Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Bilancio del primo turno delle comunali

Luca Tentoni - 20.05.2023

Il primo turno delle elezioni amministrative del 2023 non ha riservato grosse sorprese. Saranno i ballottaggi a stabilire l'esito della competizione, visto che per ora siamo solo quattro a due per la destra. Il primo dato significativo riguarda l'affluenza, che nei capoluoghi di provincia è stata pari al 57,3% contro il 59,4% delle precedenti comunali (-2,1%), in linea con il dato nazionale (59,03 oggi, 61,22 la volta prima, quindi -2,19%). Poiché i protagonisti sono i sindaci, prima di occuparci delle liste vediamo il rendimento degli aspiranti primi cittadini di destra e di centrosinistra. Di solito, il centrosinistra costruisce le sue vittorie su un doppio fattore: il miglior rendimento dei propri candidati rispetto alle liste e il peggior rendimento di quelli di destra rispetto alle liste. In questo caso, i candidati di centrosinistra hanno fatto meglio dei loro partiti a Brescia (dove è arrivata la vittoria), a Sondrio (inutilmente), a Vicenza (primo posto e ballottaggio), Pisa (secondo posto e ballottaggio), a Latina (sconfitta), a Teramo (vittoria): sono solo sei casi su tredici. I candidati di destra che hanno fatto meglio dei loro partiti sono quelli di Treviso (vittoria al primo turno), Vicenza (secondo posto e ballottaggio), Massa (primo posto e ballottaggio), Siena (primo posto e ballottaggio), Ancona (primo posto e leggi tutto

Perché la Meloni può durare

Luca Tentoni - 11.03.2023

Il governo in carica ha alcuni punti di forza innegabili: la mancanza di una coalizione alternativa capace di battere la destra nelle urne (oggi, a meno di miracoli, mettere insieme Pd, M5s e Terzo polo non è difficile, è assurdo); il declino inesorabile di Forza Italia legato strettamente all'età e alle fortune elettorali tramontate del suo leader; il ritorno della Lega a percentuali di altri tempi, pur presentandosi adesso in tutto il Paese anziché nella sola "Padania"; l'inconsistenza di soluzioni moderate attrattive (il Terzo polo è l'ennesima dimostrazione che nella Seconda Repubblica non c'è spazio per esperimenti neocentristi che abbiano una consistenza elettorale e parlamentare appena apprezzabile); il potere sostanzialmente assoluto che Giorgia Meloni esercita rispettivamente sul suo partito, che FdI esercita su alleati numericamente, elettoralmente e politicamente subordinati, che il governo esercita sulle Camere (in un sistema sostanzialmente monocamerale, nel quale ciò che è approvato in un ramo è "fotocopiato" dall'altro ramo, sostanzialmente senza modifiche); un blocco sociale e politico che si riconosce nella leadership del (della) presidente del Consiglio; la non ostilità dell'Unione europea verso l'Esecutivo (ricambiata con un tasso di europeismo un po’ di convenienza, ma molto distante dall'euroscetticismo che FdI coltivava un tempo); il sostegno del blocco atlantico (nel quale l'Italia leggi tutto

Un'analisi del voto regionale

Luca Tentoni - 18.02.2023

Le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia non hanno riservato sorprese rispetto ai sondaggi della vigilia: si sapeva che la Moratti e la Bianchi erano sopravvalutate da un meccanismo di opinione che tende a dare ad un improbabile e fragile Terzo polo più voti virtuali di quanti non abbia effettivamente e che accredita l'immagine di un M5s sull'onda di un successo che forse è solo il wishful thinking di qualcuno. Era inoltre ben noto che la competizione avrebbe premiato la destra (ormai la possiamo denominare così, perché è dominata dalle sue componenti più estreme: in pratica è una sorta di monocolore neomissino con qualche "cespuglio" ridotto alla marginalità). Di qui, il crollo dell'affluenza: ma l'esito scontato spiega troppo e liquida una questione che è ben più profonda e seria. In questo momento il sistema politico è bloccato e senza alternativa: lo sanno anche gli elettori dei partiti che vincono, i quali hanno disertato le urne in misura appena inferiore a quelli delle opposizioni, segno che tanto entusiasmo per il riconfermato Fontana e per Rocca non c'era affatto. In quanto a Sanremo, il solo fatto che nelle analisi del dopo-voto si sia dedicato tempo a correlare il festival col dato delle regionali indica quanta approssimazione leggi tutto

Il messaggio del Presidente della Repubblica

Luca Tentoni - 04.01.2023

Ci sono molti modi di interpretare il discorso di fine anno del Capo dello Stato. Noi abbiamo scelto tre parole: responsabilità, Costituzione, futuro. Sono queste le direttrici lungo le quali Mattarella ha svolto il suo breve ma efficace ragionamento. Apparentemente, ha riservato ai partiti brevi cenni, ma in realtà li ha sferzati. Ha ricordato che, nel giro di pochi anni, tutti sono stati al governo e che, al momento di entrare a Palazzo Chigi, hanno sperimentato cosa vuol dire avere la responsabilità di guidare un grande e complesso Paese. Così, gli slogan fatti per accalappiare i consensi degli elettori "volatili" più disperati, delusi o semplicemente sprovveduti (questo lo affermiamo noi, non lo ha detto il Presidente) sono evaporati di fronte alla "res severa" che è rappresentata dal governare in un ambito di complessità, ricco di fattori esterni (la pandemia, la guerra, la crisi energetica e alimentare, i cambiamenti climatici, i fenomeni migratori) che l'Italia deve subire. La globalizzazione non si ferma col ritorno alle nostalgie del passato, alle frontiere, agli Stati-nazione (che tanto piacciono alla destra conservatrice e reazionaria la quale è oggi alla guida del Paese, ndr). Così, come dice Mattarella, "la concretezza della realtà ha convocato ciascuno alla responsabilità e leggi tutto

Le tre maggioranze di Giorgia Meloni

Luca Tentoni - 10.12.2022

Giorgia Meloni ha tratto molti insegnamenti dalle vicende del governo gialloverde del 2018-'19. In primo luogo, l'attuale legge di bilancio non è - come quella di allora - concepita per entrare in collisione con l'Unione europea (a suo tempo la ritirata fu precipitosa e anche un po' ingloriosa). In secondo luogo, soprattutto, la leader di Fratelli d'Italia ha capito che non può lasciare il campo a Salvini come fecero un incolore Conte (allora semplice "notaio del programma") e un neofita un po' spaesato come Di Maio. Inoltre, la premier si deve essere ricordata del periodo in cui Renzi costruì intorno alla maggioranza del suo governo un "secondo anello", quello costituito dall'effimera coalizione sulla riforma costituzionale (che comprendeva Forza Italia, allora all'opposizione). Il leader toscano usò la seconda coalizione per blindare ulteriormente la prima. La Meloni ha capito così bene la lezione che ora di maggioranze ne ha addirittura tre: quella ufficiale, scaturita dalla vittoria alle elezioni del 25 settembre (con Lega e FI partner minori ma pur sempre capaci di creare problemi); quella atlantista e filoucraina con Azione-Iv e Pd (che è limitata a questo tema, però toglie di mezzo le tentazioni pacifiste o cripto-filorusse leghiste e di settori forzisti); quella molto embrionale sull'economia (con Calenda leggi tutto

Leadership "virtuali"

Luca Tentoni - 12.11.2022

La nostra è ormai diventata una "democrazia personalizzata". Non è un caso che quasi tutti i leader dei partiti maggiori siano stati o siano - nel caso della Meloni - presidenti del Consiglio (Conte, Letta, Renzi, Berlusconi, Salvini vicepremier per due volte, Meloni) e neppure che tutti (tranne Letta) siano praticamente insostituibili. Nel M5s, nella Lega, in Forza Italia, in FdI non si vede all'orizzonte un leader emergente in grado non solo di rimpiazzare, ma neanche di andar vicino ad insidiare la primazia degli attuali (in quanto a Italia viva e ad Azione, sono identificabili con i loro due capi). Senza contendibilità dei partiti e con un accentramento del potere (anche governativo, come dimostrano i tanti ex premier capi politici), il sistema sembra slittare verso una demo-oligarchia. Non è un fenomeno nuovo, ed è stato variamente etichettato (come la "democrazia del capo", per esempio). La stessa Seconda Repubblica sembra totalmente appoggiarsi su questo schema: partiti personali o personalizzati, tendenza ad andare al potere anziché solo al governo (un pericolo che Giovanni Spadolini vide bene e segnalò, all'esordio di questa era politica), sistemi elettorali che creano maggioranze, partiti che identificano gli ideali e gli interessi degli elettori di governo come quelli dell'intero Paese ("l'Italia ha eletto il leggi tutto

Il voto del 2022 nelle "capitali regionali"

Luca Tentoni - 01.10.2022

Il voto del 25 settembre nelle "capitali regionali" (i capoluoghi di regione) ha rispettato la tradizione. Il centrosinistra è molto più forte che a livello nazionale, mentre la destra è più debole. La coalizione della Meloni è passata dal 31,2% al 33,9%, mentre quella di Letta è al 33,1% (32,9% nel 2018); seguono il M5s col 16,5% (31,1%) e Azione/Italia viva col 10,2% (non presente quattro anni fa). L'affluenza è passata dal 70,6% (72,9% nazionale) del 2018 al 64,1% (63,9% nazionale), scendendo meno che nel resto d'Italia e allineandosi quasi perfettamente al dato complessivo. Resta il fatto, però, che è stato un gioco "a perdere": la destra ha avuto 1,512 milioni di voti (74mila in meno che nel 2018), il centrosinistra 1,478 (198mila in meno), il M5s 0,737 (844mila in meno); ha guadagnato solo Calenda (455mila voti) solo perché nel 2018 alle politiche non c'era. La differenza fra risultati nelle capitali regionali e resto del Paese è notevole, come si diceva: la destra perde il 9,8%, il centrosinistra guadagna il 7%, il M5s ha un +1,1% e Azione/Italia viva è a +2,4%. A livello territoriale, nelle metropoli, i rapporti di forza fra i poli sono i seguenti: Nord-Ovest, destra 33,9%, centrosinistra 37,1%, M5s 10,5%, Az/Iv 12,5%; Nord-Est, destra 39%, centrosinistra 33,3%, M5s 8,3%, Az/Iv 8,6%; Centro "ex rosso", destra 29,5%, centrosinistra 41%, M5s 10,8%, Az/Iv 11,6%; Roma, destra 37,4%, centrosinistra 32,4%, M5s 14,1%, Az/Iv 10,8%; Sud, destra 29,8%, centrosinistra 25,1%, M5s 33,8%, Az/Iv 5,9%; Isole, destra 30%, centrosinistra 23,1%, M5s 32,1%, Az/Iv 5,9%. Fra i leggi tutto

Il voto regionale nei capoluoghi: 2018-2020

Luca Tentoni - 24.09.2022

Le elezioni regionali del periodo 2018-2020 nelle quindici regioni a statuto ordinario hanno visto il destracentro e il centrosinistra divisi da circa dodici punti percentuali, un margine più ridotto rispetto ai ventuno delle europee e ai quattordici delle politiche. È stata, questa, l'occasione per Pd e alleati per riuscire a sorpassare il polo concorrente nei capoluoghi di regione: 40,2% contro 36,7% (tutti i dati sono ricavati dal mio volume "Le elezioni regionali in Italia", Il Mulino 2020). Come nelle precedenti tornate elettorali, il recupero del centrosinistra sul destracentro è stato rilevante: il 15,7%, contro il 19,6% delle europee 2019 e l'11,2% delle politiche 2018. Tutto è stato dovuto al consueto debole insediamento della Lega nei capoluoghi (-7,9%) e al buon risultato del Pd (+3,2%); Forza Italia (+0,5% nei capoluoghi) e Fratelli d'Italia (-0,2%) hanno sostanzialmente dimostrato una certa impermeabilità alla differenza centro-periferia; buono il risultato del M5s (+2,8%), a fronte però di un deludentissimo dato globale (12,2% nel complesso delle quindici regioni). Osservando le variazioni relative in percentuale fra questo ciclo di regionali e il precedente e confrontandole con quelle nei capoluoghi, vediamo che Forza Italia ha perso il 5,6% nel complesso, ma solo il 5% nelle città; la Lega ha guadagnato il 12,7%, ma "solo" il 9,4% nei capoluoghi. L'andamento nelle aree geografiche conferma il miglior rendimento "cittadino" del Pd leggi tutto

Le "capitali regionali" nel 2019

Luca Tentoni - 17.09.2022

Il nostro viaggio nel voto delle "capitali regionali" prosegue con le elezioni europee del 2019, che videro la grande vittoria della Lega. In quella occasione, le liste di centrodestra ottennero il 49,6% dei voti a livello nazionale, contro il 28,7% del centrosinistra e il 17,1% del M5s. Una situazione che - forse incautamente - accostiamo a quella immaginata da taluni per il 2022 (ma che nessuno può dire se sia verosimile o meno, tanto più in un periodo nel quale non ci sono sondaggi, quindi resta tutto una pura ipotesi). Ebbene, nel 2019, nei capoluoghi di regione (oggetto di un mio volume sulle elezioni europee pubblicato quell'anno dal Mulino) il centrodestra ebbe il 39,1% contro il 37,8% del centrosinistra e il 17,6% del M5s. In pratica, come nel 2018, una competizione impossibile fra i due poli tradizionali diveniva non solo probabile ma reale nelle grandi città, dove solo l'1,3% li separava (contro il 20,9% nazionale). Anche in questo caso, il rendimento delle liste nei comuni maggiori rispetto agli altri è stato differente da partito a partito: Forza Italia ha perso l'1,1% nelle "capitali regionali" dove Fratelli d'Italia ha invece ottenuto lo stesso risultato che altrove, mentre la Lega ha avuto il 24,9% contro il 34,3% nazionale (-9,4%); rilevante la differenza a favore del Pd (+7,7%) e da segnalare leggi tutto

Il voto del 2018 nelle "capitali regionali"

Luca Tentoni - 10.09.2022

I capoluoghi di regione sono i luoghi nei quali si svolgeranno le battaglie più aperte e aspre fra centrosinistra e destra. Per questa ragione, abbiamo deciso di analizzare i tre più recenti appuntamenti elettorali: le politiche del 2018, le europee del 2019 e le regionali (a statuto ordinario) del periodo 2018-'20. Queste consultazioni hanno un punto in comune: come nel resto della Seconda Repubblica, nelle metropoli il centrosinistra è costantemente sopra le medie nazionali, mentre la destra è, specularmente, sotto media. Succedeva un po' anche nella Prima Repubblica, con la Dc debole nelle grandi città e i laici (in parte anche il Pci) su percentuali migliori di quelle nazionali. Che le sfide nei collegi uninominali dei "capoluoghi regionali" (per riprendere il titolo del mio volume del 2018, pubblicato dal Mulino, dal quale attingeremo i dati) si vede anche esaminando il rendimento dei poli nelle metropoli e nel resto d'Italia. Alle scorse politiche, nei collegi inerenti ai venti capoluoghi di regione, il centrosinistra si è aggiudicato il 28,6% degli "uninominali", contro il 24,5% del centrodestra e il 46,9% del M5s. Altrove, invece, il centrosinistra ha avuto appena il 7,7% dei collegi in palio, contro il 54,1% del centrodestra e il 38,3% del M5s. In sintesi, la probabilità che nei collegi uninominali delle grandi città, nel leggi tutto