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17 aprile 2024
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Le tante "Italie" del 4 marzo (2)

Luca Tentoni - 24.11.2018
Mannheimer - Italie

Il voto del 4 marzo scorso per il rinnovo di Camera e Senato non è soltanto il prodotto di una congiuntura politica, sociale, economica, ma di movimenti molto profondi che hanno interessato l'Italia e che sono giunti al punto attuale dopo anni, forse decenni, di evoluzione e sedimentazione. In questa seconda puntata del viaggio nelle "più Italie" non ci occupiamo dei risultati delle elezioni del 2018 e neppure della loro riconducibilità diretta a status socio-economici. Tuttavia, come si vedrà, l'esito del voto è sempre in qualche modo presente nel filo che seguiremo, quello del ragionamento di Renato Mannheimer e Giorgio Pacifici sulla "sociologia del plurale" ("Italie, sociologia del plurale", Jaca Book). In effetti, come scrivono gli autori, "la lettura del sistema politico italiano si presenta assai più difficile di quello che poteva essere trenta o anche soltanto venti anni fa. L'assetto del nostro paese è divenuto ancora più complesso di quanto fosse in passato e assai meno sistemico. È meno rilevante il peso delle ideologie, ma anche inevitabilmente quello di ogni insieme di valori che pretendesse di avere una validità generale"; nello stesso tempo, "i vincoli all'interno delle singole componenti e tra le diverse componenti del sistema socio-politico si sono allentati, sino in certi casi a scomparire del tutto". La classe dirigente è entrata in una crisi di autorevolezza, "di adesioni e di partecipazione; un'ulteriore perdita di importanza delle ideologie, che spesso ha dato luogo alla loro sostituzione con cluster di disvalori (egoismo assoluto, xenofobia, razzismo, omofobia, ptokofobia o paura dei poveri)". Poiché, come si diceva, il corpo sociale è disomogeneo ed è dotato di una certa viscosità, "le trasformazioni dei suoi comportamenti avvengono in tempi relativamente lunghi". Il volume ripercorre le evoluzioni di quelle che potremmo definire "famiglie o categorie sociali" nell'arco degli ultimi decenni, ormai ben diverse da quelle descritte più di quaranta anni fa da Paolo Sylos Labini nel suo celebre "Saggio sulle classi sociali". Come afferma Mannheimer, "se si faceva una mappatura della società italiana di quegli anni si potevano scorgere con una certa chiarezza i contorni di alcuni grandi contenitori sociali che potevano essere definiti come Area del benessere, Area della garanzia, Area della creatività, Area dell'incertezza e Area del malessere". Come si sono evoluti? L'Area del benessere, che conteneva i gruppi sociali proprietari della maggior parte della ricchezza nazionale era formata, all'inizio degli anni Novanta, da circa 6 milioni di persone; con la fine della Prima repubblica e poi con la crisi economica del 2007, "sono stati favoriti i grandi redditieri e per converso sono state colpite maggiormente le fortune meno rilevanti, soprattutto la parte superiore dei ceti medi", così l'area si è divisa in una parte superiore (Area della ricchezza) "e con il ritorno delle frange inferiori ad un'area meno affluente" (Area della garanzia). La prima (Ricchezza) costituisce l'1% della popolazione; "l'orientamento politico non è e non potrebbe essere unitario. Le componenti proprietarie (case, terreni) sono orientate verso la difesa dei propri interessi economici, mentre le componenti imprenditoriali e professionali manifestano almeno in apparenza un certo interesse per i grandi temi della solidarietà internazionale". L'Area del benessere, invece, è composta da circa il 9% degli italiani che possiede il 40% della ricchezza nazionale e dall'ulteriore 10% che dispone di un altro 14% di ricchezza. Questo è il gruppo che ha subito "senza ammortizzatori la crisi italiana; la ricchezza in gran parte investita nel settore immobiliare ha subìto lo scoppio della bolla speculativa, ma anche i titoli di Stato e i fondi di investimento non hanno costituito un paracadute sufficiente". L'orientamento politico "è in larga parte riformista, come dimostra il voto al centrosinistra espresso dai quartieri alti anche in città conquistate dai movimenti populisti, ma un'ampia parte (commercianti, dirigenti pubblici) esprime un orientamento moderato-conservatore". C'è poi l'Area della creatività, "lo spazio virtuale nel quale operano e interagiscono individui e gruppi in grado di portare emozione e innovazione nell'ambiente e di interpretare il processo di metamorfosi del Paese e di apportare benessere all'economia". L'orientamento "è generalmente a sinistra, anche se i legami con i partiti della sinistra sono oggi assai meno forti che cinquanta o venticinque anni fa. È diffuso un certo risentimento nei confronti della sinistra riformista per l'assenza o inadeguatezza di provvedimenti a favore della cultura e della ricerca". Questo gruppo, che all'inizio degli anni Novanta era formato da 300 mila persone (un milione con i familiari) si è andato assottigliando. L'Area della garanzia, della quale abbiamo già sommariamente parlato, è molto ampia: "è formata da tutti i gruppi forniti di un reddito adeguato e costante, quindi provvisti di una sicurezza economica che li pone anche psicologicamente al riparo rispetto agli eventi economici e sociali: oggi si può valutare intorno a 20 milioni di persone". Esprime una certa solidarietà sui grandi temi internazionali (povertà, emigrazione), ma la sua parte meno favorita e protetta (i net-workers) è caratterizzata da "indifferenza, delusione, disamore, incredulità nei confronti dei sindacati". C'è poi l'Area dell'incertezza, dove nel 2000 erano 12 milioni di italiani, "ma oggi sono probabilmente più di 15", che si è "in gran parte schierata con le nuove forze politiche populiste, anche se permangono dei gruppi orientati a sinistra ma non afferenti alla sinistra riformista". Infine, c'è l'Area del malessere, "separata, ma contigua alle altre aree sociali, formata da gruppi contrassegnati da insoddisfacenti livelli di reddito, vaste sacche di disoccupazione e sottoccupazione permanente: più di 3 milioni secondo i calcoli, ma circa 7 secondo il CNEL"; questo gruppo "è decisamente populista, i feudi della sinistra sono stati espugnati, ma permangono orientamenti di sinistra fra i pensionati". Sin qui, le classificazioni degli studiosi, Ma come si autopercepiscono gli italiani? Nelle interviste analizzate da Mannheimer e Pacifici, solo lo 0,3% si definisce di classe alta (l'area della ricchezza), il 4% medio-alta. La maggior parte degli intervistati, "com'era facile attendersi, preferisce la collocazione mediana; definirsi classe media è la risposta più facile e condivisa, data dal 73% del campione. Il che ci suggerisce una sorta di appiattimento diffuso nella percezione soggettiva della distribuzione delle classi sociali, una sorta di indicazione rifugio". Ma, "oltre a questa pancia della società italiana c'è anche una relativamente larga base della struttura sociale; il 17% si definisce di classe medio-bassa: anziani, meridionali, con un basso di titolo di studio, pensionati". il quadro che emerge "è quello di un'Italia divisa, con una distribuzione delle classi sociali della forma di un otre, con un vertice piuttosto stretto, una grossa pancia e un settore sottostante più contenuto ma comunque relativamente ampio. E, di fatto, una scarsa mobilità tra queste sue diverse parti". In questa società attuale, concludono gli autori "("società dell'incertezza", avrebbe detto Bauman) i giovani sentono di essere la nuova Area del disagio, nella quale questo non è dovuto soltanto alla mancanza di un lavoro stabile, utile e gratificante, ma soprattutto all'assenza di una prospettiva che ridia un senso preciso alla loro esistenza. Sono proprio questi giovani, che Guy Standing, non riferendosi all'Italia ma all'intero Occidente", identifica come la "nuova classe pericolosa", un "precariato anonimo figlio della globalizzazione dell'economia". Il volume di Mannheimer, andando alla ricerca delle nuove classi sociali, disegna il Paese che è andato al voto nel marzo scorso, senza flussi o percentuali, ma identificandone i contorni in modo accurato e guardandolo da una prospettiva diversa, ma convergente con quella delle analisi prettamente politologiche. (2-Fine)