Ultimo Aggiornamento:
17 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

Tre problemi e nessuna soluzione

Paolo Pombeni - 22.12.2021
Mattarella 20 dicembre

I tre problemi più volte richiamati su queste colonne sono sempre lì senza che si intuisca qualche spiraglio di soluzione. Il fatto è che continuano ad essere affrontati separatamente dalle forze politiche che non hanno il coraggio di affrontarli insieme togliendoli dal loro intrico.

I tre problemi sono: la ricerca di una candidatura adeguata per il Quirinale; la decisione su come sistemare la guida del governo non solo nel passaggio in attesa delle elezioni, ma anche dopo; l’intesa su una legge elettorale che sia in grado di prendersi il carico dell’effetto del taglio dei parlamentari (e dell’attuale frammentazione politica).

È illusorio pensare che si possano risolvere le questioni in successione ed affrontandole una alla volta. Come infatti è evidente, la scelta per il Colle di un candidato condiviso il più possibile comporta decidere come si va avanti con l’attuale governo di larghe intese e siccome comunque vada ci sarà il problema delle elezioni al più tardi a primavera 2023 è necessario che i partiti sappiano con che regole si correrà per almeno immaginarsi come potrebbe andare a finire.

Lo si voglia ammettere o meno, tutto ruota attorno alla posizione di Draghi. Oramai lo si è messo in una situazione tale per cui o lo si nomina al Quirinale, decidendo però che fare col governo, o si vede come farlo restare a dirigere il governo in un ruolo che non sia quello di chi pesta l’acqua in un mortaio attendendo le future elezioni. Che non si possa tenerlo a Palazzo Chigi dopo averlo scartato per il Colle senza dargli al contempo un ruolo che vada oltre la gestione di poco più di un anno nel migliore dei casi per una politica lasciata alle zuffe pre-elettorali dei partiti sembra che alla fine l’abbia capito anche il “Financial Time”.

Il fatto è che i partiti, tutti, sono restii a riconoscere questo ruolo stra-ordinario all’attuale premier tanto nella prima, quanto nella seconda ipotesi. Del resto per sistemare la faccenda i leader politici dovrebbero trovare una personalità simil-Draghi da mettere al Quirinale, la quale potesse poi dare garanzie, certo relative come è sempre in politica, di coprire l’attuale premier sia nel portare a termine la legislatura sia nell’avere un ruolo centrale nella prossima. Qualcosa che somiglia al classico problema insolubile della quadratura del cerchio, perché significherebbe che i partiti attuali accettano di vedere ridimensionato il loro ruolo.

Una decente nuova legge elettorale rasserenerebbe l’aria. Se infatti si andasse oltre un’impostazione che obbliga a coalizioni nazionali, come in parte avviene anche con l’attuale Rosatellum e come alcuni propongono anche per il sistema futuro, si scioglierebbe la necessità di tenere insieme le coalizioni future, cioè centrodestra e centrosinistra, già durante le elezioni per il Quirinale. Una legge di tipo ragionevolmente proporzionale, cioè che evitasse di spingersi come troppo spesso si fa in questi casi ad agevolare la formazione di un gran numero di partitini, consentirebbe ai partiti attuali di giocare ciascuno in autonomia il proprio ruolo e dunque di essere liberi di combinare le forze anche in modo trasversale nella partita per il Colle. Renderebbe anche meno forte l’attesa delle prossime elezioni come uno scontro obbligato fra guelfi e ghibellini, sicché renderebbe meno immaginabile l’esito con una vittoria “totale” di una parte e dunque meno attrattivo correre a rischiare un esito poco prevedibile.

I partiti sono però in difficoltà per un accordo su una nuova legge elettorale a causa dell’attuale frammentazione parlamentare, complicata dalla prospettiva di una elezione che metterà a disposizione 345 seggi in meno di quelli attuali. Con una situazione del genere, una riforma può passare solo con un largo consenso fra i partiti maggiori e questo è al momento lontano.

Questo già complicato frangente è reso ancor più difficilmente governabile dal riaccendersi della pandemia. L’aumento dei contagi, la presenza di nuove varianti ancora non del tutto analizzate, costringono a gestire l’impiego di strumenti di contenimento che non vengono accolti sempre con fiducia: in alcuni casi per i riflessi che hanno su alcuni settori della vita economica come il turismo e gli intrattenimenti, in altri per l’illusione, dominante spesso in circostanze del genere, che se si nega l’esistenza di un problema, questo si risolverà da solo.

È così che andiamo a chiudere questo travagliato 2021, con una contraddizione abbastanza curiosa: mentre all’estero si guarda con un certo stupore e ammirazione ad un’Italia che si è ripresa e che va meglio degli altri sul piano dell’economia, a casa nostra sembra crescere lo spaesamento che spinge ad accentuare tutte le possibili differenziazioni.

Da questo punto di vista la vicenda della ricerca del successore di Mattarella si sta svolgendo in una maniera che, temiamo, aumenterà la sfiducia della popolazione verso una classe politica che appare più interessata ai giochi d’azzardo per vedere chi risulterà più “furbo” degli altri piuttosto che a convergere sulla individuazione di una persona che sia in grado di “tenere insieme” un Paese destinato ad affrontare ancora prove più che impegnative.

Mattarella nel suo discorso del 20 dicembre alle Alte Cariche ha voluto mandare agli italiani un messaggio di speranza ricordando che, come aveva auspicato nel discorso di fine 2020, si sta andando avanti col tempo dei costruttori. Vediamo di tenerne conto, almeno come omaggio a colui che si è rivelato un grande presidente in un momento davvero drammatico.