Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Tre problemi e nessuna soluzione

Paolo Pombeni - 22.12.2021

I tre problemi più volte richiamati su queste colonne sono sempre lì senza che si intuisca qualche spiraglio di soluzione. Il fatto è che continuano ad essere affrontati separatamente dalle forze politiche che non hanno il coraggio di affrontarli insieme togliendoli dal loro intrico.

I tre problemi sono: la ricerca di una candidatura adeguata per il Quirinale; la decisione su come sistemare la guida del governo non solo nel passaggio in attesa delle elezioni, ma anche dopo; l’intesa su una legge elettorale che sia in grado di prendersi il carico dell’effetto del taglio dei parlamentari (e dell’attuale frammentazione politica).

È illusorio pensare che si possano risolvere le questioni in successione ed affrontandole una alla volta. Come infatti è evidente, la scelta per il Colle di un candidato condiviso il più possibile comporta decidere come si va avanti con l’attuale governo di larghe intese e siccome comunque vada ci sarà il problema delle elezioni al più tardi a primavera 2023 è necessario che i partiti sappiano con che regole si correrà per almeno immaginarsi come potrebbe andare a finire.

Lo si voglia ammettere o meno, tutto ruota attorno alla posizione di Draghi. Oramai lo si è messo in una situazione tale per cui o lo si nomina al Quirinale, leggi tutto

Una politica prigioniera dell’ambiguità

Paolo Pombeni - 15.12.2021

La storia infinita della preparazione per le elezioni quirinalizie mette in luce i limiti di partiti che sono nella loro maggioranza prigionieri delle pseudo-identità che si sono costruiti negli ultimi anni e che per uscire da queste posizioni poco fruttuose non riescono a fare altro che avvilupparsi nell’ambiguità.

La riprova più clamorosa si è avuta con la kermesse di Fratelli d’Italia sotto il titolo, incomprensibile ai più, di “Atreju”. Da un lato l’obiettivo piuttosto esplicito era mostrare come quel partito fosse pienamente legittimato come parte del sistema politico vigente, tanto da poter aprire un dialogo-show con tutte le altre componenti. Dal lato opposto nel suo intervento finale la leader Giorgia Meloni è tornata ai toni barricadieri del partito di alternativa netta contro tutto e contro tutti: con gradazioni e toni diversi (ma percepibili solo ad orecchie allenate), ma tali da confermare il proprio elettorato che si era poi quelli di sempre.

In maniera del tutto simile si stanno comportando gli altri partiti. Salvini alterna attacchi al governo a profferte di sé stesso come mediatore nella vicenda della successione a Mattarella. In Forza Italia non si riesce a decidersi se continuare ad essere i pretoriani di Berlusconi o il partito del conservatorismo ragionevole. leggi tutto

La crisi del cosiddetto “campo largo” a sinistra

Paolo Pombeni - 08.12.2021

La decisione dell’ex premier Conte di declinare l’offerta dei vertici PD a candidarsi per il seggio lasciato libero da Roberto Gualtieri è un segnale da non sottovalutare perché mette sotto i riflettori la crisi di quella strategia del cosiddetto “campo largo” che più che un progetto politico è stata ed è una ossessione dei dirigenti del Nazareno da Zingaretti in poi (ma ha anche illustri precedenti nella storia del PCI).

La rinuncia di Conte non dipende solo dal fatto che non è mai stato un cuor di leone, bensì un personaggio portato dalla fortuna in posizioni apicali, perse le quali è finito rapidamente ridimensionato. L’offerta dei vertici PD appariva onestamente un invito a rischiare l’osso del collo con la quasi certezza di rimettercelo. Il Collegio di Roma 1 era stato sì brillantemente vinto da Paolo Gentiloni e poi passato senza colpo ferire a Gualtieri, ma erano altre persone e altri tempi. Entrambi a Roma erano radicati come militanza politica anche di base, entrambi avevano potuto contare su confronti con avversari di modesto profilo in un collegio che viene presentato come “borghese” e dunque meno incline al populismo.

Nonostante questo Gualtieri aveva sì vinto le suppletive parlamentari col 62% di preferenze, ma con una partecipazione elettorale molto modesta, leggi tutto

Le incognite dell’elezione presidenziale

Luca Tentoni - 04.12.2021

La battaglia per il Quirinale è una delle poche competizioni politiche ricche di rigide regole non scritte, ma che riserva esiti quasi sempre imprevedibili. Ripartiamo dall’articolo pubblicato su questa rivista il 22 novembre 2014 per delineare i fattori, le consuetudini e i piccoli particolari determinanti per la scelta del Capo dello Stato. Anche in questa occasione è azzardato avventurarsi in pronostici che dipendono da molti fattori ma, soprattutto, dagli umori dei mille e più "grandi elettori". Con la riforma costituzionale sul “taglio” dei parlamentari, questa volta sarà l'ultima con un collegio elettorale così folto (630 deputati, 315 senatori più quelli a vita e di diritto, 58 delegati regionali): la prossima volta saranno in tutto poco più di 660, al posto degli attuali mille. Possiamo tracciare alcune caratteristiche che serviranno ai partiti (e agli eventuali "franchi tiratori") per orientare le proprie scelte. Durante la Prima Repubblica c'era la regola dell'alternanza fra i democristiani e gli altri. Era concepita come un equilibrio di medio-lungo periodo, perché abbiamo avuto elezioni consecutive di non Dc (1946 e 1948: De Nicola, Einaudi), di democristiani (1955 e 1962: Gronchi, Segni), ancora di Dc (1985, 1992: Cossiga, Scalfaro) e di non Dc (1999 e 2006-2013: Ciampi, Napolitano) per concludere con un altro Dc (2015: Mattarella). La vera e propria alternanza “perfetta” ha avuto luogo leggi tutto

A congelare tutto non si risolve nulla

Paolo Pombeni - 01.12.2021

È singolare questo vasto consenso nel voler congelare tutto. A parte Giorgia Meloni, tutti gli altri leader politici si proclamano granitici nel voler tenere Draghi a Palazzo Chigi. Si sprecano i riconoscimenti alla sua statura, gli avvertimenti sulla delicatezza del momento tanto sul piano della lotta alla pandemia quanto su quello dell’avvio del PNRR. Poi si va a vedere come questi partiti che così tanto amano il premier collaborano a gestire l’attuale passaggio delicato e lì non è che si trovino le conferme che uno si aspetterebbe.

La legge di bilancio è una cartina di tornasole piuttosto eloquente. Nessun partito rinuncia alle sue bandierine, ma soprattutto in generale ognuno spinge per incrementare la spesa pubblica secondo una logica antica per cui quella è un pozzo senza fondo. Del resto se il rapporto deficit/Pil nel 1993 era al livello, all’epoca registrato come terribilmente preoccupante, del 118,6% ed oggi sfioriamo senza particolari allarmi il 130% qualcosa vorrà pur dire.

In un clima del genere immaginarsi che mantenere Draghi alla testa del governo significhi una vera convergenza su una linea politica condivisa ci pare esercizio arduo. Non si dica neppure che evitare un cambio alla testa dell’esecutivo significa portare la legislatura alla scadenza naturale del marzo 2023, perché nessuno può dare leggi tutto

Non è con la tattica politica che si risolveranno i problemi dell’Italia

Paolo Pombeni - 24.11.2021

Che il nostro paese abbia un bel po’ di problemi, lo sanno quasi tutti. Molti ce li trasciniamo dietro da decenni, altri si sono acuiti per la disgraziata contingenza della pandemia di Covid 19 ancora presente e per certi aspetti ancora da capire in tutte le sue implicazioni. Eppure la politica sembra appassionarsi solo al tema della scelta del successore di Sergio Mattarella, neppure tanto per la consapevolezza dell’importanza di avere al Quirinale un presidio per la tenuta del sistema, quanto piuttosto nella convinzione che con quella “operazione” si possa uscire da uno stallo generalizzato che interessa il quadro attuale dei partiti.

Definire miope quest’ottica è persino riduttivo. Mentre in una quota significativa dei gruppi dirigenti si comincia a chiedersi come si farà a gestire l’opportunità offerta dai soldi del Recovery europeo visto lo stato poco edificante in cui si trovano ampie filiere importanti delle nostre istituzioni, si continua a bombardare l’opinione pubblica con il toto nomi per il sommo Colle e ad appassionarsi nell’analisi su chi riuscirà ad approfittare del grande marasma che promette un parlamento balcanizzato e in una quota non banale rappresentato da personaggi di assai scarso spessore (dispiace dirlo, ma è un tema che andrebbe esplicitato, almeno per mettere leggi tutto

Il grande garbuglio

Paolo Pombeni - 17.11.2021

Il dibattito sulle elezioni quirinalizie non conosce soste. Chi come Letta sostiene che si rinvii la discussione a gennaio parla di una vaga buona intenzione: al massimo potrebbe ottenere che se ne discutesse un po’ meno in pubblico, cosa peraltro difficilissima di questi tempi.

La realtà è che è tutto un grande garbuglio, una specie infinita di cosiddetti “commi 22”, quelli dove la prima affermazione viene contraddetta radicalmente dalla seconda. In più nel quadro di un sistema che continua a sfarinarsi alle prese con la “diversità” del governo di Mario Draghi, che non è solo di emergenza, ma è sostenuto da un impegno per l’utilizzo fruttuoso della montagna di soldi che si pensa in arrivo dal Recovery europeo.

I partiti sono sempre più in affanno. Letta ha provato, con una intuizione che gli va riconosciuta, a proporre di rappattumare in qualche modo i cocci. Prima si discuta fra i capi partito e Draghi la legge di bilancio e poi si affronterà insieme il problema delle modalità per scegliere il candidato per il Quirinale. Significherebbe tornare in qualche modo alla “repubblica dei partiti” e infatti tutti i diversi leader si sono detti interessati. Vorrebbe però anche dire smontare la caratteristica del premier Draghi, che non sarebbe leggi tutto

Domande a cui i partiti non vogliono rispondere

Paolo Pombeni - 10.11.2021

Stacchiamoci un attimo dal totonomi per il Quirinale, che è sempre più un gioco di “influencer” che sperano di farsi dei meriti sostenendo questo o quello. Le questioni più importanti sono altre e dipendono da domande che i partiti politici si rifiutano di prendere in considerazione.

La prima riguarda come si pensa di continuare a tenere insieme questa maggioranza larghissima che quasi tutti giudicano imprescindibile per la messa sui giusti binari del PNRR. Una almeno relativa coesione nazionale si stenta a vedere. Tutti rincorrono il mantenimento e l’allargamento del proprio bacino di consenso, come si nota benissimo dai vari interventi sulla legge di bilancio. Non c’è un clima diverso rispetto al solito: ciascuno punta a tutelare qualche sacca di privilegio, grande o piccolo che sia, e le alleanze sono più che altro “competitive” nel disputarsi il consenso di qualche settore specifico.

Forse si sarà colto che, per esempio, da un lato si manifesta qualche preoccupazione perché il rialzarsi dell’inflazione erode le possibilità di spesa di molte famiglie, e poi si continua a spingere nella politica dei “bonus” tipo quello per le terme che invero non ci sembra un prioritario obiettivo di rinascita. Ma è solo un esempio, basta spulciare le cronache e leggi tutto

La corsa al Colle

Luca Tentoni - 06.11.2021

Il dibattito sull'elezione del Capo dello Stato è iniziato da alcune settimane, praticamente quando alla riunione dei Grandi Elettori mancavano ancora tre mesi. Si sono fatte molte ipotesi: troppe, bruciandone alcune e lanciandone altre che hanno suscitato speranze malriposte o infondate. Persino Berlusconi, ottantacinquenne, si augura (vanamente, si auspica) di essere eletto con i voti del destracentro e magari di un Renzi al quale, dal Colle, potrebbe essere tentato di "donare" Forza Italia (forse è fantapolitica, forse no). Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla disputa sul "semipresidenzialismo" innescata dalle frasi di Giorgetti inserite nell'ennesimo libro natalizio di Vespa. Sebbene il semipresidenzialismo non sia un'istituzione "di fatto" ma abbia le sue regole e la sua interpretazione più pura e importante in Francia, si crede che la semplice azione del Quirinale - sia pure autorevole, nel caso dei governi ispirati dal Colle come l'Esecutivo Draghi - si possa in qualche modo appena solo accostare a quella d'Oltralpe. Un'eresia, dal punto di vista dottrinale. Vero è, invece, che i poteri del nostro Capo dello Stato sono "a fisarmonica" e che dunque si possono espandere ma mai fino a fare del Presidente del Consiglio il proprio Primo ministro, una sorta di valletto del Presidente della Repubblica. Anche perché, com'è leggi tutto

Successione al Quirinale: una questione delicata

Paolo Pombeni - 03.11.2021

Si sta esagerando nel ridurre il problema della successione a Mattarella ad una questione di competizione fra i partiti. La vicenda dell’affossamento del DDL Zan, ampiamente prevedibile e prevista, ha innescato un’esplosione di più o meno sacri furori nelle varie componenti parlamentari che sono subito corse a proiettarli sulle prossime elezioni quirinalizie.

Nell’ottica dei dibattiti a cui assistiamo sembra che tutto si riduca a decidere se sia possibile utilizzare questo passaggio per stabilire quale sia la “coalizione” (termine sicuramente eccessivo) che può ambire a guidare il paese anticipando le prossime elezioni o se convenga trovare una soluzione di tregua momentanea puntando su una figura abbastanza “neutra” in modo che possa poi adattarsi al risultato che emergerà al più tardi dalle urne del 2023.

Tutto è nascosto sotto un involuto dibattito sulla scelta fra tenere Draghi alla guida del governo perché avvii in maniera più compiuta il PNRR o l’inviarlo sul Colle perché metta la sua statura internazionale a servizio della credibilità dell’Italia. C’è una buona dose di ipocrisia in questo modo di porre il problema. Innanzitutto perché per consentire davvero che l’attuale premier riesca nell’operazione di dare un solido avvio al PNRR sarebbe necessario che i partiti fossero disposti a lasciarlo lavorare leggi tutto