La saggezza di un politico “senior”
In questa fase giovanilista della nostra stagione politica non si può richiamare l’antica fiducia nella saggezza dei vecchi. Il termine “vecchio”, anzi persino quello “anziano” suona tutto sommato sminuente. Eppure è proprio la lunga esperienza quella che permette al presidente Giorgio Napolitano di affrontare con grande determinazione la difficile congiuntura in cui si trova ad operare.
Nella sua lettera di ieri al “Corriere” c’è molto della saggezza maturata con l’età e soprattutto con l’essere stato testimone di una lunga stagione, più di sessant’anni, della nostra vita politica. E’ grazie a questa esperienza che il Presidente non solo riesce a non farsi travolgere emotivamente da “fatti, atteggiamenti, intrighi” assai poco piacevoli, ma riesce a guardare con positività a questa stagione certo confusa ,ma anche ricca di fermenti di cambiamento.
Non si può leggere senza un moto di profonda partecipazione e solidarietà la sua denuncia di una “persistente estrema resistenza che viene dagli ambienti più disparati all’obbligo nazionale e morale di garantire la continuità dei percorsi istituzionali”. Chi segue le vicende di questi mesi tormentati sa bene a cosa alluda il presidente, con la sua prosa sempre misurata che talora può suonare aulica, ma che testimonia invece del suo senso dello stile rispetto al non facile ruolo che riveste: un ruolo che egli sa bene perderebbe di qualità se venisse immiserito dal ricorso alle fantasmagorie della retorica comiziante che va così di moda.
Napolitano è peraltro chiaro e tocca i tre punti dolenti della situazione attuale. Il primo è lo scatenarsi di “reazioni virulente” contro la realizzazione delle ampie collaborazioni politiche, al di là del tradizionale confine della maggioranza di governo, per la realizzazione del cambiamento politico. Il secondo è “l’imprescindibile avvio di riforme economico-sociali e istituzionali già troppo a lungo ritardate”. Qui non sfuggirà che il Presidente invoca larghe intese anche sul versante economico-sociale, ben sapendo che pure su quel terreno non si arriva a risultati apprezzabili senza un consenso ampio da proporre al paese. Il terzo punto è la valutazione non negativa della crisi che ha portato alla fine del governo Letta perché questa non si è risolta in un blocco o in un avvitamento della nostra vita politica.
Napolitano non è un ottimista disarmato, perché ci tiene a scrivere “vedo bene i lati oscuri e le incognite”, ma vuole considerare che il paese abbia maturato una volontà di ricostruzione che sta costringendo le forze politiche a riorganizzarsi per mettersi in sintonia con questo clima. Lo rammarica certo (e anche questo viene detto a chiare lettere) il montare in molti ambienti intellettuali di un sentimento banalmente conservatore che ha spinto anche costituzionalisti con cui in passato era in sintonia a prendere una strada sterile di elogiatori del passato.
Quale sia il significato di questa lettera aperta è tutto da interpretare. Non ha senso fermarsi alla riaffermazione del fatto che Napolitano considera il suo secondo mandato una eccezione che deve durare solo il tempo necessario per mettere in sicurezza l’avvio di un percorso di ristrutturazione del nostro sistema politico. Questa è una componente essenziale, ma non racchiude tutto il senso di questa presa di posizione, che ha assunto la forma della lettera al direttore di un autorevole giornale, anziché quella della nota o del messaggio presidenziale.
Sembra a noi che ciò significhi che Napolitano si appella al paese attraverso lo strumento tradizionale di creazione di opinione pubblica che è la stampa. Vuole sottolineare così che se non continua il sostegno di una parte significativa dell’opinione pubblica al mutamento di clima, non si andrà lontano, perché, aggiungiamo noi, le vendette e le idiosincrasie reciproche della classe politica sono al lavoro per mandare tutto al diavolo. E’ anche da sottolineare che il Presidente predilige la carta stampata al video (a cui altri avevano fatto ricorso, come Cossiga e Scalfaro): anche questo è il segno di una saggezza dell’età, della consapevolezza che la carta scritta è più “fredda” e più “duratura” del video che, in overdose di talk show come siamo, tende a drammatizzare più che a far riflettere.
Il momento è delicato e non è un caso che il Presidente citi anche il nostro ruolo in Europa. Non è solo perché sa bene quanto possano pesare le urne del 25 maggio come test dello stato d’animo del paese, ma anche perché sa ancora meglio che di un ruolo forte e riconosciuto nell’ambito dell’Unione Europea abbiamo bisogno per ottenere quelle sponde esterne che sarebbero di grande aiuto nel lavoro di ricostruzione del nostro sistema economico-sociale.
E’ proprio perché molti di noi vedono, come Napolitano, lati oscuri ed incognite, ma sono al tempo stesso consapevoli che ci sono segnali positivi di un cambio di clima, che accogliamo le sue parole come un invito all’impegno. Consapevoli però che se l’autoreferenzialità della politica passerà semplicemente dai vecchi “inner circle” a qualche nuovo altrettanto impermeabile non si riuscirà ad andare molto lontani.
di Paolo Pombeni
di Giulia Guazzaloca
di Giovanni Bernardini