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La democrazia è un meccanismo delicato
C’è troppa disinvoltura da parte del governo nell’affrontare la reazione alla pandemia. Che sia un problema grave e complicato nessuno ne dubita. Che questo autorizzi a manomettere il delicato equilibrio di un sistema costituzionale non può essere accettato. Eppure sta avvenendo, per quanto ci sia poco interesse per il tema.
L’avvio della cosiddetta fase 2 ha posto drammaticamente in evidenza la scarsa o nulla sensibilità di Conte e dei suoi ministri per questi aspetti. Dopo avere pazientemente sopportato 45 giorni di sospensione delle libertà individuali per fronteggiare un’emergenza oscura i cui contorni non erano noti, la situazione dovrebbe essere maturata: adesso qualcosa di più si sa, e soprattutto si è giunti alla conclusione che almeno per un tempo non breve dovremo convivere con questo virus in circolazione. Il che significa che bisogna riflettere su come lo si deve fare senza ledere i diritti fondamentali delle persone, che non possono essere sospesi senza un adeguato inquadramento giuridico-costituzionale.
Questa valutazione non spetta alla selva di epidemiologi, virologi, medici che intasano task force, comitati e talk show. A loro spetta stabilire, se ne sono capaci, come si diagnostica il virus, come lo si cura, cosa si può individualmente e socialmente fare per prevenirlo nei limiti consentiti leggi tutto
Riparte la campagna elettorale
Col decreto del 20 aprile scorso, il governo ha - di fatto - ridato il via alla campagna elettorale permanente, dopo un mese e mezzo di (finta) pausa del dibattito politico dovuta all'emergenza Covid-19. Fissando le elezioni regionali fra la prima domenica di settembre e la prima di novembre e le comunali fra il 15 settembre e il 15 dicembre, l'Esecutivo punta ad accorpare anche il voto sul referendum costituzionale in un solo appuntamento, il 27 settembre. Però le regioni hanno la possibilità di decidere la data del rinnovo dei propri consigli: Veneto, Liguria, Campania e Puglia scalpitano, perché avrebbero voluto aprire i seggi già il 12 luglio. Questo particolare non è irrilevante: chi pensa di trarre un beneficio dagli ottimi sondaggi che hanno premiato alcuni presidenti di giunte sa che gli umori degli elettori sono mutevoli e che da qui a settembre possono cambiare molte cose. In Campania, per esempio, Pd e Cinquestelle potrebbero trovare un candidato comune in luogo di De Luca (col duplice risultato di defenestrare l'uscente e di rendere - con la "grande alleanza" - meno competitivo lo schieramento avverso, quello di centrodestra), mentre in Liguria Toti ha oggi due avversari potenziali (rispettivamente del M5s e del centrosinistra) ma a settembre si potrebbe raggiungere un accordo leggi tutto
Il gioco pericoloso delle narrazioni
Siamo immersi in un continuo abuso di narrazioni, inventate al solo scopo di alimentare il perpetuarsi della guerriglia politica che si trascina dalle elezioni del marzo 2018. Il loro contenuto è a dir poco evanescente, e spesso le strumentalizzazioni che contengono rasentano la turlupinatura del pubblico. Prendiamo la telenovela sul MES e facciamo presto a rendercene conto.
Conosciamo tutti il contesto della diatriba, che non riguarda affatto la nostra collocazione in Europa, ma la tenuta o meno del governo Conte e la difesa della compattezza dei Cinque Stelle ormai privi di una bussola e spaccati in tante correnti. Tutto è parametrato su questo.
Alle spalle troviamo le pulsioni antieuropee della destra, su cui ha preso la prevalenza la narrazione demagogica di Salvini: la UE è il nemico che impedisce all’Italia di essere prospera e felice, anzi in specifico ciò dipende dalla moneta unica. Naturalmente non c’è alcun fondamento economico per questa convinzione. I Cinque Stelle hanno ereditato dal grillismo delle origini un’impostazione non troppo differente, inserita nella storiella della decrescita felice.
Adesso tutto ciò è riemerso perché con lo choc economico indotto dalla pandemia ci sarebbe bisogno di linee di credito europee e queste vanno trovate dove ci sono già i soldi, visto che per leggi tutto
Prigionieri del nostro passato (politico)
Raccapezzarsi nella politica attuale è un esercizio complicato, perché bisogna tenere insieme l’analisi sui problemi reali del paese con una classe politica che rimane prigioniera di un passato che non passa, sicché punta a chiudere i conti con quello e non a risolvere le domande che pone una situazione estremamente complicata.
Alcune vicende sono emblematiche, come la diatriba surreale sul MES. Non si ragiona su quello che realisticamente si potrebbe ricavare da un finanziamento a basso costo erogato dall’unico strumento di intervento europeo che è attivabile in tempi brevi, ma sulle ubbie di partiti che si inventano un drago a loro misura per far credere che sono capaci di batterlo. Il premier Conte prima ha detto, giusto per lisciare la coda ai Cinque Stelle, che l’Italia non avrebbe utilizzato quei fondi che mettevano a rischio la sua sovranità. Poi, di fronte ad una reazione per fortuna dura del PD, ha voluto spiegare che per il momento era inopportuno decidere, perché non si sa ancora se e quali condizionalità ci saranno. Una persona normale gli direbbe: scusi, ma se è così, perché ha creato un inutile problema dichiarando a vanvera che il MES non lo vogliamo?
Naturalmente la spiegazione è politicista (non politica, che leggi tutto
Scelte fiscali coraggiose
Ci sono scelte fiscali e finanziarie da considerare in condizioni emergenziali e che non necessitano di negoziazioni a livello europeo. Ma occorre battere terreni nuovi senza paura, come fece il Governo degli Stati Uniti durante la Grande Depressione negli anni 30 del secolo scorso.
Il primo è quello della residenza in paradisi fiscali di imprese italiane. Miliardi di gettito ogni anno finiscono in Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Austria, Slovenia e altri paesi i quali ci fanno una concorrenza fiscale che a volte somiglia a grassazione. Uno studio del 2018 di Fatica e Gregori, ricercatori della Commissione Ue, evidenzia cospicua elusione fiscale nelle sedi in Lussemburgo e altri “paradisi” di banche italiane, tedesche e di altri nazionalità. Il fenomeno non riguarda solo gli istituti di credito ma tutti i settori produttivi con cifre poderose. Cosa fare? Una via d’uscita potrebbe essere l’offerta a tutte le aziende italiane con sede legale all’estero le medesime condizioni del paese ospitante per un periodo di 5 anni in Italia. Alla fine dei 5 anni le imprese rientrate sarebbero assoggettate allo stesso regime fiscale delle imprese italiane con la possibilità di accordi specifici legati a piani di sviluppo e di investimenti in Italia. Per le imprese che non accettassero questa offerta di leggi tutto
Il Partito della "Libera uscita"
Col passare dei giorni, le temperature diventano sempre più miti; siamo ormai a Pasqua, tradizionale occasione per le "gite fuori porta". Quest'anno, però, trascorreremo a casa il periodo festivo - e, verosimilmente, tutto il resto del mese di aprile, se non anche una parte di maggio - per via delle restrizioni legate al contenimento del Covid 19. Secondo un sondaggio di Index Research, il 75,4% degli italiani condivide le norme, mentre il 7,6% le vorrebbe addirittura più severe. Ma un 15,4%, che corrisponde circa a sette milioni e mezzo di italiani adulti, non è d'accordo. Il partito "della libera uscita", dunque, non è proprio una minoranza trascurabile, ed è destinato a raccogliere più consensi con l'andare del tempo, soprattutto se il governo procederà troppo gradualmente (un conto è chiarire che resteremo in casa per un mese, un altro conto è prorogare il blocco per tre volte ogni dieci giorni). Fra chi vorrebbe attenuare o cancellare il "lockdown" c'è chi vive nelle zone nelle quali la pandemia è stata meno ampia e violenta (molti cittadini non conoscono persone contagiate, soprattutto nel Centrosud, quindi non sono sempre in grado di percepire appieno la gravità della situazione); c'è chi non resiste in casa e va più volte al giorno a fare la spesa; chi ha leggi tutto
L’Italia, l’Europa e i “vincoli esterni”
Il grande nodo della politica italiana è il rapporto con l’Unione Europea e in specifico la questione degli “aiuti” che da questa possono venire per superare la crisi economica indotta dal Covid-19. La tesi prevalente da noi è che si devono trovare strumenti europei che finanzino la nostra ripresa, ma senza imporci controlli sulla gestione del nostro bilancio. La questione è dunque quella di superare l’intervento del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che prevede l’impiego dei controlli.
Per capire bene la questione nei termini politici e non semplicemente economici bisogna ricostruire un quadro accurato. Non che si eviti di farlo, ma in genere si tende a mettere in luce quel che a ciascuno fa piacere, evitando di prendere in considerazione il complesso dei problemi.
Cominciamo dunque col dire che effettivamente, come è stato messo in luce, il MES è stato creato per affrontare quelle che pudicamente vengono chiamate “crisi asimmetriche”, cioè il caso di uno o pochi stati che si trovino in gravi difficoltà di bilancio mettendo in crisi l’intero sistema. Il non detto è che si suppone che normalmente queste situazioni dipendano da “colpe gravi” dei paesi sull’orlo del default. Oggi per un malinteso pietismo si evita di dire che la Grecia a suo tempo è leggi tutto
Draghi e la fase due: adelante, con juicio
A quaranta giorni circa dall'inizio del "confinamento" degli italiani, la politica torna a muoversi, o - meglio - ricomincia a mostrarsi. In queste settimane, infatti, non sono mancati movimenti sotterranei, a partire dalla faticosa opera di cucitura e ricucitura promossa dal Quirinale per cercare di avvicinare maggioranza e opposizioni (al fine di unirsi di fronte all'emergenza) ma ci sono state anche manovre un po' meno nobili, dettate dall'esigenza di alcuni leader di tornare al centro della scena e di recuperare consensi (virtuali o reali che siano, non importa) al più presto possibile. Il tentativo di sostituire il presidente del Consiglio Conte, che era già in stato abbastanza avanzato prima dello sfacelo provocato dal Covid 19, ha prima subito una battuta d'arresto, poi è fallito. Così, le due forze che - una nella maggioranza, una nell'opposizione - avevano in animo di cambiare l'"inquilino di Palazzo Chigi" hanno dovuto mutare tattica. In un primo momento si è, da un lato (Lega), alzato il prezzo dell'intervento economico necessario per evitare la recessione (aggiungendo sempre uno zero alle somme che, di volta in volta, il governo si diceva pronto a stanziare), mentre i renziani ricominciavano a muoversi, con l'intento di arrivare ad una maggioranza di unità nazionale (alla quale, tuttavia, leggi tutto
Paralleli storici?
Nella confusa situazione politica con cui stiamo affrontando l’emergenza del Covid-19, conosce una certa fortuna il dibattito su come si debba o si possa realizzare una situazione di “solidarietà nazionale”. L’occasione è data dalle sollecitazioni che vengono dal presidente Mattarella e dalla scarsa rispondenza che trovano tanto nell’opposizione quanto nel governo e nella sua maggioranza. Al netto degli apprezzamenti di rito, piuttosto ipocriti, alla soluzione di un governo di unità nazionale non pensa seriamente nessuno. L’invocazione a Mario Draghi, eletto alla candidatura di salvatore della patria, è un escamotage per bruciare l’ipotesi di una soluzione che potrebbe venir richiesta dalla UE come garanzia per un sostegno all’Italia, visto che sulla “virtù” del nostro paese come utilizzatore di fondi comunitari sono in molti ad avanzare dubbi.
Non pochi fra coloro che riflettono sulla situazione attuale si lasciano andare a paralleli storici, in genere con il nostro secondo dopoguerra. In quel rinvio c’è un intento consolatorio, perché allora il paese seppe risollevarsi da una catastrofe provocata dalla sconfitta in guerra, ma anche un ardito rinvio al fatto che quella ricostruzione sarebbe avvenuta in un clima di concordia nazionale. Anzi, tenendo conto della attuale difficoltà ad intendersi fra forze della maggioranza e dell’opposizione, leggi tutto
Il terzo dopoguerra
L’uscita dalla situazione di emergenza nella quale si trova il Paese appare ancora lontana, ma forse è opportuno sin da ora cercare di capire quali sono gli elementi di quello che già da adesso si profila come un vero e proprio terzo dopoguerra. Dopo la crisi innescata dal Covid 19, che non è solo sanitaria, ma anche economica e sociale, molte cose non torneranno come prima. Proviamo a delineare alcuni possibili sbocchi della situazione, come appunti per un dibattito che speriamo diventi sempre più ampio, per non trovarci impreparati a ciò che verrà al termine di questa brutta avventura. L’accostamento dell’epidemia in corso a un conflitto bellico non è nostro: lo hanno proposto in molti, persino il Pontefice. In effetti, già in queste settimane abbiamo visto alcuni fenomeni che ricordano quelli della Seconda guerra mondiale: l’accaparramento, la borsa nera (con i prezzi dei disinfettanti e delle mascherine aumentati vertiginosamente, di pari passo con la sostanziale irreperibilità di alcune merci), la drastica riduzione della circolazione (un sostanziale coprifuoco), i bollettini di guerra giornalieri, l’instaurarsi di un’economia bellica (con la riconversione temporanea di alcune filiere produttive e il contingentamento della diffusione di alcuni beni non di prima necessità), la diminuzione – per alcuni – del lavoro o la leggi tutto