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20 aprile 2024
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Il Trentino al bivio? Temi e immagini di una campagna elettorale atipica

Maurizio Cau - 17.10.2018

Stando ai sondaggi, il buon momento dell’ondata gialloverde che ha ridefinito la geografia politica del paese non sembra subire flessioni, nonostante le incertezze legate alla manovra finanziaria e le reazioni nervose di mercati e partner europei. La tornata elettorale delle amministrative in programma il 21 ottobre in Trentino fornirà un nuovo banco di prova per misurare il radicamento del nuovo corso sovranista e le sue conseguenze in ambiti locali governati da lungo tempo da amministrazioni di centrosinistra.

Si tratta di una campagna elettorale, quella trentina, per molti versi insolita, che risente pesantemente delle vicende politiche che definiscono l’agenda nazionale. Non c’è lo spazio per passare in rassegna le proposte programmatiche del frammentassimo panorama politico locale, anche perché di programmi capaci di andare oltre slogan e parole d’ordinanza non se ne vedono a dire il vero molti. Ci si limita così a qualche considerazione sul modello di comunicazione (in particolare visuale) utilizzato da alcune delle forze politiche in campo. 

Si tratta, in generale, di una campagna elettorale catalizzata dalla crescente affermazione, anche in ambito locale, del consenso verso Salvini e dalle possibili ricadute del progetto leghista nel contesto provinciale. Elevato a modello o combattuto come nemico pubblico, il ministro degli Interni è al leggi tutto

C’era una volta la rivoluzione. Cronaca di un’assenza (dal grande schermo)

Maurizio Cau - 31.01.2018

Come c’era da aspettarsi, le celebrazioni legate al centenario della rivoluzione bolscevica si sono svolte sotto tono. Un po’ in tutta Europa le cerimonie ufficiali hanno lasciato il posto a commemorazioni molto misurate, quando non alla rimozione e al silenzio. Del resto in molti, a partire dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, hanno candidamente dichiarato di non sapere bene cosa ci sia da festeggiare.

Anche il cinema, spesso sensibile alle ricorrenze, ha mostrato un certo disinteresse per uno degli eventi più gravidi di conseguenze del Novecento. Certo, anche nel nostro paese è arrivata in sala, promossa dalla Cineteca di Bologna, la riedizione della Corazzata Potemkin di Sergej M. Ėjzenštejn nella splendida versione restaurata dalla Deustche Kinemathek, ma nonostante il loro carico iconico, i 68 minuti (altro che le 18 bobine di fantozziana memoria!) che Ėjzenštejn aveva girato nel 1925 su incarico del governo sovietico per celebrare i vent’anni della rivoluzione russa del 1905, non ci dicono molto del ruolo che a distanza di un secolo la rivoluzione d’ottobre ricopre nell’immaginario collettivo.

Anche le numerose iniziative dedicate di recente al cinema politico sovietico parlano solo indirettamente di ciò che di quell’esperienza storica si è sedimentato nel corso dei decenni. Come ha ricordato di recente Pietro leggi tutto

La memoria della Shoah nell’era dei selfie. Per un’etica dello sguardo

Maurizio Cau - 04.02.2017

Ora che un’altra “giornata della memoria” è alle spalle, ora che le luci sono tornate a spegnersi in attesa della prossima ricorrenza prevista dal calendario civile, ora che si ripongono nel cassetto le citazioni di Levi e le immagini dello sterminio (o della sua pluridecennale ricontestualizzazione cinematografica), ora che i palinsesti televisivi si sono svuotati del cerimonioso omaggio alle vittime della Shoah (un omaggio prevedibile e sempre uguale a se stesso), ora che tutto questo è passato, è forse possibile sviluppare un ragionamento sul senso e i limiti di quella ritualità retoricamente sovraccarica che, un giorno all’anno, inonda carta stampata, social network, TV.

Come ricordava un paio di anni fa in un denso libretto Elena Loewenthal, che non può essere certo tacciata di scarsa sensibilità sul tema o, peggio, di aspirazioni negazioniste, «il 27 gennaio di ogni anno si evoca il ricordo della Shoah. Si organizzano eventi, incontri, celebrazioni ufficiali. Ma che cosa sta diventando questo Giorno della Memoria? Una cerimonia stanca, un contenitore vuoto, un momento di finta riflessione che parte da premesse sbagliate per approdare a uno sterile rituale dove le vittime vengono esibite con un intento che sembra di commiserazione, di incongruo risarcimento» (Contro il giorno della memoria, ADD editore, 2014). leggi tutto

Come in uno specchio. Il successo di Zalone e gli italiani

Maurizio Cau - 09.01.2016

Uno spettro si aggira nel cinema italiano. È quello di Monicelli, Risi, Sordi, Scola, Germi, Zampa. In due parole, della commedia all’italiana.

Succede ormai da anni che ogni film di successo che con leggerezza più o meno marcata prova a raccontare il Paese venga esaminato in controluce per scoprire i gradi di parentela che può rivendicare con uno dei generi e delle stagioni più alti del cinema nostrano. Poco importa che la cosiddetta commedia all’italiana non possa contare su un canone stilistico chiaro e condiviso; quello è il metro di misura con cui si esamina (e si giudica) ogni commedia prodotta nel nostro Paese. È ciò che capita ripetutamente con il cinema di Checco Zalone, il quale opera dopo opera si va emancipando dal registro comico di derivazione televisiva e si confronta con racconti più ambiziosi capaci di mettere in scena le varie facce dell’italianità. In questi giorni si assiste ai consueti giri di valzer della critica di settore: da un lato c’è chi riconosce in Zalone il nuovo maestro di un genere da (troppi) anni sepolto, dall’altro chi sottolinea la lontananza tra il registro sardonico e dissacrante di Luca Medici (il vero nome del comico pugliese) e le altezze registiche e drammaturgiche di un genere ormai consegnato alla storia.

La riconduzione del cinema di Zalone nelle strette maglie del genere non rappresenta però l’elemento centrale della questione. leggi tutto

Una giustizia di pancia. A margine del caso Scattone.

Maurizio Cau - 29.09.2015

Cera una volta il garantismo. A seguire le polemiche sul caso Scattoneviene da chiedersi cosa ne sia, nel paese che ha dato i natali a Beccaria e Filangieri, dei principi intorno a cui si èsviluppata la penalistica moderna, quella che ha portato al riconoscimento del valore costituzionale del principio del finalismo rieducativo della pena, richiamato nellart. 27, comma 3 (le pene [] devono tendere alla rieducazione del condannato).

Naturalmente non basta che un principio sia riconosciuto a livello costituzionale perchéne sia garantita lefficacia. La giurisprudenza costituzionale ha peròspecificato a piùriprese che la necessitàcostituzionale della rieducazione, «lungi dal rappresentare una mera generica tendenza riferita al solo trattamento, indica invece proprio una delle qualitàessenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico e laccompagnano da quando nasce, nellastratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue» (Sent. 313 del 1990). Se la rieducazione del condannato rappresenta il fine essenziale della pena c’èda interrogarsi sulle ragioni di una reazione tanto nervosa mostrata da unampia parte dellopinione pubblica al percorso riabilitativo di Giovanni Scattone, il quale dopo aver saldato i propri debiti con la giustizia ha ottenuto una cattedra di ruolo in un liceo romano, prontamente abbandonata a seguito delle polemiche sorte intorno al caso. leggi tutto

Buio in sala. L’altra faccia dell’America

Maurizio Cau - 28.07.2015

Dalla provincia americana non smettono di giungere dolenti notizie di morte, figlie di tensioni sociali  sempre pronte a degenerare in violenza (come negli scontri di Baltimora e Detroit tra la polizia e la comunità afroamericana) e dell’irrisolto problema della diffusione delle armi. L’ultima notizia in ordine di tempo è quella dell’omicidio di due donne in un cinema di Lafayette, Louisiana, ad opera di un uomo bianco che senza apparente motivo ha sparato tra gli spettatori. Obama ha espresso alla BBC la propria “estenuante frustrazione” per la mancata approvazione di una legge sul controllo delle armi, che a detta dello stesso presidente rappresenterebbe il più grande insuccesso del suo mandato.

Le notizie di violenza, morte e scontri sociali che provengono da oltreoceano si avvicendano senza sosta in una ripetitività che sembra dare assuefazione. I media italiani si limitano a dare notizia delle sparatorie e degli scontri, ma il contesto sociale e culturale in cui maturano questi episodi resta insondato, lasciando sostanzialmente inalterata l’immagine da vecchio West dalla quale la provincia americana non sembra in grado di emanciparsi.

Una buona occasione per muoversi oltre lo stereotipo, o anche solo per indagarne la tenuta, l’ha offerta di recente il cinema, che è in grado di descrivere molto meglio di altri media l’ambiente in cui il disagio sociale e la violenza prendono forma e si sviluppano. leggi tutto

Berlino e le unioni matrimoniali omosessuali. L’impatto del referendum irlandese sul dibattito tedesco

Maurizio Cau - 06.06.2015

L’onda lunga del referendum sul matrimonio tra coppie omosessuali tenutosi in Irlanda il 23 maggio è arrivata fino in Germania, dove il dibattito intorno ai diritti delle coppie dello stesso sesso ha ripreso vigore al grido di “l’Irlanda è possibile”.

Dal punto di vista giuridico i passi per legalizzare le unioni matrimoniali omosessuali non risultano particolarmente complessi. Non è necessaria una modifica della carta costituzionale, poiché il Grundgesetz garantisce la tutela del matrimonio senza definirne le caratteristiche. La costituzione tedesca è in altre parole aperta ad altre tipologie matrimoniali, comprese quelle dello stesso sesso. La definizione del nuovo orizzonte normativo compete al legislatore ordinario, che dovrebbe registrare nel codice civile la nuova forma matrimoniale, e indirettamente al tribunale costituzionale di Karlsruhe, che si troverebbe a valutarne la legittimità. Finora il Bundesverfassungsgericht si è sempre pronunciato in favore dell’immagine classica della famiglia come incontro tra uomo e donna, ma ha sottolineato in più occasioni (si pensi alla  Transexxuellenentscheidung del gennaio 2011 e alla parificazione dei diritti tra coniugi e coppie di fatto espressa nel marzo 2013) che la costituzione tedesca garantisce l’istituto matrimoniale non nella sua astrattezza, ma nella concretezza delle opinioni prevalenti espresse in forma di legge. 

Come molti osservatori hanno sottolineato in queste settimane, manca solo un piccolo passo per consentire che l’ordinamento giuridico  tedesco sia specchio fedele dei mutamenti culturali che si sono fatti largo nella società contemporanea. leggi tutto

Iconografia delle istituzioni. Il ritratto ufficiale di Mattarella

Maurizio Cau - 28.03.2015

Non c’è figura che, più di quella del presidente della Repubblica, incarni il volto dello Stato. Parole, segni e silenzi di chi abita il Quirinale sono parole, segni e silenzi delle istituzioni. Non può che essere così anche per le immagini che ne accompagnano e descrivono il cammino, tanto più se – come l’attuale – il presidente è assai parco nell’uso dei mezzi di comunicazione. 

Le difficoltà e l’imbarazzo provato nei giorni successivi alla sua elezione dagli organi di stampa, costretti a riesumare non senza equilibrismi frammenti di interviste e immagini datate, sono ora parzialmente superati dai materiali progressivamente prodotti dalla presenza pubblica del capo dello Stato. Il vuoto iconografico e mediale che ha segnato l’ultima fase dell’esperienza pubblica di Mattarella è ora inevitabilmente (e inesorabilmente) colmato. È di pochi giorni fa la prima intervista ufficiale, rilasciata (fatto che la dice lunga sull’uso misurato e selezionato che dei media intenderà probabilmente fare) alla Cnn, uno dei più prestigiosi organi internazionali di informazione. Ed è di qualche settimana fa la produzione del ritratto ufficiale del Presidente, quello che verrà riprodotto in migliaia di esemplari e campeggerà sui muri di uffici pubblici e scuole. L’immagine di Mattarella che girava nelle prime ore dalla sua elezione, quella ritagliata da uno scatto d’insieme che lo ritraeva nella solenne toga del giudice costituzionale, è ora sostituita dal volto compassato, quasi etereo, del suo ritratto ufficiale. Che debitamente interrogato (le immagini parlano), ci suggerisce qualche riflessione sui codici comunicativi del primo cittadino d’Italia e sul loro potere simbolico. leggi tutto

Vedere meno o vedere meglio? La propaganda dell’Isis e i crucci deontologici dell’informazione

Maurizio Cau - 05.03.2015

La decisione della redazione di Rai News di interrompere la riproduzione dei video propagandistici di Isis, seguita a distanza di qualche ora da un analogo appello dell’Ordine dei Giornalisti e del Consiglio Nazionale degli Utenti, ha riproposto il tema dei limiti imposti all’informazione nell’uso delle immagini. Da un lato si rivendica la necessità da parte dei media di documentare, anche nei suoi risvolti più brutali, gli eventi che scuotono il panorama internazionale; dall’altro – è il caso della testata giornalistica diretta da Monica Maggioni - si sottolinea il pericolo che trasmettendo le immagini della barbarie alimentata dall’esercito jihadista  ci si renda strumento della loro azione di propaganda.

Che fare, dunque? Mostrare tutto per denunciare il volto dell’inumano e, così, fornire alla coscienza dei cittadini e all’opinione pubblica internazionale gli strumenti per leggere la realtà circostante, o contrastare il nemmeno troppo velato valore propagandistico della campagna mediatica del Califfato per non amplificarne la portata? La risposta non è scontata, né univoca.

Un secolo di riflessione sui fondamenti della cultura fotografica non è del resto riuscito a risolvere la questione delle fragilità e delle contraddizioni legate al valore testimoniale delle immagini, siano esse prodotte dai fotografi delle agenzie di stampa o dalle mani dei protagonisti delle vicende di cui è resa testimonianza visiva. leggi tutto

Ripartire dalla solidarietà? Una sfida per il presente

Maurizio Cau - 07.02.2015

Nel discorso di insediamento di martedì il presidente Mattarella ha sottolineato la necessità che il Paese e l’Unione Europea si aprano a politiche più solidali. A parlare, in questo richiamo a istanze di carattere solidaristico, non era solo la cultura politica di provenienza del neopresidente. Quello della solidarietà, infatti, è un concetto che nel dibattito contemporaneo sembra avere riguadagnato una centralità che sembrava smarrita. Tra i lemmi più sfumati del lessico politico occidentale, è un principio che ha conosciuto fortune alterne nel corso degli ultimi tre secoli, e che in tempi di crisi come quelli correnti riguadagna un rinnovato slancio.

 

Un po di storia

 

Se pensiamo alla triade di concetti (libertà, uguaglianza, fraternità) che ha segnato l’esperienza politica dell’Europa post-rivoluzionaria, l’idea di solidarietà (la fraternità cara a Marat) è senz’altro quella più trascurata dai disegni delle ideologie politiche otto-novecentesche. A dare una forma concettualmente ordinata al principio solidaristico, uno dei concetti fondativi della modernità, erano state nel maturo Ottocento la scienza sociologica francese (Emil Durkheim e Leon Bourgeois), la teoria politica tedesca (Heinrich Pesch, Gustav Gundlach, Oswald Nell-Breuning) e la dottrina sociale della Chiesa, in cui l’idea di solidarietà rappresentava il fondamento stesso dell’economia politica declinata nei termini del cattolicesimo sociale.

Ma cosa ne è stato della solidarietà come ideologia politica capace di produrre una nuova rappresentazione leggi tutto