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Lo scoglio imprevisto

Paolo Pombeni - 19.03.2015
Maurizio Lupi

Proprio quando i dati economici sembravano segnare un punto a favore della politica del premier Renzi (soprattutto la percezione di una rimessa in moto dell’occupazione certificata dalle richieste all’INPS di accesso ai benefici del Jobs Act) sul sentiero del governo è arrivato lo scoglio imprevisto del nuovo caso di corruzione in cui è coinvolto, sia pure non sul piano penale (almeno fino ad ora) il ministro Lupi.

Non si tratta di un caso paragonabile, come è stato fatto, a quello di due ex membri del governo, Cancellieri ed Idem. Non è questione infatti che possa semplicemente essere ricondotta alla valutazione sulla opportunità di una condotta, perché nel caso del ministro Lupi ci sono in gioco due fattori che trascendono il caso personale: la tenuta del partito del NCD e la tenuta del governo Renzi. Cancellieri ed Idem non ponevano problemi di quel tipo.

Certamente da un punto di vista generale qualche perplessità sul comportamento del ministro non può non sorgere. L’accettazione di regali (l’orologio da diecimila euro al figlio, i vestiti di sartoria a lui e al suo entourage) da parte di funzionari  e persone che occupavano posizioni delicate e sotto il suo controllo è quantomeno un modo di agire disinvolto, soprattutto dopo che da anni ci sono disposizioni che vietano l’accettazione di regali che superino il valore di un centinaio di euro o giù di lì. Si scopre che addirittura lo stesso ministro avrebbe firmato una disposizione in quel senso e dunque è un po’ sorprendente che non ne abbia tenuto conto per quanto riguardava il comportamento suo e dei suoi congiunti.

Tuttavia, come dicevamo, a rendere complicato l’episodio è il fatto che il ministro Lupi è un autorevole esponente non solo del partito di Alfano, ma delle componenti del vecchio PDL che ritennero inevitabile scindersi dalla leadership berlusconiana. Ora NCD non viaggia in buone acque ed ha davanti una scadenza elettorale che rischia di metterne a nudo la debolezza se non addirittura la marginalità. Vedersi infilati nel tritacarne mediatico di una storia di corruzione non è certo un buon viatico per futuri successi elettorali e soprattutto potrebbe facilitare la scelta di Berlusconi di tenersi aggrappato alla Lega di Salvini, piuttosto che rinunciare a quell’approdo forte per sostenere un piccolo partito che rischia l’insuccesso elettorale.

C’è naturalmente da chiedersi se a recuperare la situazione sia sufficiente far quadrato intorno a Lupi, che certo ha il vantaggio di essere considerato in genere come un politico per bene. Il fatto è che di questi tempi non basta essere per bene, bisogna anche dimostrare di saper reggere il potere di governo, e questo non si può dire di un ministro che, a stare alle intercettazioni, sembra proprio succube del potere di un alto funzionario in più molto chiacchierato.

E’ a questo punto che la faccenda si intreccia con i problemi di Renzi vertice dell’esecutivo. Il momento non è facile per lui: deve affrontare le fibrillazioni di una opposizione sulla sua sinistra che ha un certo seguito nel paese, nonché le manovre dei vecchi gruppi di potere consolidatisi nei vari passaggi dall’ ex PCI all’attuale PD; ha un contenzioso aperto con una lobby potente come sono i vertici del sindacato della magistratura; deve fare i conti con un orizzonte internazionale molto tempestoso.

Come dimostra il caso delle primarie per la candidatura a sindaco di Venezia, gli scandali hanno un duplice effetto: allontanano dalla partecipazione politica larghe quote di cittadini interessate ad una gestione efficace della crisi attuale; esaltano il potere delle frange radicali che trovano nella mitologia della lotta ai corrotti un efficace collante e che diventano predominanti.

In questo clima l’arma di minacciare il ricorso anticipato alle urne sta perdendo mordente. Innanzitutto perché è impensabile che possa farlo prima che si tengano le amministrative il prossimo 31 maggio (non ci sarebbero nemmeno i tempi tecnici per riunire le due scadenze). In secondo luogo perché il farle dopo significa non solo combatterle alla luce di quello che sarà il risultato di quella tornata che è dubbio possa essere un chiaro trionfo del renzismo, ma anche farlo dopo due mesi di possibile logoramento visto che la vicenda giudiziaria è agli inizi e, se valgono i precedenti, di solito è nel prosieguo che escono i pezzi forti.

In terzo luogo andare ad elezioni anticipate significherebbe non solo votare con una legge elettorale piuttosto inaffidabile, ma dover ricominciare da zero tutto l’iter delle riforme e doverlo fare con un parlamento che potrebbe anche essere ancor meno governabile dell’attuale.

Come si vede Renzi e i suoi hanno davanti un autentico rebus. Difficile dire come lo risolveranno, perché, ancora una volta, molto, troppo, dipende dagli imprevisti che a catena scaturiranno da quanto è successo ora. Si dice che il premier sia un asso nel navigare a vista, ma è troppo avanti nel suo percorso di governo perché questo si riveli un asso vincente.