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Una questione seria: la crisi del campo largo
La crisi provocata nel cosiddetto “campo largo” da Giuseppe Conte con il sostegno del duo Fratoianni-Bonelli non è una banale lite per tattiche elettorali, anche se queste vi hanno parte (i Cinque Stelle in Liguria devono confrontarsi con la concorrenza di una dissidenza grillina lieta di attaccarli per il cedimento a Renzi e se M5S uscisse male dalla conta elettorale il suo futuro sarebbe grigio). Si tratta piuttosto del riaccendersi della competizione per l’alternativa alla testa del futuro equilibrio politico italiano dopo la fine dell’età di Berlusconi.
Per capire, è necessario risalire alle origini dell’insediamento di Conte alla testa del movimento grillino. Come è noto, il cosiddetto “avvocato del popolo” non proveniva dalle file del movimento del vaffa, ma piuttosto dagli ambienti della più o meno medio-alta classe dirigente arrembante. La sua presa di potere fu in gran parte connotata dallo spazio che egli aprì per quel ceto politico-burocratico grazie alla guida dell’esecutivo, giocandosi abilmente il sostegno di grillini poco formati al gioco romano e di una Lega salviniana che si pensava fortissima perché detentrice della chiave populista per gestire un largo consenso.
Quando la coalizione giallo-verde crollò per l’avventurismo dell’allora “Capitano”, Conte riuscì a rimanere in sella cambiando spalla al suo fucile, leggi tutto
Il carcere come luogo di espiazione della pena e di possibile redenzione
Quando si fa ingresso in un carcere per interrogare o meglio – ascoltare – una persona che vi si trova rinchiusa, si è come sopraffatti da mille emozioni, che vanno oltre il ruolo, il procedimento, l’assolvimento di un incarico di giustizia, gli interrogativi che precedono il colloquio e che dovranno essere verbalizzati nel modo più testuale e terzo possibile. “È armato, dottore?” è la prima domanda che viene posta nell’astanteria dopo il riconoscimento di rito. Per uno che si spaventava da bambino ad usare le pistole ad acqua la domanda è persino imbarazzante, anche pur comprendendone le ragioni. Se ti chiudono in una cella dove riceverai un detenuto è fondamentale entrare privi di armi, la vigilanza è strettissima ma tutto potrebbe accadere: da questo contesto di interlocuzione si cominciano a comprendere le ragioni della disperazione umana. La prima volta colpisce la suggestione ambientale, il trovarsi in un contesto dal quale si sa che si uscirà più tardi mentre tutto, intorno, ti parla di clausura, controllo, isolamento, privazione, tempo precluso ad ogni alito di speranza. Non si contano le porte che vengono aperte con mazzi di chiavi inusitate, ma si è colpiti – inevitabilmente – dal loro rumore quando ti si chiudono alle spalle: un rumore metallico inconfondibile, che fuori di lì leggi tutto
Le lezioni che non si vogliono imparare
Mentre il quadro della politica politicante registra sempre più zuffe e sgambetti fra i partiti delle due coalizioni contrapposte (Salvini che va da Orban, Conte che, con il sostegno di AVS, boicotta il “campo largo”), la politica seria ha perso un’ulteriore occasione per mettere mano ad una strozzatura del nostro sistema.
È quanto si potrebbe imparare dalla vicenda drammatica dell’alluvione in Emila Romagna, e, in misura minore, nelle Marche. La politica politicante di cui sopra ne ha subito fatta una occasione per scambiarsi accuse: dal lato governativo il ministro Musumeci e qualche colonnello emiliano di FdI per attaccare la regione che non avrebbe speso i soldi per la messa in sicurezza del territorio, dal lato dell’Emilia Romagna il governo regionale col PD a copertura per dire che invece le colpe sono del governo centrale che non ha mantenuto gli impegni presi dopo l’alluvione del maggio 2023. In verità, come dice un proverbio popolare, ce ne sarebbe tanto per l’asino quanto per chi lo conduce.
Cerchiamo di sorvolare sul tema della credibilità di Musumeci che è stato presidente della regione Sicilia, non proprio un modello nella spesa dei soldi pubblici e negli investimenti sul territorio (qualcuno ricorderà pure la situazione della rete idrica dell’isola…) leggi tutto
Non è possibile vivere senza amore
Lo afferma in esordio come un assioma che poi non fatica a dimostrare il Prof Vittorino Andreoli, da profondo conoscitore dell’animo umano, dei suoi turbamenti e delle sue passioni: “non si può vivere senza amore”.
In un saggio articolato in dieci paragrafi la sua argomentazione si sviluppa con lineare epistemologia, toccando tutti gli aspetti che riguardano le relazioni d’amore, visitando con disinvoltura e capacità di persuasione dell’immaginifico destinatario della sua “lettera”, tutti i meandri in cui prende corpo e si sviluppa questa particolarissima relazione sentimentale: dall’attrazione, all’immaginazione, all’esperienza. Cioè partendo da un moto istintivo che spinge all’incontro con l’altro, alla sua elaborazione razionale ed emotiva fino a giungere alla realizzazione di un rapporto duale, fatto di corporeità e di intesa spirituale, eros e pathos.
E- come sommessamente racchiuso tra parentesi nel sottotitolo- spiega assai bene che in modi e forme diverse si tratta di uno stato emotivo che attraversa l’intera esistenza di ciascuno. Affermare che non si può fare a meno di amare significa sottolineare che sta qui – in tutte quelle che l’autore definisce le “liturgie” dell’amore - il significato più autentico dell’esistenza. Conosco Andreoli per essere il professionista che fa dell’umana comprensione un metodo e un fine delle sue ricerche leggi tutto
Lezioni da un quadro di ambiguità
A compensare la pessima figura fatta dalla maggioranza in relazione alla vicenda del processo Salvini a Palermo è arrivata la conferma della attribuzione a Raffaele Fitto di una vicepresidenza esecutiva nella Commissione Europea. Non sono ovviamente due fatti collegati, ma illustrano in parallelo un punto di forza e un punto di debolezza del governo.
La debolezza è nell’essere costretti a sostenere la posizione di un politico che indulge solo al teatrino: difficile immaginare qualcosa che si attagli più a questa immagine della sua recita di autodifesa con un video declamato persino in una sorta di costume di scena. Dapprima Meloni, ma poi anche Tajani si sono sentiti in dovere non solo di solidarizzare con l’attuale vicepresidente del Consiglio, ma di farlo accettando il terreno di critica generalizzata ad una magistratura che sarebbe nemica della politica ed in particolare interessata a far cadere il governo.
Questa argomentazione è, almeno al momento, molto debole. Non è la magistratura che propone di condannare Salvini, ma è una procura della Repubblica che come tale non la rappresenta. Il sistema giudiziario prevede infatti che quanto proposto dalla pubblica accusa sia vagliato da un collegio di primo grado, e poi da un collegio di secondo grado e infine anche da una Corte di Cassazione. leggi tutto
Estate, una breve girandola di illusioni, abitudini ed emozioni
Archiviamo un’estate densa e breve, infuocata e alluvionata, lungamente attesa e salutata senza postume nostalgie. Non una pausa dalle fatiche ma faticosa essa stessa, tra code e lavori in corso, sold out del turismo di massa, miscuglio etnico, chiassose kermesse musicali, solitudini siderali, abbandoni, rituali ripetitivi e stanchi e consumo di tutto: del suolo, dell’aria, dei risparmi, del tempo inutile, delle vacanze brevi per vivere e sopravvivere al resto dell’anno. Abbiamo avuto la stagione più calda di sempre, la settimana più rovente, il giorno (pare il 21 luglio) più bollente. Di tutto e di più: i piromani e gli incendi devastanti (questa gente meriterebbe l’ergastolo perché chi uccide la natura uccide l’umanità), i crolli degli edifici, l’esondazione dei fiumi, i tornadi e le trombe d’aria, le contese balneari, il ritorno del Covid accompagnato dal vaiolo delle scimmie, il bostrico che divora gli alberi in montagna e il granchio blu con il vermocane che impestano i mari. La Foresta Amazzonica, polmone del pianeta, che fornisce il 20% dell’ossigeno che ci è necessario per respirare, quest’anno ha subìto un’impennata del 98% di incendi rispetto all’estate del 2023: una cifra da capogiro. Il cambiamento climatico l’ha fatta da padrone, dallo scioglimento dei ghiacciai alle tempeste d’acqua, alla leggi tutto
Poco teatrino, tanta responsabilità politica
Non ci voleva molto per capire che l’affaire San Giuliano-Boccia era buono per fare teatrino politico, ma avrebbe inciso poco sulla politica vera. Le ragioni sono intuibili: 1) la gente pensa che quella roba lì faccia più o meno parte della routine del potere e che possa affliggere tutti i partiti; 2) il ministero della Cultura non è ritenuto da gran parte dell’opinione pubblica un ganglio vitale dello Stato (non è giusto, ma è così); 3) la faccenda ha tutti i caratteri di una telenovela e come tale è percepita. Di conseguenza ha ragione Meloni a ritenere che il governo non rischia quasi nulla, a parte, e non sarebbe poco, l’ennesima reazione qualunquistica per cui tutti vengono ritenuti eguali (alla faccia delle sue pretese di inaugurare un nuovo stile).
I problemi che insidiano la tenuta del quadro politico sono altri e riguardano sia la maggioranza che l’opposizione. Il principale è come si possa far fronte ad una situazione economica che, piuttosto accettabile in superfice, in profondità pone il tema del declino dell’Europa. L’ha messo in luce con la sua autorevolezza Mario Draghi presentando il rapporto che ha steso per la UE: o si riprende la via degli investimenti creativi e dello sviluppo tecnologico, o l’Europa finisce ai margini leggi tutto
Il primo giorno di scuola
Il giorno fatidico è arrivato, quello tanto atteso dalle mamme, dai papà, dai nonni e dai parenti che formano il nucleo famigliare più allargato dei bambini e delle bambine.
Ma possiamo dire altrettanto per loro, per i nostri figli?
Oppure l’attesa – carica di emozioni, qualche volta di ansie incontenibili – è un fatto che riguarda prevalentemente gli adulti, di cui i piccoli percepiscono forse gli aspetti più deteriori, legati ai preparativi e al lungo rituale di acquisti, di corredo, di impegni e di un’immaginazione spesso fantasiosa?
Parliamo del primo giorno di scuola, naturalmente: un evento che si carica di significati allusivi prevalentemente legati alle suggestioni e al modo di pensare dei grandi.
Perché i diretti protagonisti - i figli-alunni - vivono di riflesso questo ‘avvenimento’ e spesso arrivano persino troppo preparati, tesi come se dovessero comportarsi seguendo strettamente un copione già scritto dai loro genitori.
E invece sono proprio loro, i bambini, i depositari delle proprie emozioni.
Mamme e papà, lasciate entrare vostro figlio con fiducia in quella scuola!
Non preoccupatevi subito dei risultati: arriveranno secondo i tempi e i ritmi di ciascuno, l’importante è che i bambini vivano con naturalezza il loro percorso scolastico, senza sentire il peso dell’ansia anticipatoria degli adulti. leggi tutto
La politica delle incertezze
Non ci sono sicurezze negli oroscopi della politica, né a destra, né a sinistra. Le dichiarazioni ufficiali di entrambe le parti dicono il contrario, ma basta tenere d’occhio le evoluzioni in corso per vedere il dominio di un discreto spaesamento.
La premier Meloni punta a tenere ferma la barra per una legge di bilancio senza cedimenti alla voglia di bonus e mancette (comunque camuffati) per avere a disposizione risorse per investimenti e per sostenere almeno un poco i redditi dei meno fortunati e delle classi medio-basse. Lodevole obiettivo, non fosse che poi fa fatica a contenere le pretese di chi ha lucrato in anni passati e non vuole arrendersi alla fine degli anni di privilegio: vedi alla voce questione dei balneari, che è una vergogna, ma a cui non si riesce a dare una soluzione accettabile (non solo dall’Europa, ma da tutti quelli che di rendite di posizione non ne hanno mai avute).
Le opposizioni puntano a fare “campo largo” su temi che difficilmente possono essere oggetto di dissociazione: salario minimo, politica sanitaria efficiente, un ambientalismo dato ormai per scontato, difesa dell’equilibrio distributivo delle risorse nazionali. Peccato che siano tutte etichette sotto cui non si vedono progetti articolati in modo da
Si vocifera
I toni miti non sembrano appartenere alle consuetudini comunicative del nostro tempo.
Difficile trovare consensi parlando sottovoce: le ragioni si conquistano con modi sovrastanti, vince l’effetto domino, non ci si può sottrarre alla gratificante soddisfazione dell’essere i depositari dell’ultima battuta.
Si parla, ci si scambiano idee e opinioni, si partecipa più o meno convintamene a questo straordinario palcoscenico planetario della recita a soggetto, dove ormai nessun contatto ci è precluso.
Si pensa, si parla, si dice: ma si sa anche ascoltare?
C’è una selezione naturale nelle scelte di quello che si ascolta, operata dalla nostra mente, dai nostri interessi e dalla nostra attenzione ma non sempre ci riesce di escludere quello che vorremmo restasse fuori.
Viviamo infatti nel magma indistinto della comunicazione al punto che ci riesce difficile separare la realtà dalla sua rappresentazione.
In una società definita complessa, senza centro e senza periferie, finisce per essere vero il tutto ma anche il suo contrario, prevalgono sempre i punti di vista, la soggettività.
Siamo solisti che ambiscono di appartenere al coro ma abbiamo la velleità di pensare che il consenso è meglio acquisirlo partendo dalle nostre personali valutazioni.
Il vociare indistinto che ci circonda finisce col diventare un limbo di soggettività. leggi tutto