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02 ottobre 2024
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Scelte fiscali coraggiose

Gianpaolo Rossini - 15.04.2020

Ci sono scelte fiscali e finanziarie da considerare in condizioni emergenziali e che non necessitano di negoziazioni a livello europeo. Ma occorre battere terreni nuovi senza paura, come fece il Governo degli Stati Uniti durante la Grande Depressione negli anni 30 del secolo scorso.

Il primo è quello della residenza in paradisi fiscali di imprese italiane. Miliardi di gettito ogni anno finiscono in Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Austria, Slovenia e altri paesi i quali ci fanno una concorrenza fiscale che a volte somiglia a grassazione. Uno studio del 2018 di Fatica e Gregori, ricercatori della Commissione Ue, evidenzia cospicua elusione fiscale nelle sedi in Lussemburgo e altri “paradisi” di banche italiane, tedesche e di altri nazionalità. Il fenomeno non riguarda  solo gli istituti di credito ma tutti i settori produttivi con cifre poderose. Cosa fare? Una via d’uscita potrebbe essere l’offerta a tutte le aziende italiane con sede legale all’estero le medesime condizioni del paese ospitante per un periodo di 5 anni in Italia. Alla fine dei 5 anni le imprese rientrate sarebbero assoggettate allo stesso regime fiscale delle imprese italiane con la possibilità di accordi specifici legati a piani di sviluppo e di investimenti in Italia. Per le imprese che non accettassero questa offerta di leggi tutto

Un nuovo “whatever it takes” contro il rischio sistemico

Gianpaolo Rossini - 11.03.2020

La drammatica risposta dei mercati alla epidemia deve spingere ad agire con tempestività. L’Italia e l’Europa non sono in grado di sostenere oltre al contagio sanitario anche una pandemia finanziaria. Sarebbe un danno gravissimo alla nostra sofferta ma indispensabile integrazione continentale che ci hanno lasciato i padri fondatori e grandi riformatori. Dall’Europa non basta il permesso di sforare e altre concessioni per noi e partners in difficoltà. Occorre un intervento forte e immediato su più fronti da parte della BCE, unica istituzione che ha i mezzi e la velocità di intervento che oggi è richiesta. Abbiamo bisogno di un rinnovato e rinforzato “whatever it takes” con cui Mario Draghi ha salvato l’euro dichiarando agli operatori di mercato che la BCE avrebbe usato ogni strumento possibile per impedire il naufragio della moneta unica nelle acque agitate di crisi di debiti sovrani e depressione globale del secondo decennio del nuovo secolo. Ci sono almeno tre fronti su cui la BCE può muoversi da subito: 1. Erogando direttamente, con i suoi bracci operativi che sono le banche centrali nazionali, fondi a imprese e istituzioni sanitarie a interesse zero da restituire in un arco di tempo di 5 – 10 anni. 2. Intervenendo senza vincoli nei mercati dei titoli di leggi tutto

La saga dell’aceto balsamico

Gianpaolo Rossini - 29.02.2020

Secondo la Corte di Giustizia della Ue, Belema produttore tedesco di aceto può porre sui suoi prodotti l’etichetta “Deutscher Balsamico” senza violare le tutele previste nella Ue per l’aceto balsamico di Modena, che ha aperto la causa. Il consorzio modenese protesta: non si può porre l’aggettivo “balsamico” su prodotti tedeschi. Da dicembre attende il terzo grado di giudizio per poi muoversi eventualmente sul piano giuridico e su altri fronti con nuove iniziative. La saga dell’aceto di Modena fa riflettere. Sono tre gli aceti balsamici italiani riconosciuti. L’Aceto Balsamico di Modena IGP, che può essere prodotto nelle province di Modena e Reggio. Poi c’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP che proviene solo dalla provincia di Modena. E infine c’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio DOP esclusivamente dalla provincia di Reggio. E’ quasi impossibile trovare consumatori (italiani) che apprezzino le differenze (ma quali) tra i primi due aceti di Modena. In più uno dei due può venire anche dalla provincia di Reggio che però ha in concorrenza un suo prodotto esclusivo e certificato. I consorzi di tutela hanno giocato sulle differenze tra IGP (indicazione geografica protetta) e DOP (denominazione di origine protetta), e DOP (denominazione di origine protetta), anche queste impossibili leggi tutto

Deutsche Bank chiama collaborazione europea: se non ora quando?

Gianpaolo Rossini - 08.02.2020

La voragine nei conti 2019 della prima banca tedesca è di 5265 milioni di euro di perdite (nel 2018 c’è un profitto di 341 milioni) su ricavi netti pari a 23165 milioni (in calo da 25316 del 2018). Circa 2.8 miliardi di rosso sono dovuti a svalutazione di attività finanziarie in pancia alla banca. Nel quarto trimestre 2019 Deutsche Bank (DB) perde quasi mezzo miliardo (437 milioni) nella parte nobile (core business) dell’attività cioè credito a famiglie (283 milioni) e imprese (107) a testimonianza che il rallentamento dell’attività economica e delle esportazioni stanno infliggendo colpi severi al sistema bancario tedesco. Ma non è solo il rallentamento di oggi a fare traballare la DB. I bilanci recenti sono scioccanti: nel 2015 perde 6.8 miliardi, 1.4 nel 2016, 500 milioni nel 2017. Le falle si aprono nel dicembre 2013 a seguito di una multa da quasi due miliardi delle autorità federali Usa (Housing Finance Agency). I conti 2013 e 2014 restano a galla ma si aggravano nell’ultimo trimestre del 2014. I numeri dimostrano che la lunga crisi della DB non nasce a seguito delle politiche di espansione monetaria di Super Mario presidente della BCE fino a qualche mese fa. Il QE di Draghi inizia più tardi in avanzata primavera 2015. Ma la cronica crisi DB dice anche dell’altro. La fissazione teutonica per conti pubblici specchiati con addirittura leggi tutto

Il negoziato Usa e UE orfani del multilateralismo

Gianpaolo Rossini - 01.02.2020

Dopo la chiusura del contenzioso commerciale con la Cina Trump mette mano al dossier Europa mantenendo un approccio bilaterale e relegando alla marginalità accordi – come quello di Parigi sul clima - e istituzioni multilaterali – come la WTO. Un atteggiamento che non è nuovo. Già nel 1999 emerge alla luce del sole quando i democratici di Bill Clinton e i sindacati avvallano violente manifestazioni a Seattle contro l’ultima istituzione multilaterale nata nel 1995, la WTO. Un ibrido figlia dello spirito multilaterale del secondo dopoguerra, ma con un sistema decisionale avversato dagli Usa perché basato su “un paese - un voto”. Per cui Washington conta come Malta. Ma non solo per questo alla fine del secolo scorso gli Usa abbandonano il multilateralismo. È cambiato il contesto internazionale diverso da quello in cui nascono le istituzioni multilaterali (FMI, Banca Mondiale etc.) geograficamente limitato (Europa occidentale, Nord America, Giappone e Australia) e che la guerra ha reso omogeneo dal punto di vista politico e militare. Uno scenario dove è possibile separare temi economici, strategici e militari affidandoli a specifiche istituzioni multilaterali (FMI, WB, GATT, NATO, OCSE) in cui Washington ha un ruolo dominante grazie a meccanismi di voto favorevoli (nel FMI gli Usa pesano per quasi 17% di tutti i voti). leggi tutto

FCA PSA tante ombre poche luci

Gianpaolo Rossini - 21.12.2019

La fusione tra PSA ed FCA mette insieme due realtà zoppicanti del settore auto con grosse difficoltà di mercato e in forte ritardo sotto il profilo tecnologico. PSA e FCA sono i produttori che per ultimi hanno sollevato il piede dalla trazione a gasolio e sono in ritardo rispetto a quasi tutti i concorrenti nell’ibrido e nell’elettrico. Hanno gamme di modelli in larga parte obsoleti e pochi progetti per il futuro prossimo. Nessuna delle due case ha una sufficiente presenza sui mercati a più forte crescita dell’Asia nonostante Psa sia partecipata da un produttore cinese. La prova di tutto questo viene dalle cifre della capitalizzazione delle due società complessivamente inferiori a quelle ad esempio di BMW che vende circa un terzo di auto di FCA-PSA. Psa viene dalla recente acquisizione di Opel che l’americana General Motors ha abbandonato dopo anni di perdite insanabili e investimenti al lumicino. FCA viene da anni di grande attivismo finanziario con i quali la proprietà ha progressivamente spezzettato una grande conglomerata simile ai grandi colossi coreani (Hyundai) e giapponesi (Mitsubishi, Honda) ottenendo tante piccole realtà industriali alcune delle quali vendute interamente a concorrenti, come Marelli. I risultati di queste incessanti manovre finanziarie sono stati deludenti leggi tutto

Una nuova firma sulle banconote

Gianpaolo Rossini - 14.12.2019

Dopo un presidente olandese, Duisenberg, uno francese, Trichet e l’italiano Draghi, è la francese Lagarde ad insediarsi alla testa della BCE e a porre la sua firma sulle banconote che ci troveremo tra le mani dal prossimo anno. La provenienza transalpina della Lagarde evita una moneta europea troppo made in Germany, ma rivela un peso eccessivo della Francia nel governo dell’Europa. In più il francese Trichet non diede buona prova di sé. Commise errori di politica monetaria che in buona parte causarono la crisi dei debiti sovrani in Europa nel 2010 e nel 2011 della quale stiamo ancora pagando le conseguenze. La BCE sottovalutò l’onda lunga della crisi finanziaria americana e adottò misure restrittive quando se ne richiedevano di espansive. Il risultato furono alti tassi d’interesse e un cambio insostenibile che toccò 1.6 dollari per euro facendo saltare come birilli in serie Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. Dobbiamo però vedere il lato positivo della nuova presidenza francese perché sembra preannunciarsi in continuità con quella di Mario Draghi che ha cambiato radicalmente ruolo e peso della nostra banca centrale. Che nessuno si azzarda a definire federale ma che in effetti lo è essendosi ritagliata sin dall’inizio una fetta di sovranità che i paesi aderenti all’euro hanno leggi tutto

Ilva: strade in salita

Gianpaolo Rossini - 09.11.2019

La produzione di acciaio italiana concentrata per una buona fetta a Taranto è sotto assedio. L’Ilva è in profonda crisi. L’impresa in precedenza di proprietà della famiglia Riva, oggi parte della multinazionale Arcelor Mittal, è un’eredità della defunta IRI, istituto per la ricostruzione industriale nato negli anni 30 del secolo scorso per soccorrere e rilevare imprese e banche colpite dalla grande crisi. Del patrimonio IRI non è rimasto nulla. Tutte le partecipazioni sono state vendute ad operatori privati industriali e finanziari. Italsider-IRI con diversi impianti in Italia tra cui Taranto viene privatizzata nel peggiore dei modi subendo uno spezzatino e perdendo le sinergie di impianti fratelli a Cornigliano, Piombino e Bagnoli. Quest’ultimo chiuso per ragioni ambientali, i primi due ceduti a privati mentre il polo di Taranto va alla Riva acciai che possiede altri impianti tra cui alcuni rilevati nella ex Germania Est. La privatizzazione dell’Italsider è una tappa di una Caporetto industriale del Bel Paese ahimè ancora in corso. La crisi del polo di Taranto, ora nelle mani della multinazionale franco indiana Arcelor Mittal, nasce così. La pubblica Italsider opera a lungo in un regime di mercato semi-chiuso alla concorrenza internazionale fino agli anni 80 del secolo scorso in una Europa dove il mercato dell’acciaio è organizzato leggi tutto

Contante ed evasione: inutile battaglia

Gianpaolo Rossini - 26.10.2019

Ma veramente limitando i pagamenti con banconote si toglierebbe ossigeno a evasione e criminalità? Secondo il presidente dell’ABI Patuelli senza armonizzazione europea norme nazionali disomogenee per l’uso del contante sono inefficaci. Il mercato unico europeo mi consente di acquistare un’auto per contanti in Germania o Polonia e portarmela in Italia. Se non basta l’euro è valuta veicolo internazionale largamente utilizzata al di là dei confini di eurolandia così come il dollaro americano. Secondo stime BCE, su 1300 miliardi in banconote emesse circa 500 sono in paesi non euro come il Montenegro dove l’euro è la moneta legale o la Bosnia che ha un currency board inchiodato sull’euro. In altre zone dell’Est Europa, Russia inclusa, in Africa per non parlare di Svizzera e Inghilterra l’euro è accettato diffusamente. Per il dollaro il fenomeno è ancora più vasto globalmente visto che due terzi dei verdoni in circolazione (1700 miliardi) ballano fuori confine (circa 1100 miliardi). L’euro non è la lira e ridurre la circolazione del contante in Italia per combattere la criminalità è come cercare di raffreddare gli oceani riscaldati dal cambiamento climatico gettando cubetti di ghiaccio in mare. Una misura che la BCE potrebbe adottare, mai presa però dalla Fed americana, sarebbe cambiare forma delle banconote ogni 10-20 anni mandando fuori corso leggi tutto

Turchia: la trappola siriana

Gianpaolo Rossini - 19.10.2019

È un gioco rischioso quello iniziato dall’amministrazione Trump e dal presidente turco Erdogan. Gli Usa hanno abbandonato la zona di etnia curda nel nord della Siria, prima presidiata in funzione anti Isis e anti Assad. A seguito di questo il governo turco, con una mossa peraltro attesa dagli Usa, ha invaso militarmente parte della regione suscitando reazioni diplomatiche in Europa, l’intervento della Russia, della Siria di Assad. Gli Usa dopo minacce di sanzioni economiche riescono a raggiungere un accordo per una breve tregua sul campo che ferma la Turchia.

Ma quale sono gli obiettivi di Usa, Turchia e Russia?

Non è facile capire un presidente che ha confessato pubblicamente di avere continui ripensamenti (second thoughts) sulle decisioni prese. Al di là della confusione apparente lo scopo degli Usa sembra comunque duplice. Da una parte cerca di indebolire la Turchia logorandola e isolandola nella trappola siriana in cui si impantanerà spendendo ingenti energie senza ritorno economico e con enormi rischi politici.  Dall’altra si vuole rendere la vita più difficile al governo Assad ridimensionando definitivamente la Siria come entità territoriale e ponendola in traiettoria di scontro con la Turchia. Insomma una vera trappola per due che protrae l’instabilità e le sofferenze delle popolazioni dell’area. leggi tutto