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Dopo la Sibilla elettorale
Ricordate la storiella che ci raccontavano a scuola sulla Sibilla che ti dava un responso così ambiguo che si sarebbe comunque rivelato esatto consolidando così le facoltà divinatorie della Signora? “Ibis redibis non morieris in bello”, ovvero: andrai ritornerai non morirai in guerra. Tutto dipendeva da dove mettevi la virgola: se dopo “redibis non,” morirai, se dopo “redibis” allora non morirai. Ovviamente dove mettere la virgola toccava all’interprete, la Sibilla ti avrebbe reclamato la risposta giusta dopo che il fatto fosse accaduto.
Bene, questa storiella ci è venuta in mente vedendo il dibattito sul peso che avrà il test elettorale del prossimo 12 giugno, perché crediamo che sarà un enigma che tutti interpreteranno come vogliono e non ci sarà nessuna ricaduta “oggettiva”, ma solo un gioco di letture che ciascun contendente metterà in campo per dire di essere in buona salute (politica). Un po’ lo si è sempre fatto, ma questa volta ci sono tutte le condizioni per farlo alla grande.
Partiamo dalla lettura dei risultati del referendum. Nella previsione molto probabile che non si raggiunga il quorum questo verrebbe interpretato come una sconfitta di Salvini che fra i politici ne è stato il principale sostenitore. Ma si possono vedere le cose diversamente. Se leggi tutto
La dispersione scolastica implicita: un quindicenne su due non comprende ciò che legge
A margine del Convegno “Impossibile” promosso da ‘Save The Children’ sulle problematiche (ricorrenti) e sulle aspettative (inevase) che riguardano bambini e adolescenti, restano i dati impietosi sciorinati, nella quattro giorni di confronto e riflessione, dal Presidente Claudio Tesauro.
Ci sono tendenze e derive che si stanno consolidando, come la cd. “dispersione scolastica implicita” che consiste nei deludenti risultati in termini di apprendimento e formazione che gli studenti conseguono nel corso del curricolo degli studi, già considerando le abilità di base. Se utilizzassimo come parametro di valutazione degli esiti di istruzione la tassonomia di Bloom (conoscenza-comprensione-applicazione-analisi-sintesi e valutazione) ci accorgeremmo che un quindicenne su due non è in grado di comprendere il significato di un testo scritto sottopostogli come lettura. Fermandosi forse ben prima dei livelli sopra richiamati: siamo lontanissimi dal conseguimento del ‘problem solving’, come capacità di coniugare intelligenza e intuizione, che presuppone il possesso di tutti i passaggi apprenditivi “a salire” enunciati nella tassonomia stessa. L’OCSE da tempo evidenzia una sorta di inefficacia formativa del sistema scolastico italiano, mentre i test INVALSI (per quanto antipatici, ostici e parziali) confermano questa scia negativa che si protrae e ingloba livelli e gradi del corso di studi: secondo i dati del 2021 due quattordicenni leggi tutto
L’Italia e le debolezze europee
I vertici europei raramente sono passeggiate, a meno che non abbiano all’ordine del giorno temi più o meno di facciata (un po’ di retorica non si nega a nessuno). Non è stato così in quello del 30-31 maggio che doveva misurarsi con la spinosissima questione delle sanzioni alla Russia. In questo frangente una volta di più è emersa la difficoltà di promuovere una politica unitaria fra 27 paesi che hanno interessi e problemi niente affatto convergenti. Soprattutto nel momento in cui si restringono le possibilità di distribuire a chi si trova in posizioni sfavorevoli quelli che col nostro vecchio linguaggio dei tempi di pandemia si sarebbero chiamati “ristori”.
La situazione è divenuta evidente quando si è dovuto affrontare il tema delle sanzioni sul petrolio russo. Qui si è subito presentata la questione del diverso peso che il blocco delle importazioni del greggio di Putin avrebbe avuto a seconda delle diverse collocazioni geografiche e non solo. Dal primo punto di vista era evidente che bloccare la possibilità di rifornirsi del prezioso combustibile avrebbe avuto ricadute diverse per quei paesi che potevano comunque acquistarne da altri fornitori sfruttando le vie marine, e chi come alcuni paesi del centro Europa (Ungheria, Cechia, Slovacchia) non avendo sbocchi al mare si vedeva leggi tutto
Scherzare col fuoco
La maggioranza non si sa se esista e soprattutto perché esista. Draghi sembra essersi stancato di lasciar correre sulle intemerate dei partiti incapaci di sottrarsi alle loro ansie elettoralistiche. La situazione internazionale si sta complicando e abbiamo bisogno di non perdere credibilità nei confronti dell’Europa e del mondo. Già la scelta di pubblicizzare alla buona un piano di pace per l’Ucraina non negoziato precedentemente con gli alleati non ci ha portato bene: l’unico che ha fatto mostra di prenderlo in considerazione è stato Putin, probabilmente perché ha visto che non trovava seguito, molti nostri partner hanno fatto sapere con fastidio di averlo appreso dai giornali anziché dai canali diplomatici (come dire: così fanno i dilettanti …).
Può essere considerato un episodio tutto sommato modesto, ma testimonia di un clima poco sereno. L’ulteriore botta è arrivata quando dopo un articolato e saggio intervento di Gentiloni che cercava di richiamare il nostro paese al dovere della serietà si è avuta la reazione isterica di Salvini che non contento di aver detto che noi non ci facciamo dettare la linea da nessuno ha aggiunto la volgarità di invitare la UE ad attaccarsi al tram.
A questi politici andrebbe ricordato che se non si volevano “lezioni”, cioè condizionamenti leggi tutto
La violenza simbolica, dalla distorsione pedagogica al potere dominante
Di tutte le forme di persuasione occulta, la più implacabile è quella esercitata semplicemente dall’ordine delle cose. (P. Bourdieu)
Dobbiamo al sociologo francese Pierre Bourdieu – che la usò nei suoi saggi agli inizi degli anni ’70 – l’introduzione nel lessico, poi divenuto corrente, della locuzione “violenza simbolica”.
Essa intenzionalmente esplicita tutta una serie di forme di violenza agìte non in forma fisica, bensì attraverso una sorta di imposizione occulta, a partire dalla visione del mondo in senso lato per declinarsi nei ruoli sociali, nelle categorie cognitive, nelle forme mentali attraverso cui viene percepita e pensata la realtà, da parte di soggetti dominanti verso soggetti dominati. Essa si manifesta dunque in forma apparentemente invisibile anche se dagli esiti tangibili ad una attenta osservazione dei comportamenti individuali e sociali, configurando veri e propri rapporti di forza tra chi la esercita e chi la subisce: questo tema della distinzione tra dominante e dominato è un vero e proprio assioma che spiega i meccanismi della persuasione occulta o “dolce” , come la definisce lo stesso Bourdieu che formulò le sue deduzioni a partire da uno studio di tipo pedagogico sulla trasmissione del sapere nella sua forma istituzionalizzata e codificata del sistema scolastico francese, inoltre su uno studio leggi tutto
Un perverso gioco del cerino
Le forze politiche sembrano per lo più impegnate in un perverso gioco del cerino: se lo passano rapidamente di mano in mano nella speranza che a scottarsi, magari seriamente, sia il vicino. In questo caso dietro la metafora del cerino sta la permanenza del governo Draghi, che a parole nessuno, Meloni a parte (ma anche lei più per dire che per fare), intende far cadere, mentre molti lavorano a minarne la tenuta.
Poi sarà magari vero che per ora si accontentano di azzopparlo, perché nessuno vorrebbe veramente correre subito alle urne coi tempi che corrono, ma è piuttosto difficile immaginare che si possa andare avanti in queste condizioni senza che prima o poi scatti il corto circuito. Draghi comincia ad essere messo sotto accusa da una parte di commentatori che lo vedono troppo disponibile a retrocedere sulle riforme (e non parliamo dei non pochi membri dei gruppi dirigenti che non lo amano per via di passati diverbi o anche un po’ per l’invidia di non essere al suo posto). Non parliamo di Salvini e Conte che non perdono occasione per proporre alternative alle politiche del governo e per reclamare come loro grandi vittorie qualsiasi modesto aggiustamento delle riforme in itinere. leggi tutto
Draghi come Monti?
Nonostante la guerra, le tensioni inflazionistiche e il rallentamento della crescita economica, talune forze politiche non rinunciano a cercare di indebolire l'Esecutivo. Alcune (la Lega, per esempio, ma in parte il M5s) lo fanno per riguadagnare il consenso elettorale perduto negli ultimi anni: per restare al periodo successivo all'insediamento di Draghi, i sondaggi ci dicono che il partito di Salvini avrebbe perso tre milioni di voti e quello di Conte un milione. Altre (il M5s) non hanno mai digerito il cambio a Palazzo Chigi (con l'arrivo dell'"usurpatore" Draghi al posto dell'"avvocato del popolo" Conte, il quale a suo tempo ha fatto - inutilmente - di tutto per salvare il governo giallorosa, persino imbarcare un gruppetto parlamentare raccogliticcio) e dipingono il presidente del Consiglio nel peggiore dei modi. A questo si aggiunge la campagna mediatica russa o filorussa (stretta parente di quella no-euro prima e no-vax poi) tendente ad indebolire l'Italia e la solidarietà europea, spingendo i nostri connazionali a preferire progressivamente "il condizionatore alla pace". In più, le elezioni amministrative sono alle porte e anche le politiche del 2023 sono ormai in vista. In un governo di solidarietà nazionale le forze politiche sono chiamate a smussare conflitti e ad ammainare le proprie "bandierine", leggi tutto
Una nuova questione europea
Lo si è già detto, ma ogni giorno che passa diventa più chiaro che si sta avviando una nuova stagione per l’Unione Europea. Il discorso a Strasburgo di Draghi prima e di Macron poi ha messo sul tavolo una vecchia questione che è divenuta drammatica dopo la nuova politica avventurista della Russia di Putin, politica che è diretta in primo luogo contro l’Europa.
Storicamente i grandi imperi non hanno mai visto bene il sorgere di una potenza europea fuori del loro controllo e con possibilità di diventare un possibile concorrente. La Gran Bretagna e la Russia si opposero a Napoleone, poi fu la volta del blocco alle mire egemoniche del rinato Reich tedesco (secondo e terzo), e infine quella degli accordi di Yalta che dividevano il nostro continente in due: metà sotto egemonia atlantica (anglo-americana nella progettazione, ma ben presto privata della componente “anglo”), metà sottoposta al vassallaggio sovietico. Naturalmente non si tratta di begli esempi di tentativi di unificazione europea, ma li ricordiamo come dinamiche politiche e non certo come esempi di virtuosa volontà di progresso.
Le eredità storiche hanno persistenze lunghe, come si può plasticamente vedere oggi dai russi che non disdegnano di tirar fuori le vecchie bandiere rosse con falce leggi tutto
Breve recensione del libro “LA CAPPA. Per una critica del presente” di Marcello Veneziani – Marsilio Editori
Marcello Veneziani parte dalla percezione di uno stato di disagio esistenziale che pervade il presente, in cui tutta la nostra vita sembra risolversi al punto di perdere la storia e la memoria del passato e – come soffocati dalla proliferazione smisurata di sovrastrutture che ci contengono, ci guidano, ci vietano, ci impongono – la pur minima parvenza di un futuro immaginabile. Siamo vittime di un presentismo asfissiante che ci riempie di regole e ci priva della fondamentale libertà del pensiero critico: viviamo in una sorta di limbo dell’indeterminato e del possibile, dove reale e virtuale si sovrappongono, si mescolano fino a confondersi, stiamo perdendo il rassicurante legame con la nostra stessa identità che diventa mutevole e transeunte, cangiante per un semplice atto di volontà o un capriccio. È questo l’incipit tematico de ‘La Cappa’, un libro che vuole scrostare la nostra condizione esistenziale da tutti gli artifizi che la costringono sotto un involucro di cui avvertiamo la presenza, subiamo il disagio che ne deriva, come se una sorta di occulta violenza simbolica indirizzasse la nostra vita verso un ignoto ingovernabile con le sole nostre forze. La Cappa è dunque questa entità sovraordinata ma anche interiorizzata nella nostra -fino a ieri- inscalfibile dimensione ontologica interiore: leggi tutto
In crisi sulla politica estera?
Fra le tante ipotesi che in passato si sono fatte su ciò che avrebbe potuto portare alla crisi dell’edificio governativo costruito con pazienza da Mattarella per metterlo in mano a Draghi, pochi, forse addirittura nessuno aveva previsto potesse esserci la politica estera. Raramente infatti nel nostro paese è stato un argomento chiave del confronto politico.
Ma come, diranno i nostri lettori più avvertiti, con tutte le discussioni che si sono fatte a partire dal 1948 in avanti sulla nostra collocazione internazionale, sul confronto Est-Ovest, sulla guerra fredda prima e poi sulla presunta “fine della storia” che si sarebbe determinata con la caduta dell’URSS. E perché non ricordare qualche impennata sulle scelte giallo-verdi circa la via della Seta e roba del genere.
Quelli però non erano confronti sulla politica internazionale, erano sceneggiate ideologiche, roba che mischiava, anche in maniera spesso confusa, difesa della democrazia occidentale, scelta del progresso più o meno proletario, sogni di neutralismo da terza via e materiale simile. Tutta roba che è tornata sulla scena per la delizia dei talk show, consapevoli che la nostalgia per le scelte della giovinezza è un sentimento duro a morire e che di conseguenza fa audience. Del resto si ricorderà che Berlusconi raccolse una bella quota leggi tutto