L’Asia orientale: tra cinema, politica e storia
Il Far East Film Festival che si tiene annualmente ad Udine e che rappresenta una delle realtà più interessanti e dinamiche relative alle novità della cinematografia asiatica, ha presentato tra l’altro nel corso della sua edizione del 2016 due interessanti pellicole in cui si intrecciano politica, storia e cinema. Può dunque essere interessante spendere qualche parola su tali pellicole,prescindendo ovviamente dal loro valore prettamente artistico e culturale.
*Gli amanti ed il despota: squarci dalla Corea del Nord
Il primo film (in realtà un documentario) è opera dei britannici Ross Adam e Robert Cannan. Esso descrive, anche sulla base di interviste ai protagonisti e di rare immagini di repertorio, la incredibile ma vera vicenda di cui nel 1978 furono vittime il regista e produttore sudcoreano Shin Sang-Ok e l’attrice, nonché ex moglie di Shin, Choi Eun-Hee. Shin e Choi furono infatti rapiti, separatamente, su ordine di Kim Jong-Il (1941-2011), figlio di Kim Il-Sung, fondatore della Repubblica democratica popolare di Corea (Corea del Nord), e padre dell’attuale leader nordcoreano Kim Jong-Un. L’obiettivo che avrebbe spinto Kim Jong-Il al sequestro fu la forte volontà di rilanciare l’industria cinematografica norcoreana la quale – come viene affermato in una scena del film – era ancora ferma ai primi passi mentre quella sudcoreana aveva compiuto passi da gigante.
Shin e Choi rimasero nella Corea del Nord per 8 anni: dopo alcuni anni trascorsi in un campo di lavoro finsero – come viene narrato – di accettare l’idea di avere rivisto le proprie idee, furono “liberati” e Shin si impegnò a firmare vari film per il “despota”.
Nel 1986 alla coppia fu concesso per la prima volta di lasciare la Corea del Nord per recarsi all’estero, ovviamente ben sorvegliati, per partecipare ad un festival cinematografico a Vienna. Lì, dopo varie peripezie, riuscirono – come narra Choi nell’intervista – a seminare i controllori e a dirigersi verso l’Ambasciata degli Stati Uniti dove ottennero asilo.
Come è stato in più occasioni sottolineato dalla stampa internazionale e discusso nel volume di Paul Fischer del 2015[1], l’amore per il cinema era una delle grandi passioni di Kim Jong-Il: una passione nata e cresciuta sin dagli anni Settanta in quanto supervisore della propaganda del Partito del Lavoro di Corea, che lo aveva portato a ritenere che il cinema fosse la perfetta combinazione di tutte le forme d’arte esistenti e, pertanto, a considerare la cinematografia come uno strumento di traino del lavoro artistico e culturale nel paese.
Tra l’altro, egli scrisse anche tra l’altro un libro sull’argomento, dal titolo The Art of Cinema, pubblicato a Pyongyang nel 1989.
*Politica e ombrelli: quale futuro per Hong Kong?
L’altra pellicola presentata a Udine è Ten Years, opera (2015) di un gruppo di registi di Hong Kong, che raccoglie 5 brevi storie – ognuna firmata da un regista – al cui centro tra realtà e fantasia è il futuro dell’isola tra dieci anni (e dunque nel 2025). Prodotto con risorse limitate, il film ha riscosso un successo inaspettato ma è stato duramente criticato da Pechino e di fatto bandito. Ng Ka-leung, uno dei 5 registi nonché l’ideatore del progetto, ha spiegato che Ten Years ha come obiettivo di porre all’attenzione di tutti il mix di indottrinamento ideologico e culturale e di crescenti problemi sociali cui gli abitanti di Hong Kong rischiano di dover sempre più trovarsi di fronte in futuro. Ng ha altresì sottolineato come i vari movimenti di protesta succedutisi in questi anni, a cominciare dallo Umbrella Movement del 2014 (un movimento di protesta democratica e di dissobedienza civile che prese per l’appunto il nome dall’ombrello in quanto simbolo di sfida e di resistenza da parte dei dimostranti nei confronti della polizia) non sono purtroppo riusciti a modificare sostanzialmente la situazione, per cui è fondamentale utilizzare ogni strumento per risvegliare le coscienze.
Le 5 storie si snodano su di uno sfondo socio-politico cupo, in cui si intrecciano vari temi ed episodi: gli sforzi per salvare gli oggetti più cari dalla distruzione da parte dei bulldozers delle abitazioni; un tentativo di assassinio orchestrato dalle autorità per convincere l’opinione pubblica dell’assoluta necessità di sostenere una legge sulla sicurezza nazionale; l’imposizione crescente dell’uso della lingua cinese ufficiale (mandarino) al posto della lingua/dialetto locale; i problemi che incontrano i commercianti nel momento in cui vendono uova con la scritta “uova locali” (scritta non autorizzata) invece che “uova di Hong Kong”; e in conclusione la tragica fine di una vecchia signora che si auto-immola tenendo in mano un ombrello, davanti al Consolato britannico, per protesta contro l’arresto e poi la morte in prigione in seguito alla sciopero della fame di un giovane arrestato in seguito alla promulgazione della Legge sulla Sicurezza Nazionale.
[1] Paul Fischer, Una produzione Kim Jong-Il. La storia incredibile ma vera della Corea del Nord e del più audace rapimento di tutti i tempi, Bompiani 2015 (edizioni originale statunitense, 2015)
* Professore Ordinario di storia della Cina all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia
di Paolo Pombeni
di Guido Samarani *
di Angela Maltoni *