Ultimo Aggiornamento:
17 aprile 2024
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Argomenti

Un 2024 da affrontare ad occhi aperti

Paolo Pombeni - 03.01.2024

Il tradizionale discorso di fine anno del Presidente della Repubblica costituisce ormai un’occasione chiave per valutare la pedagogia politica che intende svolgere il Quirinale. Mattarella si attiene a questa consolidata tradizione e lo fa, come è ovvio, con il suo stile e il suo linguaggio. Parla alla gente perché usa parole ben comprensibili e un fraseggio che si può seguire senza fatica in una serata particolare come è quella di San Silvestro. Al tempo stesso manda dei messaggi alle classi dirigenti, che non sono solo quelle politiche e parlamentari, perché è ben consapevole che la formazione dell’opinione pubblica dipende dall’azione del complesso dei media che trasmettono informazioni, riflessioni, e non di rado anche manipolazioni.

È stato la costruzione di un comune sentire ciò che ha fatto da filo conduttore ad un discorso che ha voluto fare perno su due polarità: non tacere sul momento difficile, persino drammatico in cui ci tocca vivere, proclamare con la consapevolezza di questo che la speranza è possibile ed è affidata a tutti, ma in particolare alle giovani generazioni.

Certamente Mattarella si è fatto carico di presentare un catalogo il più ampio e articolato possibile dei problemi chiave che il paese, ma più in generale il nostro mondo ha davanti a sé. leggi tutto

Il mistero della preghiera, la forza dell'umiltà

Francesco Provinciali * - 23.12.2023

Quando chiesi al Cardinale Carlo Maria Martini in che misura la via del silenzio, della meditazione e della preghiera può essere fonte di rivelazione e di incontro con Dio, mi rispose con parole che debbo trascrivere, tanto sono ricche di pathos, accessibili a tutti e umane.

Non dogmatiche ma aperte e universali: le rileggo ogni tanto per trovare una spiegazione all’idea di fraternità e a quella di affidamento, che sono due buone ragioni per dare un senso al transito terreno, a qualunque credo ci si ispiri e persino per i non credenti, quel popolo di Dio che il Cardinal Martini amava in modo particolare e verso il quale prestava attenzione e ascolto.

Francamente se dovessi dire alla fine della mia vita qual è il fondamento razionale della preghiera, non saprei dirlo. Prego perché Gesù ha pregato, prego perché il Signore ci invita alla preghiera, prego perché la preghiera è un mistero che ragionevolmente non sembra spiegabile. La preghiera ci mette nel cuore di Dio, nella sua mente, allarga la dimensione dello spirito. Nella preghiera sincera talvolta sgorgano delle lacrime: queste lacrime sono benedette quanto un battesimo, dobbiamo pregare per ottenere il dono delle lacrime. Una lacrima di pentimento scioglie la durezza di leggi tutto

Bipolarismo? Si fa per dire …

Paolo Pombeni - 20.12.2023

L’idea che la politica si fondi su una contrapposizione secca destra/sinistra è una costante nella storia politica europea dall’Ottocento in avanti. La sua incarnazione esemplare doveva essere il confronto fra due partiti come si riteneva fosse avvenuto nel mitico modello inglese del XIX secolo, ma proprio dal secolo successivo anche lì le cose si erano complicate perché era arrivato il partito laburista e il confronto non era più stato rigidamente a due. Si era ripiegato sulla sublimazione del modello statunitense, ma anche questo caso sarebbe un po’ complicato inquadrare rigidamente repubblicani e democratici in uno schematico confronto destra/sinistra.

In Italia, visto che il bipartitismo non è mai esistito se non come qualcosa di “imperfetto” secondo la brillante definizione di Giorgio Galli nel 1966, ce la siamo cavata con la mitizzazione del “bipolarismo”, la banale semplificazione per cui sarebbe sempre esistito un polo di destra (conservatore?) ed uno di sinistra (progressista? riformista?), con buona pace della DC che si teneva dentro l’uno e l’altro e nella sua azione pencolava fra i due. Naturalmente se vogliamo farla facile possiamo anche accettare la banalizzazione per cui in politica coesistono sempre le due componenti di chi vuol più o meno tenersi le cose come stanno e di leggi tutto

Per una educazione al silenzio

Francesco Provinciali * - 16.12.2023

“Eppure io credo che se ci fosse un po’ di silenzio, se tutti facessimo un po’ di silenzio, forse qualcosa potremmo capire”.  (Federico Fellini, 1920-1993)

«Oggi tutti parlano e nessuno sta a sentire. Bisogna fare silenzio per poter ascoltare”.

(Ezio Bosso, 1971-2020)

 

Nella società definita complessa l’incomunicabilità è anche paradossalmente dovuta ad un uso sovrabbondante delle parole: se tutte quelle che usiamo ogni giorno servissero per farci capire ci sarebbe più concordia nella reciprocità del vivere.

Ma le parole si aggiungono ai suoni e questi ai rumori in un crescendo assordante che pervade

la nostra quotidianità.

Siamo accompagnati da un sovrastante dominio del mondo esterno su di noi.

Anche se non ce ne accorgiamo siamo costretti a rapportarci e misurarci continuamente con messaggi, richiami, stimoli, sollecitazioni, impulsi che ci raggiungono e che, volenti o nolenti, condizionano la nostra vita e le nostre abitudini fino regolarne i tempi e gli spazi di manifestazione.

Anche negli apprendimenti scolastici vige questa regola: anzi l’educazione altro non è che un passaggio dall’esterno all’interno di nozioni, norme, conoscenze, comportamenti, regole, informazioni, dati, valori.

Nei chiaroscuri della mia ormai lunga memoria professionale in campo scolastico non posso dimenticare la metaforica rappresentazione della tabula rasa, di quel luogo immaginario della mente leggi tutto

L’eterno problema delle coalizioni

Paolo Pombeni - 13.12.2023

Una volta si pensava che fosse una questione solo italiana, almeno fra gli stati più rilevanti, perché Gran Bretagna, USA, la stessa Repubblica Federale Tedesca fino agli anni Ottanta avevano sistemi sostanzialmente bipolari. La Francia aveva ottenuto quel risultato col semipresidenzialismo. Perciò chi vinceva le elezioni non doveva misurarsi più di tanto con coalizioni di partito, al massimo con fibrillazioni interne che però venivano contenute dal prevalere di un partito chiave.

In Italia non è mai stato così. Anche quando la DC aveva percentuali rilevanti intorno al 35% il suo obbligo a fare coalizioni la metteva sotto il ricatto dei suoi alleati, i quali poi abilmente giocavano sulle lotte interne fra le sue correnti per metterne in crisi il ruolo centrale. La tradizione, se vogliamo chiamarla così, non si è mai interrotta. Dopo il crollo dei partiti storici della prima repubblica abbiamo avuto coalizioni di vario tipo, ma sempre sottoposte al problema di dover tenere insieme componenti non esattamente fraterne nei loro rapporti reciproci. Così è stato per le formazioni di centrodestra federate da Berlusconi, peggio ancora per quelle di centrosinistra federate da Romano Prodi. Non parliamo delle coalizioni che non avevano alla testa personaggi di quel calibro.

La situazione si ripropone oggi con leggi tutto

L'Italia nel 57° rapporto Censis: il paese dei sonnambuli nel tempo dei desideri minori

Francesco Provinciali * - 09.12.2023

Il pregio ricorrente dei Rapporti CENSIS è quello di fotografare la realtà sociale del Paese con il grandangolo che coglie i fenomeni macro sociali e con il teleobiettivo che ne evidenzia gli aspetti più evidenti e significativi. Ma anche quello di coniare metafore descrittive che inglobando i dati ne esplicitano le rappresentazioni iconografiche prevalenti e significative. Nel presentare -ospiti nella sede del CNEL- il 57° Rapporto del 2023 dell’Istituto Presieduto da Giuseppe De Rita, il Segretario Generale Giorgio De Rita e il Direttore Generale Massimiliano Valerii richiamano implicitamente la metafora usata lo scorso anno, quella di una immagine recessiva del corpo sociale, sia dal punto di vista demografico che del sentimento collettivo prevalente e implicitamente condiviso, che si esprime in una sorta di ritrazione silenziosa verso dimensioni miniaturizzate, parcellizzate, di piccole patrie e minime rivendicazioni: una deriva che rafforza la percezione di un indebolimento collettivo, una  nebulosa sfuggente (già anni fa il Presidente De Rita aveva parlato di società-mucillagine), con ambizioni contratte e traguardi inespressi. Il dato del decremento demografico è l’incipit da cui partire, in sintonia con l’ISTAT.: nel 2050 l’Italia avrà perso 4,5 milioni di residenti, una cifra che somma gli abitanti di due città come Roma e Milano. Ma accanto alla contrazione leggi tutto

L'anno che verrà

Luca Tentoni - 06.12.2023

Il 2024 sarà un anno determinante per la politica italiana, perché tutte le scommesse di leader e partiti si dovranno confrontare con i dati di numerose e importanti tornate elettorali. In primo luogo, avremo le comunali: si voterà in ventisette capoluoghi di provincia, fra i quali Bari, Bergamo, Cagliari, Campobasso, Ferrara, Firenze, Forlì, Livorno, Modena, Perugia, Pescara, Potenza, Reggio Emilia e Sassari. Le amministrative del 2023 hanno visto il centrosinistra in grave difficoltà, quindi le città - soprattutto le maggiori - saranno il campo di battaglia dove si misureranno la destra capeggiata dalla Meloni e il centrosinistra della Schlein (con o senza il M5s, che in questo tipo di elezioni vede i suoi elettori defezionare in massa, dunque è quasi sempre ininfluente). Poi avremo le regionali in Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria, dove la destra ha tutto da perdere, perché gli uscenti sono tutti della coalizione della Meloni. In queste realtà non si vedrà soltanto se il centrosinistra avrà la capacità di rianimarsi, ma anche se i "governatori" uscenti saranno ricandidati (c'è il problema di un riequilibrio a favore di Fratelli d'Italia, visto che la scorsa volta il partito della premier era il terzo della coalizione per numero di voti, non come adesso che leggi tutto

Una fine d’anno impegnativa

Paolo Pombeni - 29.11.2023

Da vari punti di vista l’attuale congiuntura complessiva non va male per il governo. Certo la sua propaganda gonfia un poco i dati, ma fa parte del gioco. Prendete la vicenda del PNRR. Abbiamo ottenuto le revisioni richieste, le tranche arriveranno, non sono alle viste conflitti con Bruxelles. È il frutto senz’altro di un lavoro abile del ministro Fitto e dei vari uffici ministeriali (è un po’ deprimente che nessuno riconosco il lavoro positivo di una parte almeno della burocrazia pubblica, mentre quasi tutti sono pronti a darle addosso per indubbie inefficienze di altre componenti).

I risultati positivi sono stati però agevolati da una sorta di … mal comune. Praticamente tutti gli stati che hanno avuto finanziamenti hanno rinegoziato piani che erano stati preparati non solo con una certa fretta, ma anche in fasi diverse da quelle che si sono succedute dalla pandemia in poi, per cui diventava difficile per gli uffici della Commissione UE mettersi a fare i severi maestrini. In più in fase ormai pre-elettorale, con scossoni non proprio insignificanti all’interno di vari stati membri, sarebbe stato autolesionista mettersi a fare i rigoristi con il governo italiano, il quale, al contrario delle aspettative, si è mostrato consapevole del quadro complessivo in cui doveva muoversi. leggi tutto

Il monumento che non c'è

Francesco Provinciali * - 25.11.2023

Un monumento serve a immortalare una prodezza, un gesto, un personaggio.

Chi passa, osserva, inquadra l’epoca, scruta la lapide, cerca lo sguardo fiero di chi ha meritato tanta gloria, ricostruisce gli eventi e se non ci riesce da solo si fa aiutare da qualche bene informato di passaggio: tutto si spiega in una posa, sintesi di una vita da consegnare ai posteri.

Pochi busti, molti cavalli con relativi fantini: si vede che il cavaliere è un genere che non passa mai di moda.

Una volta se ne vedevano di più nei cortili, nelle piazze, ai crocevia, ora bisogna proprio andarseli a cercare.

Una spiegazione c’è: se servono ad esaltare le virtù umane il sillogismo è presto fatto, si vede che stiamo vivendo tempi di recessione morale.

Meno virtù, meno monumenti.

Si tratta infatti di un repertorio legato al passato, quando si avvertiva il senso e il peso di un gesto, di una prodezza, di una parola.

Chi erigerebbe oggi un simile tripudio di marmo a chi avesse anche solo il coraggio di dire “obbedisco”?

Quei pochi che restano, in genere, sono proporzionati al contesto: piazza grande, personaggio grande, monumento grande e il contrario per tutto il resto.

Adesso l’umanità non ha più leggi tutto

Nelle spire della radicalizzazione

Paolo Pombeni - 22.11.2023

Nonostante l’orribile tragedia della giovane Giulia brutalmente assassinata dal suo ex fidanzato abbia per un po’ oscurato il chiacchiericcio politico, la corsa alla radicalizzazione del quadro politico non accenna a fermarsi. Al di là di frasi di rito, tipo quelle sul confronto che si fa in parlamento (impresa piuttosto complicata di questi tempi), è una gara a strumentalizzare ogni evento.

Le agenzie di rating non bocciano drasticamente la politica economica del nostro paese? Anziché notare che gli economisti che conoscono il mestiere l’avevano già previsto, pur notando che questo non significa che navighiamo in splendide acque (leggersi le analisi dell’ottimo Carlo Cottarelli), ci si precipita da una parte ad affermare che il mondo ci ammira e dall’altra che stiamo andando a sbattere. Così si lascia campo libero alle velleità di chi vuol distribuire ancora qualche mancetta, mentre le cosiddette “contromanovre” sembrano, perché non le abbiamo ancora viste, orientate all’eterno sogno di allargare la spesa pubblica, che è proprio quello che si deve evitare.

C’è un problema di percezione di insicurezza nella gestione dell’ordine pubblico: gli uni sfornano nuovi reati da colpire con pene severe, gli altri denunciano politiche repressive che sarebbero senza senso. Ben pochi si pongono il tema del perché molti leggi tutto