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Cattedre Natta: una complicazione inutile
La ragione per cui il governo ha deciso di istituire le cattedre eccezionali intitolate a Natta è incomprensibile: nelle finalità, nei modi, nella gestione. E’ un pessimo esempio di come in politica ormai dominino circoli di cosiddetti esperti che dietro le quinte approfittano, temo, dell’ingenuità dei politici di turno per convincerli a fare mosse apparentemente spettacolari, ma in realtà prive di contenuto.
La finalità dell’operazione dovrebbe essere quella di mostrare che in Italia si rompe il cerchio delle chiamate non solo per familismo, ma per trend routinario. Il sistema universitario, come qualsiasi sistema, alleva personale per gestire il turn over. Lo ha sempre fatto per cooptazione e non sarebbe neppure questo il problema più grave. Il fatto è che la cooptazione non avviene a livello di sistema, dunque con un minimo di controllo di qualità e compatibilità, ma a livello di singoli: più o meno ad ogni docente è data la possibilità di fruire di un po’ di precariato (borse, assegni e quant’altro) sicché si formano sacche di personale in attesa del miracolo di poter entrare in pianta stabile.
Poiché è evidente che l’alto numero ormai di docenti stabili non può dare alcuna garanzia di filiere ragionevoli (più che maestri ci sono tanti autoproclamati maestrini che per status symbol non rinunciano a “farsi l’assistente”) si è creato un meccanismo in troppi casi assistenziale. leggi tutto
Terremoto: i vantaggi di un’assicurazione obbligatoria
Su queste colonne, quasi due anni fa, all’indomani delle alluvioni in Liguria, pubblicai un editoriale dal titolo: Calamità naturali: un’occasione per solidarietà, mercato e un freno al cemento (http://www.mentepolitica.it/articolo/calamit-naturali-una-occasione-per-solidariet-mercato-e-un-freno-al-cemento/233), ripreso in parte da alcuni organi di stampa in questi giorni. Vi sostenevo la necessità di dare vita ad una assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali su tutti gli immobili nazionali pubblici e privati. Il terremoto del centro Italia del 24 agosto scorso richiede ora nuove considerazioni. La commovente gara di solidarietà venuta da ogni parte del globo alle popolazioni che hanno tragicamente sofferto il sisma è un segno molto positivo. Per riparare i danni del terremoto però non basta. Lo slancio di generosità nazionale andrebbe comunque colto al volo per fare capire agli italiani una cosa semplice e complessa allo stesso tempo. Da Bolzano a Siracusa i rischi da catastrofi naturali e da eventi non attribuibili a cause umane e imprevedibili richiedono sempre solidarietà. Ma questa non può per essere piena e funzionare veramente essere solo volontaria. Per andare oltre la generosità dei singoli occorre un passo in più. Non enorme e alla portata di quasi tutti. Ecco che entra in gioco l’ assicurazione obbligatoria su tutti gli immobili privati e pubblici del paese. leggi tutto
Pratiche di didattica interculturale
Senza dover rileggere tutte le numerose e fondamentali circolari ministeriali riguardanti l’educazione interculturale, a mio parere è d’obbligo porre l’attenzione sui dieci punti delineati nel recente documento – settembre 2015 – “Diversi da chi? Raccomandazioni per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura”[1] che risultano imprescindibili quando si vuole mettere in atto una didattica interculturale per costruire la scuola delle “cittadinanze” – europea, ma anche e soprattutto mondiale - capace di valorizzare le tante identità locali e, nel contempo, di far dialogare la molteplicità delle culture entro una cornice di valori condivisi. In questo documento, infatti, vengono evidenziati tutta una serie di punti di criticità che dovrebbero essere superati perché “una “buona scuola” è una scuola buona per tutti e attenta a ciascuno.
Al di là delle buone pratiche e delle singole iniziative di accoglienza e di integrazione, ancora oggi alla luce dei molti episodi di intolleranza occorre ripensare l’approccio del “fare scuola”. L’educazione interculturale come pratica quotidiana con cui “condire” tutte le proposte didattiche deve perciò costituire lo sfondo da cui prende avvio la specificità di percorsi formativi rivolti alla totalità della classe. leggi tutto
Rivedere la didattica in un’ottica interculturale
Pluralità di colori, linguaggi, sonorità, forme, ritmi, codici e fedi connotano ormai lo scenario sociale italiano: un caleidoscopio etnico che riflette identità e appartenenze i cui contorni sono sempre più sfumati per il gioco di mescolanze culturali continue nel lavoro, nel gioco, nella vita.
Anche la scuola è sempre più un crocevia di culture. La presenza di alunni non italofoni, fenomeno in crescita per l'incalzare di problemi economici, religiosi, politici e bellici, pone una sfida pedagogica, culturale e organizzativa assai stimolante ma impegnativa per i numerosi interrogativi e bisogni a cui occorre dare risposta. Il pericolo più grosso – visto che in molte scuole si toccano percentuali di bambini provenienti dall’estero superiori al 60% con una forte concentrazione in alcune classi – è quello delle cosiddette classi “ghetto”. Un fenomeno contrastato dalla maggioranza degli insegnanti, che nonostante i numeri riescono a progettare attività di accoglienza coinvolgendo al meglio la totalità degli alunni, anche se presente in alcune situazioni limite. Altrettanto rischioso – come dicevano alcuni anni fa i sociologi Pierre-André Taguieff e Michel Wieviorka – “è cadere nella “pedagogia del cous-cous” o “folklorizzare” la cultura degli allievi stranieri fino a considerare le culture altre come culture radicalmente irriducibili alla nostra,con le quali è pertanto impossibile qualsiasi relazione”.[1] leggi tutto
Approvata la riforma del Terzo Settore: e ora?
“Esiste un’Italia generosa e laboriosa che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. È l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no-profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo”. Con queste parole il premier Matteo Renzi lanciava nel maggio 2014 nella cornice del Festival del Volontariato a Lucca la riforma del Terzo Settore, indicandone le linee guida. A distanza di due anni il complesso percorso di studio, confronto e indirizzo è giunto al completamento del suo primo, fondamentale step: il 25 maggio scorso la Camera dei Deputati ha approvato in seconda lettura (e in via definitiva) la legge delega di riforma. Non si tratta però del termine finale di questo iter: i dodici articoli adottati dettano i principi generali e i capisaldi che il governo utilizzerà nell’andare a formulare i decreti legislativi, da emanare entro un anno dall’entrata in vigore della legge.
In attesa di conoscere la reale sostanza della riforma che arriverà non prima di alcuni mesi, nutrendo ancora le aspettative e le supposizioni di molti, un elemento appare chiaro, e di certo positivo: finalmente sembra a portata di mano la creazione di una “carta di identità” unica per le numerose e assai differenti espressioni del terzo settore. leggi tutto
Cambiamenti climatici e sicurezza alimentare: dalla COP 21 di Parigi alla PAC
Uno degli aspetti dei cambiamenti climatici meno discussi dai media, ma tra i più preoccupanti per il futuro della sopravvivenza umana sul pianeta, è l’impatto che essi genereranno sull’agricoltura e sulle altre attività primarie, che incidono pesantemente sulla sicurezza alimentare.
L’agricoltura, l’allevamento e la pesca sono legati da una duplice relazione ai cambiamenti climatici, con i primi che ad un tempo contribuiscono all’emissione di gas serra, e subiscono i danni causati dai cambiamenti climatici. La questione è poi connessa ad altri ambiti strategici per l’intero pianeta, che hanno a che fare con la globalizzazione dei sistemi di produzione e consumo del cibo; l’inquinamento; la diseguale distribuzione di beni, risorse e cibo; l’approvvigionamento e il consumo di risorse a scala globale, quali acqua, suolo, combustibili fossili.
Già nel 2011 le Nazioni Unite avevano stimato che, globalmente, circa il 40% dei terreni era degradato a causa dell’erosione dei suoli, della fertilità ridotta e del pascolo intensivo, prospettando una diminuzione della produttività e un calo anche fino al 50% dei raccolti negli anni a venire; avevano inoltre calcolato che l’agricoltura pesava per il 70–85% sull’impiego idrico mondiale e che nel 20% della produzione globale di cereali l’acqua veniva utilizzata in maniera non sostenibile. La Fao ha poi stimato che nei prossimi decenni i fattori ambientali potrebbero far salire i prezzi mondiali degli alimenti del 30-50% leggi tutto
Le unioni civili
Ci risiamo. Ancora una volta la chiesa sembra non distinguere la differenza tra diritti e doveri. Il divorzio è un diritto e non un dovere. L’aborto (in strutture pubbliche anziché clandestine) è un diritto e non un dovere. La convivenza tra persone dello stesso sesso è un diritto e non un dovere. Bere alcool o mangiare carne di maiale è un diritto non un dovere.
Questa banale sottolineatura è però fondamentale perché ci dice una cosa importante. Tutti i cittadini italiani possono “usufruire” di questi diritti ma autorità morali diverse dallo Stato possono invitare i loro accoliti (cioè quelli che riconoscono un autorità morale altra rispetto allo Stato) a non usufruire di questi diritti perché in contrasto con le prescrizioni della loro religione. Trovo del tutto legittimo che la chiesa cattolica imponga ai suoi fedeli il divieto di divorzio, aborto, convivenze omosessuali così come trovo legittimo che la religione mussulmana impedisca ai suoi seguaci di mangiare carne di maiale e di bere alcool. Quello che trovo assolutamente non tollerabile è la pretesa di qualsiasi religione di imporre a me cittadino laico il rispetto di norme che provengono da un’autorità che non solo personalmente non riconosco come tale ma che neanche il mio Stato riconosce come tale. leggi tutto
Generazione perduta. O no?
Media e firme di rango continuano a insistere. E ai giovani tocca di subire quotidianamente un bombardamento fatto di falsità e proclami basati su proiezioni sballate che hanno come effetto unico di trasferire alle nuove generazioni vecchie e nuove paure e in più i rimorsi e i vuoti delle vecchie generazioni. Che invece di risolvere i problemi pragmaticamente non trovano di meglio che fare terrorismo informativo.
Cominciamo con un argomento tanto trito quanto errato, ma che ahimè continua come un vecchio ritornello ad uscire da bocche e penne senza distinzione di parte politica e spesso anche da colleghi un po’ appannati. Si tratta della questione del debito pubblico. Alto o basso che sia è sempre presentato come un peso sulle spalle delle generazioni future. Un macigno che ogni giovane eredita da genitori incoscienti. Una vera tragedia. Ma per fortuna è una balla colossale. Perché? L’Italia, nel suo complesso fatto di settore pubblico e settore privato, è un paese pressoché in pareggio nei confronti del resto del mondo. Ovvero non è indebitata. Lo è all’indomani della seconda guerra mondiale a causa dei costi della ricostruzione e della necessità di importare beni strumentali e di prima necessità in un paese con una base produttiva fortemente danneggiata. Gli italiani adulti “scaricano” gli errori di una guerra crudele e costosissima sui loro figli. leggi tutto
Il 730 precompilato massivo
Si legge sul sito dell’agenzia delle entrate che “Dal 15 aprile è possibile il prelievo del 730 precompilato massivo” per la dichiarazione dei redditi 2015. Quanto virgolettato è una scheggia del linguaggio con cui i cittadini hanno a che fare ogni giorno quando devono comunicare con una amministrazione pubblica come quella della agenzia delle entrate o con altre. Una bella gatta da pelare. Innanzitutto il cittadino deve sapere che “prelievo” in questo caso sta per “scaricare” ovvero, con l’inglese universale dei computer, sta per “download”. La parola prelievo è abbastanza nuova per la tecnologia dell’informazione cui siamo avvezzi. Non è neppure male. Ma un emigrato che deve fare il 730 o una persona con cultura media di fronte a questa parola esita subito. Pensa piuttosto ad un bancomat o ad un test clinico. Per giungere al download ci vuole un po’. E’ curioso ma a volte si ha l’impressione che nel linguaggio della pubblica amministrazione si cerchi in maniera vezzosa, e un po’ dispettosa, di riesumare parole che sono comunemente usate con altri significati imponendo loro segni remoti. Altre volte sembra che ci si butti su veri e propri neologismi che paiono quasi fare il verso al linguaggio del vate D’Annunzio o alla prosa futurista di un secolo fa, senza però averne lo spessore poetico ed artistico. leggi tutto
Tangentopoli ci ha insegnato qualcosa?
Con l’elezione di Piercamillo Davigo a presidente dell’Associazione nazionale magistrati si è ripresentata la questione del rapporto fra magistratura e politica. Non che il tema fosse mai venuto meno, ma naturalmente la personalità e la storia del nuovo presidente ha rinviato alla questione nei termini che sembrava fosse stata posta da quella stagione che è passata sotto il nome di Tangentopoli. Detto in estrema sintesi: se sia compito della magistratura e se essa sia lo strumento adeguato per reagire al decadimento della etica pubblica.
Naturalmente nessuno difende apertamente questa impostazione, trincerandosi dietro alla più neutra definizione dell’obbligo della magistratura di perseguire i reati. Ciò sarebbe inappuntabile se il problema potesse essere così semplice, perché è ovvio che se uno ammazza qualcun altro va perseguito, ci mancherebbe. Purtroppo in moltissimi casi la questione è molto più sfumata o perché si tratta di fattispecie ambigue in cui non è sempre chiarissimo da subito se siamo di fronte ad un reato o ad un comportamento che potrebbe anche solo essere considerato riprovevole sul piano appunto morale, o perché addirittura si tratta più che di reati consumati di comportamenti che potrebbero sfociare in reati ma che non sono ancora venuti per così dire a compimento.
Una serena discussione sul complesso problema di cosa significhi “affermare il diritto” (questo significa letteralmente giurisdizione) potrebbe essere di grande vantaggio per tutti e soprattutto per l’equilibrio di un sistema politico che è, leggi tutto