Ultimo Aggiornamento:
16 marzo 2024
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Argomenti

Il sogno dei vecchi. Gualtiero Bassetti nuovo presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Claudio Ferlan - 27.05.2017

Non c’è alcuna sorpresa nell’investitura dell’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti (1942) quale successore di Angelo Bagnasco alla guida della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).

 

Un vescovo sociale

Nominato cardinale da Bergoglio nel febbraio 2014, Bassetti fu subito indicato come possibile presidente della CEI, alla luce anche della sua prossimità con il papa nello stile di vita e nelle convinzioni pastorali. Come raccontano i fedeli umbri, l’arcivescovo di Perugia non ha un autista e guida da solo la propria utilitaria, ama stare in contatto con le persone, malati e operai in particolare, si segnala per le tante iniziative prese nel tentativo di aiutare i poveri e le famiglie in difficoltà. Commentando la nomina cardinalizia, Bassetti volle ricordare la sua vicinanza con la figura di Leone XIII, il “papa sociale” per più di trent’anni alla guida della diocesi umbra, un pontefice che “si interessava dei problemi della gente, domandava se i figlioli dei contadini andassero a scuola, e via dicendo”. Il motto episcopale perugino è In caritate fundati, fondati nella carità, tratto dalla preghiera contenuta nella lettera di San Paolo apostolo agli Efesini (3, 14-21) e si pone in perfetta linea con le idee guida della pastorale del nuovo presidente della CEI, leggi tutto

Il vertice dei vescovi latinoamericani

Claudio Ferlan - 10.05.2017

Nel contesto di quella che altre volte abbiamo definito come nuova geografia ecclesiastica, assume una maggiore rilevanza l’incontro del CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano) che si sta svolgendo a San Salvador (9-12 maggio). Si tratta della riunione dei rappresentanti di un istituto che riunisce le ventidue Conferenze Episcopali site nel vastissimo territorio compreso tra il Messico e Capo Horn, inclusi il Caribe e le Antille. Nell’occasione sono presenti anche esponenti della Chiesa cattolica statunitense e di quella canadese, segno di una viva attenzione alle questioni della più stretta attualità.

 

El Salvador, Venezuela

La scelta del paese centroamericano quale luogo di celebrazione del vertice non è casuale: si celebra infatti nel 2017 il centenario della nascita di monsignor Oscar Romero, del quale si aspetta la prossima canonizzazione. È in ricordo della sua esperienza pastorale che il consesso dei vescovi si riunisce, con l’obiettivo di discutere sulle emergenze denunciate ormai quarant’anni fa da Romero, ‘voce dei senza voce’: la lotta contro la povertà, la ricerca della pace. Si tratta di un’assemblea ordinaria, dalla quale non si attendono documenti particolari, leggi tutto

Ecumenismo dal basso. L’esempio di Salisburgo

Claudio Ferlan - 11.03.2017

Il dialogo ecumenico è di certo uno dei punti fermi del pontificato attuale, come dimostrato da tanti gesti di Francesco, tra i più recenti il viaggio a Lund e la visita alla chiesa anglicana di Roma. Già alla fine del 2014 erano chiari i segni del desiderio, molto vivo in tutte le chiese cristiane, di evidenziare i punti di comunione per superare quelli di divisione. Mentre il Cinquecentenario della Riforma si avvicina (31 ottobre), è chiaro che l’avvicinamento tra i leader ha l’obiettivo di servire da modello per un’azione dal basso, un avvicinamento tra le comunità che si concretizza di mille esperienze diverse. Una delle iniziative più recenti proviene dall’arcidiocesi austriaca di Salisburgo e ha come promotore, da parte cattolica, l’arcivescovo Franz Lackner.

 

La lettera pastorale

Come da “buona tradizione cattolica”, Lackner ha compilato una lettera pastorale per i propri fedeli, ma non l’ha scritta da solo. Stimolato dal giubileo della Riforma e dalla domenica ecumenica-biblica (5 marzo), l’arcivescovo ha invitato il sovrintendente evangelico Olivier Dantine a collaborare alla stesura di un documento comune ai fedeli delle due Chiese. L’arcivescovo ha anche annunciato che nell’anno in corso userà per le proprie citazioni scritturali la recentissima edizione basata sulla traduzione di Lutero, frutto, assieme a una revisione cattolica,di una collaborazione scientifica interconfessionale. leggi tutto

Quattromila numeri di Civiltà Cattolica. A proposito di storia

Claudio Ferlan - 15.02.2017

Il quindicinale dei gesuiti italiani “Civiltà Cattolica” ha raggiunto sabato il fascicolo 4.000. Come si aspetta chi conosce la Compagnia di Gesù, laricorrenza è stata salutata attraverso una riflessione sul presente e la presentazione di progetti per il futuro, costruiti sulla tradizione e sulla storia. Questo è visibile sia nel discorso pronunciato dal Papa alla comunità della rivista, sia nell’indice del quaderno. Nulla di strano per un ordine religioso che ha costruito la propria identità soprattutto sui documenti e sugli archivi.

 

Il Papa a Civiltà Cattolica

 

Francesco ha indicato tre parole guida per il lavoro futuro del collegio degli scrittori, accompagnandole a figure di riferimento di gesuiti dell’età moderna. Sembra una scelta simbolica, quella di indicare tre persone che nell’interno dell’ordine hanno avuto percorsi molto diversi. Come patrono dell’inquietudine il Papa ha menzionato uno dei padri fondatori, Pierre Favre (1506-1546), “pioniere dell’ecumenismo”, capace di percorrere buona parte dell’Europa occidentale per conoscere chi non la pensava come lui e per confrontarsi. Matteo Ricci (1552-1610), missionario in Cina, è il simbolo dell’incompletezza, intesa come curiosità e apertura di pensiero, anche lui prontissimo a dialogare con le altre culture. A personificare l’immaginazione è invece Andrea Pozzo (1642-1709), architetto e pittore, capace di aprire cupole e corridoi dove c’erano tetti e muri, ha detto il Papa.  leggi tutto

Da Pio XII a Francesco. Lo sguardo di Hans Küng sui sette Papi della sua vita

Claudio Ferlan - 05.03.2016

Uscito nella versione tedesca per l’editore Piper il 10 agosto 2015, il nuovo libro di Hans Küng è stato recentemente (febbraio 2016) pubblicato in traduzione italiana con il titolo “Di fronte al Papa. La mia vita nella Chiesa da Pio XII a Francesco”. Come spesso accade, esigenze editoriali hanno suggerito una modifica del titolo originale “Sette Papi. Come io li ho vissuti”, più fedele al contenuto, dal momento che il noto teologo svizzero non è stato propriamente sempre “di fronte” ai Papi. Basti pensare a Giovanni Paolo II, che gli revocò la missio canonica (ovvero l’investitura della Chiesa cattolica a poter insegnare nel suo nome) e che rifiutò sempre di incontrarlo.

Il libro riprende e integra la corposa autobiografia di Küng, composta di tre volumi nell’edizione tedesca (“Libertà conquistata”; “Verità contestata”; “Umanità vissuta”) e di un unico tomo – approvato dall’autore – in quella italiana, ancora Rizzoli, intitolato “Una battaglia lunga una vita. Idee, passioni, speranze. Il mio racconto del secolo”. Così come nelle memorie, anche nel raccontare i rapporti personali e nell’esprimere le proprie considerazioni sui Papi della sua vita, Küng dimostra la raffinata capacità di parlare di sé e degli altri mantenendo una costante attenzione al contesto storico, solidamente radicata su di una conoscenza continuamente in divenire grazie allo studio, all’esperienza individuale e a una non ordinaria capacità di lettura dell’attualità. leggi tutto

Ayotzinapa. Una battaglia nella guerra dei nostri giorni

Claudio Ferlan - 25.02.2016

Nel corso del recente viaggio messicano, il papa non ha mancato di dedicare parte del suo tempo ai confratelli gesuiti. Limitato da un’agenda davvero incalzante, Bergoglio ha infatti trovato il modo di riunirsi con alcuni esponenti della squadra di governo della provincia messicana della Compagnia di Gesù. Guidati dal padre provinciale Francisco Magaña, i sei gesuiti che si sono incontrati con Francesco gli hanno consegnato una lettera scritta dai familiari dei quarantatré ragazzi di Ayotzinapa.

 

I desaparecidos

 

Il riferimento è alla vicenda datata 26 settembre 2014. In quell’occasione ottanta studenti di una scuola della città di Ayotzinapa (Messico meridionale) avevano partecipato a una manifestazione organizzata per raccogliere i fondi necessari a recarsi a Città del Messico, dove avrebbero dovuto intervenire alla commemorazione della strage di studenti avvenuto nel 1968 a Tlatelolco, un massacro premeditato, organizzato per reprimere il movimento studentesco e riconosciuto come tale solo trent’anni dopo i fatti. La rievocazione però costituiva anche l’occasione per un’azione di protesta contro il Partito della Rivoluzione Democratica e gli studenti di Ayotzinapa hanno conosciuto un destino simile a quelli di Tlatelolco. La loro manifestazione è stata repressa con violenza e crudeltà, ci sono stati molti spari, otto persone sono morte, leggi tutto

A cinquant’anni dalla morte. Camilo Torres, un prete guerrigliero simbolo di pace per la Colombia.

Claudio Ferlan - 04.02.2016

Abbiamo già ospitato su queste pagine alcune riflessioni sul processo di pace colombiano, un cammino intricato che cerca di mettere in dialogo costruttivo il governo e la guerriglia (FARC, ELN), con la mediazione della Chiesa: quella locale ma anche quella di Roma, guidata dal papa che proviene “dalla fine del mondo”. Nuovi passi sono stati fatti, passi concreti che trovano la propria forza nel valore della memoria.

 

Camilo Torres

 

Nel novembre scorso l’arcivescovo di Cali Darío de Jesús Monsalve ha sollecitato la necessità di una rivalutazione del nome di Camilo Torres Restrepo, prete guerrigliero caduto il 15 febbraio 1966. Camilo, ha evidenziato Monsalve, ha molto da dare, molto da insegnare a una Colombia che si sta muovendo sulla strada della riconciliazione, della verità e della giustizia di transizione.

Nato nel 1929 in una famiglia altolocata di Bogotá, Camilo Torres fu ordinato sacerdote nel 1952 e si spostò presto a Lovanio per studiare sociologia. Rientrato in patria, fu nominato cappellano dell’Università Nazionale, dove fu tra i protagonisti dell’apertura della prima facoltà di sociologia dell’intera America Latina. Promosse diversi progetti volti al riscatto dei settori più marginali della società colombiana, teorizzando la necessità urgente di un radicale cambiamento nell’organizzazione stessa del suo paese. L’iniziativa più rilevante fu la fondazione del Frente Unido del Pueblo (Fronte Unito del Popolo), un movimento che si opponeva alla “Grande Coalizione” di governo, leggi tutto

Se l’islamismo è una nevrosi. Per una terapia psicanalitica del fenomeno ISIS

Omar Bellicini * - 23.01.2016

La sconfitta del fondamentalismo di matrice islamista potrebbe non dipendere dall’azione degli eserciti o dalle mediazioni di qualche diplomatico, ma dalle considerazioni di un analista svizzero di inizio Novecento. Più precisamente, di Carl Gustav Jung: allievo di Freud e padre di una delle teorie psicanalitiche più ricche e fortunate. La tesi può sembrare provocatoria, ma merita attenzione. Il principio di partenza è piuttosto lineare: le società sono composte da persone; ergo: i disturbi che affliggono gli individui, se particolarmente diffusi, possono trasferirsi alla società nel suo complesso. L’assunto non appare rassicurante, ma ci sono implicazioni positive. La prima: se davvero il “male sociale” corrisponde a quello individuale, il metodo più efficace per sanarlo può essere lo stesso che viene impiegato per vincerlo nella loro dimensione soggettiva. Il che è già di per sé sorprendente. Lo è ancor di più se ci si focalizza su un aspetto piuttosto trascurato: a ben guardare, l’integralismo è una forma di nevrosi. Com’è ovvio, non lo si vuol ridurre a una mera devianza psicologica. È evidente che i fenomeni di massa siano determinati da un concorso di fattori, anzitutto storici ed economici. Tuttavia, è indubbio che il radicalismo islamico, nelle sue manifestazioni private come in quelle collettive, ricalchi molte delle intuizioni di Jung. La chiave è spinosa, poiché si presta meno di altre interpretazioni alle semplificazioni giornalistiche e alle strumentalizzazioni politiche cui siamo, nostro malgrado, abituati. leggi tutto

Perseguitati per la fede. Un dramma senza esclusive

Claudio Ferlan - 07.01.2016

La libertà religiosa è garantita in ambito internazionale dall’articolo diciotto della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo ed è assicurata in molte leggi fondamentali: bastino qui gli esempi del primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America o l’articolo diciannove della Costituzione italiana. Ciononostante, a una percentuale molto alta di donne e uomini non è consentito vivere e professare apertamente il proprio credo. Lo affermava il Pew Research Center nel bilancio presentato il 28 febbraio scorso, dove si suonava anche l’allarme per una situazione in sensibile peggioramento. Previsioni fosche che i primi resoconti del nuovo anno confermano a pieno.

Tutti abbiamo ben presenti movimenti terroristici come Boko Haram o Isis, abbiamo notizia delle violenze religiose in Kenya o in Somalia, ma in molti casi l’intolleranza è tutt’altro che fuori dalla legge. Guardiamo alla lista pubblicata dalla Organizzazione Non Governativa Human Rights Without Frontiers (HRWF), che segnala venti Paesi nelle cui carceri vi sono persone detenute per motivi religiosi: i cosiddetti FoRB (Freedom of Religion or Belief & Blasphemy Prisoners). L’elenco è lungo ma non esaustivo: Arabia Saudita, Azerbaigian, Bhutan, Cina, Corea del Nord, Corea del Sud, Egitto, Eritrea, Indonesia, Iran, Kazakistan, Laos, Pakistan, Russia, Singapore, Sudan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Non esaustivo perché leggi tutto

Rispetto delle culture e caricatura del rispetto

Paolo Pombeni - 01.12.2015

La polemica sulla presunta iniziativa del preside di un Istituto di Rozzano, Marco Parma, che è accusato di voler soprassedere alle celebrazioni del Natale con riferimenti al cristianesimo per rispetto delle altre religioni è la triste dimostrazione dell’incultura in cui siamo caduti. Tanto i difensori della presunta  preside  quanto le forze politiche che lo hanno contestato ne sono pervasi.

Va però notato che questa iniziativa che il preside Parma ha smentito arriva dopo un certo can can mediatico a seguito di altre iniziative simili che c’erano state in passato e dopo che la faccenda è stata lasciata correre anche troppo.

Non è una questione di religione, è una questione di storia e cultura e ci permettiamo di dire che alcuni rappresentanti della Chiesa Cattolica sbagliano nel non prendere le distanze da troppi interessati difensori delle radici cristiane, che lo fanno solo per speculazione politica (e che non sono credibili come difensori della fede e della civiltà).

Chiediamoci invece perché coloro che credono di essere all’avanguardia quando vorrebbero abolire una tradizione per il presunto rispetto di quelli che non ci si riconoscono sono semplicemente delle persone senza cultura che per di più mettono a rischio una delle più grandi conquiste dello sviluppo culturale dell’occidente, cioè il pilastro della “tolleranza”. La risposta è abbastanza semplice, ma purtroppo raramente viene sviluppata. leggi tutto