Oltre le elezioni. Le sfide del governo che verrà: il debito pubblico
La seconda sfida sulla quale sarà chiamato a misurarsi il prossimo governo riguarda la finanza pubblica. Come nel precedente articolo sulle migrazioni (https://www.mentepolitica.it/articolo/oltre-le-elezioni-le-sfide-del-governo-che-verr-ius-soli-e-immigrati/1311) iniziamo con nude cifre. Nel 2017 il debito lordo del settore pubblico in Italia si attesta attorno a 1.32 volte il Pil mentre quello netto è 1.13. Nello stesso anno quello pubblico federale lordo (non comprensivo di quello di stati e amministrazioni locali) degli Usa è 1.08 volte il Pil, netto 0.82. Se considerassimo il debito pubblico lordo totale (federale + locale) degli Usa avremmo cifre un po’ più alte di quelle italiane. In Giappone il debito pubblico lordo è 2. 39 volte il Pil, quello netto 1.20. In Germania è 0.64 (netto 0.43) e in Francia è 0.97 (netto 0.90). La lettura di questi numeri fornisce informazioni inedite sul debito pubblico netto. Ma cos’è il debito pubblico netto? Perché è la grandezza che andrebbe considerata? Il debito pubblico netto è la differenza tra i debiti e i crediti del settore pubblico. E’ ciò che rileva finanziariamente per gli stati come per ogni impresa, mentre meno rilevante è la cifra lorda. Il settore pubblico italiano possiede attività finanziarie (crediti) come contante, valute, depositi bancari, prestiti del governo ad istituzioni europee, titoli obbligazionari e azionari, riserve tecniche assicurative e altro. Nel caso italiano la differenza tra le due valutazion leggi tutto
Oltre le elezioni. Le sfide del governo che verrà: ius soli e immigrati
Tra qualche mese avremo i dati Istat sugli andamenti demografici del 2017 del bel paese. In ogni caso le cifre del 2016 sono particolarmente utili per avere un quadro della dinamica della popolazione italiana e delle implicazioni politiche che dovranno essere affrontate dal governo che verrà dopo le elezioni del 4 marzo. Vediamo le cifre. Al 31 dicembre 2016 la popolazione residente in Italia è di 60.589.000 unità. Di queste 5 milioni hanno cittadinanza straniera (8.3%). Nello stesso anno la popolazione residente diminuisce di 142.000 unità. Questo risulta da un saldo negativo di 204000 cittadini italiani e positivo di 64000 stranieri. A fronte di questa cifra abbiamo 144000 immigrati nel 2016. Che sembrerebbe quasi una compensazione perfetta. A patto che questi restino in Italia se vogliamo evitare che la popolazione residente diminuisca vistosamente. Nel 2016 i nostri uffici hanno promosso 200000 immigrati a nuovi cittadini italiani. Nello stesso anno le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 60000. Nel 2015 il tasso di fecondità delle donne italiane è pari a 1.27 mentre per le straniere è 1.94.[1]
Si tratta di numeri che delineano alcuni tratti e ne lasciano indefiniti altri delle politiche che l’Italia è chiamata ad intraprendere per affrontare il complesso problema demografico che ci affligge da oltre 30 anni, speculare a quello dei migranti che approdano sulle coste del nostro sud. leggi tutto
Rifiuti romani in Emilia Romagna: solidarietà inutile e dannosa
La regione Emilia Romagna ha accettato di accogliere i rifiuti indifferenziati di Roma, comune retto da giunta grillina con sindaco la signora Raggi. Verranno bruciati negli inceneritori tra Parma, Bologna, Modena materiali per un quantitativo di circa 465 tonnellate al giorno per 40 giorni ovvero in totale circa 19000 tonnellate, il contenuto di una nave da carico di media dimensione.
Il presidente della regione Emilia Romagna ha affermato che si tratta di un gesto di solidarietà istituzionale volto a risolvere l’emergenza della capitale. Non sarà possibile in futuro chiedere di nuovo da parte del comune di Roma una cooperazione di questa entità.
In Emilia si prevedono manifestazioni di protesta anche se indebolite dal periodo di vacanze Natalizie.
Si tratta di una vicenda che dimostra per l’ennesima volta la scarsa capacità di governare la capitale da parte della compagine grillina il cui bilancio appare sempre più fallimentare. Se dobbiamo trovare un aspetto positivo, è certamente quello di proiettare il PD a partito che è in grado di governare il paese in maniera responsabile con un senso dello stato tutto che forse si vedeva solo ai tempi della migliore Democrazia Cristiana. C’è da augurarsi che gli italiani capiscano il messaggio che viene da questa vicenda , molto più leggi tutto
Antistatalisti e ferventi pro mercato, attenti al ridicolo!
Una schiera, non piccola e attivamente presente sui media, di economisti e politologi vive intensamente gli anni 80 e 90 del secolo scorso quando si forma convinzioni e lancia analisi teoriche. Si tratta di anni attraversati da una radicale furia iconoclasta nei confronti della presenza dello stato (settore pubblico) nell’economia e di una parallela idolatria del mercato, ritenuta l’unica istituzione economica che consente democrazia ed efficienza nella produzione e nella distribuzione di risorse. Queste opinioni diffuse alla fine del secolo scorso sono suffragate dalla rumorosa caduta nel 1989 delle economie ex comuniste legate alla Russia affette da cronico statalismo. Il trionfo pacifico delle democrazie di mercato di quegli anni non è però privo di ombre. Nella seconda metà degli anni 90 molte delle baldanzose convinzioni economiche maturate negli anni precedenti vacillano. Gravi crisi sistemiche toccano in successione diverse aree del pianeta a partire dall’America Latina per passare poi ad Asia, Russia, Turchia, di nuovo America Latina con Brasile e Argentina, nel nuovo secolo, culminando nella grande depressione che investe prima Usa, poi Europa e altre parti del globo fino ai giorni nostri. Grandi istituzioni internazionali, come il Fondo Monetario internazionale, Banca Mondiale, schiere di economisti fanno tesoro dell’esperienza, ammorbidiscono e talvolta mutano radicalmente la loro leggi tutto
Referendum Nord Italia figli di una corte costituzionale miope
I due referendum in Lombardia e Veneto appena conclusi, il primo con un flop e il secondo con una affermazione degli autonomisti sono un grave scossone alla precaria e difficile stabilità del bel paese alla quale purtroppo stanno dando un contributo inatteso i veneti assaliti da una vampata di provinciale isolazionismo. Come si sia arrivati a tutto ciò è difficile da capire, così come è arrivata la Catalogna sull’orlo del baratro, così come l’Italia è stata dilaniata dal terrorismo per oltre tre decenni o come la Gran Bretagna è giunta alla Brexit. Quello che fa male è vedere come lungo questo percorso si siano avventurati anche vescovi e parroci che sostengono cause che non hanno nulla di evangelico. Ma purtroppo questo è anche il risultato di una presa di posizione di qualche mese della CEI che lamentava come gli italiani fossero tartassati da troppe tasse dimenticando tutto d’un tratto che le tasse pagano il welfare pubblico, la sanità pubblica e l’istruzione pubblica tutte accessibili ai meno abbienti che altrimenti sarebbero discriminati. Il ruolo più pesante e altamente irresponsabile però è stato giocato dalla Corte Costituzionale che ha ammesso i referendum in Veneto e Lombardia. La stessa corte aveva in maniera ancor più sorprendente tempo fa ritenuto incostituzionale leggi tutto
Nebbia nera in Val Padana: se il Dieselgate non insegna nulla
Ci risiamo. La situazione meteo di queste ultime settimane ha posto per l’ennesima volta con drammaticità il problema dell’inquinamento dell’atmosfera in particolare nel grigio Nord Italia. Ma poi appena arriva la pioggia non se ne parla più. E’ come il lunedì di una sagra paesana: giostre, banchetti, stand gastronomici scompaiono nel nulla. E basta festa fino alla occasione successiva. Ma il problema, anche se scarsamente considerato da giornali e altri media audiovisivi, è grave e strutturale sotto il profilo epidemiologico di affezioni alle vie polmonari, problemi cardiaci e altro per tutti giovani e anziani. Affidarsi alle speranze di pioggia è davvero un comportamento inadeguato alle sfide dei nostri tempi sul piano ambientale. Finiamo per assomigliare più a popoli antichi che ad un moderno paese. Narra Erodoto dello scomparso popolo degli Psilli della odierna Libia, i quali, dopo una lunga siccità “mossero in guerra contro il vento del Sud e quando furono nella regione delle sabbie, il vento del Sud, che aveva ripreso a soffiare, li seppellì tutti”.
Forse in tutta Europa siamo un po’ tutti Psilli. Abbiamo avuto uno scandalo globale (ancora in corso) che ha mostrato come i motori diesel prodotti con testarda insistenza dalle case automobilistiche europee siano terribilmente inquinanti, leggi tutto
Tassare i giganti del web e non solo
L’Ue sta muovendosi con una sorprendente buona armonia tra i partners per tassare i giganti del web. E’ una buona notizia per tante ragioni. Perché i membri della Ue si rendono conto che muoversi in ordine sparso di fronte ad imprese con dimensioni che sono di gran lunga superiori dal punto di vista economico di non pochi stati europei significherebbe votarsi ad una sconfitta perdendo entrate fiscali significative. Facebook ha una capitalizzazione pari a circa un terzo del Pil del bel paese, poco sopra quella di Amazon che è attorno ai 500 miliardi di dollari. Fattura 27 miliardi di dollari nel 2016, cresce di circa il 50% sull’anno precedente e ha un margine operativo stratosferico del 52%!!!! Paga complessivamente imposte con una aliquota media pari a circa il 20%. Dove siano riscosse queste tasse non è dato sapere ma certamente solo una parte negli Usa dove l’imposta sulle società è al 38%. E ancor meno in Italia. L’Ue si sta muovendo bene avanzando l’idea di tassare i ricavi invece dei profitti. Questi ultimi infatti possono essere spostati facilmente da paesi a più alte aliquote a stati con aliquote più basse manipolando i prezzi dei trasferimenti di risorse interne ad una stessa impresa da un paese all’altro. Per esempio, una azienda leggi tutto
Voucher e accoglienza: sinistra vuota
L’ondata migratoria che stiamo subendo dai paesi dell’Africa travolge non solo le nostre strutture di accoglienza ma anche la politica di positiva accoglienza della sinistra (politica) italiana. E con essa anche il tentativo di introduzione di un diritto di cittadinanza per coloro che sono nati su suolo italiano o sono arrivati nel bel paese in tenera età avendo però genitori (legali) extracomunitari. La legge sul cosiddetto ius soli è stata ritirata dal Governo Gentiloni che temeva imboscata e crisi ad opera di fuoco non identificato. Non si trattava di una cattiva legge, ma in questo momento sarebbe una sicura trappola per il Governo perché sono troppo forti le preoccupazioni per flussi migratori che l’Italia è costretta a sobbarcarsi da sola senza alcuna soluzione continentale in vista. Una parte della sinistra però, quella più pura e testarda vorrebbe insistere sullo ius soli senza ad esempio neppure curarsi dei numerosi sindaci PD che rifiutano l’accoglienza nei loro territori. Questa sinistra è purtroppo la stessa che ha voluto cancellare i voucher vecchia maniera e che vorrebbe eliminare il jobs act. Tutti temi che dimostrano quanto la sinistra (quella pura e quella che vuole sembrarlo) abbia un’idea di governo astratta, velleitaria e priva di capacità di incidere leggi tutto
Libero scambio Europa – Giappone: un patto con tante luci e qualche ombra
E’ in dirittura d’arrivo il patto di libero scambio tra Unione Europea e Giappone. Presentato al G20 di Amburgo dal presidente della Commissione Ue e dal premier del Giappone Abe. Dovrà in seguito essere approvato da Consiglio, Parlamento europeo nonché ratificato dai parlamenti nazionali che intendono esprimersi secondo quanto stabilito in maggio dalla corte di giustizia della Ue. Con questo accordo Giappone ed Europa si avvicinano mettendo ordine in un commercio non sempre facile ma in espansione e che vede il Giappone in perenne surplus. L’accordo non è una reazione alla cancellazione dei negoziati per l’area di libero scambio nel Pacifico da parte di Trump. I negoziati iniziarono infatti nel 2013 ed è prevista anche una possibile alleanza strategica (Strategic Partnership Agreement) su questioni come l’ambiente, la sicurezza e la collaborazione in caso di disastri. L’accordo commerciale tra Ue e Giappone prevede un abbattimento progressivo dei dazi doganali, un’apertura, anche questa graduata su diversi anni, a molti beni che oggi semplicemente non entrano in Giappone, un riconoscimento simultaneo di gran parte delle denominazioni d’origine per prodotti del settore agroalimentare - di grande interesse per l’Italia - l’apertura reciproca degli appalti pubblici alle imprese delle due aree e forme di convergenza tecnica normativa in numerosi settori. leggi tutto
Chi ha paura del protezionismo?
Le politiche commerciali riguardano norme, imposte (dazi) e agevolazioni su esportazioni ed importazioni di beni e servizi di un paese. Il Trattato di Roma cancella le politiche commerciali nazionali e attribuisce la materia alla Commissione UE. Nel 1957 l’Italia ha un interscambio - Import + export - sul Pil pari al 30% (nel 2016 è quasi il 50%). C’è più specializzazione: un settore che esporta molto importa poco e viceversa, mentre oggi ogni comparto esporta ed importa molto. Negli anni ‘50 scarsi sono i servizi scambiati, limitati al turismo. Le imprese fanno in casa gran parte dei beni intermedi invece di comprarli o produrli ai quattro angoli del pianeta come avviene oggi. Poche multinazionali sono presenti in limitati settori manifatturieri. Oggi sono tante, medie e grandi, in tutti i settori, servizi compresi. Per questo nel 1957 non trova opposizione il trasferimento delle politiche commerciali dalle capitali europee a Bruxelles, con un dazio unico sulle importazioni extra Ue e zero dazi intra Ue. Ne risulta un’unione doganale con libertà di movimento delle persone (perfezionata con Schengen nel 1995) e delle attività finanziarie (massima nell’aera euro) in un mondo di tassi di cambio fissi e trascurabili flussi finanziari internazionali privati.
Molto è cambiato in sessant’anni. Soprattutto la profondità della integrazione internazionale ridimensiona strumenti di leggi tutto