Ultimo Aggiornamento:
16 marzo 2024
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Strumento di pace? Il Vaticano tra Cuba e Colombia, un anno dopo

Claudio Ferlan - 28.05.2015
Raul Castro e Papa Francesco

La presenza della Santa Sede nelle azioni diplomatiche dell’America Latina è uno degli elementi fondanti l’azione sociale e politica del papa argentino. Un anno fa avevamo scritto, su questa testata, della spinta alla pace promossa da Francesco in due paesi chiave dell’area: Cuba e Colombia. Gli esiti che possiamo vedere oggi sono tra loro molto diversi, probabilmente anche inattesi.

 

Apertura cubana

 

È ben nota al lettore italiano la recente svolta segnata nelle relazioni internazionali di Cuba, così come è palese il riconoscimento del fondamentale contributo Vaticano alla sterzata. Il cardinale cubano Jaime Ortega y Alamino, raggiunti gli Stati Uniti per ricevere un dottorato honoris causa presso l’università gesuitica di Fordham (New York), non ha mancato di ricordare il contributo di Francesco alla riapertura delle relazioni tra i due (ex?) grandi nemici. Il cardinale ha rilevato come il papa sia impegnato nella costruzione di nuovi rapporti tra i paesi attraverso la forza della parola. Il suo pontificato lo prova. Ortega ha aggiunto che Bergoglio nei suoi colloqui con Obama ha sottolineato la centralità della questione cubana per la politica di Washington. I rapporti tra gli Stati Uniti e i paesi dell’America Latina passano necessariamente attraverso Cuba, avrebbe detto Francesco.

Nell’attenzione verso l’isola caraibica entra un elemento basilare del magistero del papa argentino: l’affermazione della dignità dell’uomo, un tema assai caro anche alla politica cubana. Ci sono dunque spazi di convergenza tra Roma e L’Avana. E ne abbiamo delle testimonianze tangibili: la visita di Raúl Castro a Bergoglio e la ferma volontà di Francesco che ha portato a modificare il programma del viaggio pontificio in America Latina, previsto nel futuro settembre, proprio per visitare l’isola caraibica. Qui i vescovi locali hanno deciso di salutarlo come “Missionario della misericordia”.

 

Chiusura colombiana

 

Nel commento del maggio 2014 scorso segnalavamo la centralità de L’Avana anche in virtù della scelta della capitale cubana come luogo di svolgimento dei negoziati tra i rappresentanti del governo colombiano e quelli delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo). Qui le cose si sono recentemente molto complicate. Lo scorso 22 maggio i guerriglieri hanno annunciato la sospensione del cessate il fuoco, in vigore dal dicembre 2014. La decisione è stata presa in seguito a due controffensive dell’esercito nazionale cui è seguita la morte di una trentina di combattenti. L’attacco del governo, a sua volta, era stato giustificato quale reazione alla morte di undici soldati e al ferimento di altri venti, vittime di un’incursione attribuita alle Farc, avvenuta lo scorso 14 aprile nel comune di Buenos Aires, regione di Cauca. Dopo la sospensione della tregua ci sono stati un paio di giorni di grande tensione ma lunedì scorso (25 maggio) i negoziati a L’Avana sono ripresi. Allo stesso tempo, però, l’esercito è stato mobilitato in previsione della possibile ripresa della guerriglia.

In questa delicatissima situazione si è levata decisa la voce del cardinale Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM): “Non ci devono essere più morti, nemmeno uno, in questa guerra assurda e senza senso”. Ha esortato poi i negoziatori di L’Avana a non alzarsi dal tavolo delle trattative. Come scritto, l’invito è stato accolto. Salazar ha poi aggiunto che Francesco sarà presumibilmente in Colombia nel 2017, in qualità di messaggero di pace. E da Francesco sarà presto in visita il presidente colombiano, Juan Manuel Santos, che sabato scorso ha annunciato la sua visita in Vaticano, dove “chiederò al Santo Padre di illuminarci e di chiedere a Dio che ci illumini anche Lui, che mi aiuti a prendere le decisioni giuste in questo momento così difficile per le nostre trattative”.

Un anno dopo, la centralità del ruolo di Bergoglio nelle vicende politiche latinoamericane non si è affatto perduta. Lo dimostrano sia le testimonianze delle sue azioni passate, sia le attese per quelle future.