina orientale, in particolare nella contesa regione del Donbass. È lì secondo, diversi analisti militari, che a breve, potrebbe scatenarsi uno scontro su vasta scala, per il controllo di questo strategico territorio.
L’area è importante, sia per le risorse naturali che contiene, sia perché costituisce, simbolicamente, la giustificazione stessa dell’intervento russo in Ucraina: la liberazione dei “fratelli oppressi” della minoranza russa nel Donbass. Infine la sua conquista potrebbe rappresentare per Putin, finalmente, quella vittoria sul campo che finora è mancata, per risollevare in patria, le sorti delle sue forze armate, la cui reputazione è scesa ulteriormente dopo gli insuccessi sul terreno e l’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva, ammiraglia della Flotta del Mar Nero.
Una considerazione così bassa dell’efficienza militare russa in azioni offensive, da rievocare – tra gli analisti di questioni militari - la fallimentare performance dell’Armata rossa nella “Guerra d’inverno” russo-finlandese del 1939-40. Un conflitto quasi dimenticato che sta riproponendo però curiose analogie con quello attuale. (Anche allora i russi, in soverchiante superiorità di forze, pensavano di venire accolti dalle popolazioni “liberate”, a braccia aperte e che l’esercito leggi tutto