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Il diritto a insegnare. I gesuiti dell’Indiana contro l’omofobia

Claudio Ferlan - 26.06.2019
Brebeuf Jesuit Preparatory School

L’arcidiocesi di Indianapolis ha recentemente proibito di definirsi ‘cattolica’ alla Brebeuf Jesuit Preparatory School, una high school fondata e diretta dai gesuiti. Perché? Il provvedimento è una reazione dell’arcivescovo locale al rifiuto opposto dal preside, il gesuita William Verbryke, e dall’organo di gestione dell’istituto alla richiesta di licenziare una o un docente (l’identità non è stata rivelata) che ha contratto un matrimonio civile con una persona del suo stesso sesso. I vertici dell’arcidiocesi avevano presentato verbalmente l’istanza, per voce del sovrintendente all’educazione cattolica, dopo essere venuti a conoscenza del fatto attraverso i social network. Questo accadeva nell’estate del 2017. La risposta dei gesuiti è stata un circostanziato «No». Il consiglio scolastico ha valutato che non vi fossero gli estremi per il licenziamento, poiché l’insegnante in questione meritava ampiamente di rimanere al suo posto, in quanto è altamente qualificato/a, è impiegato/a nella scuola da tempo e gode di un largo apprezzamento per il proprio lavoro. Inoltre, non si tratta di un insegnante di religione e per questo l’autorità ecclesiastica non ha alcuna competenza sulla sua nomina.

La reazione al diniego si è fatta attendere ma è arrivata e il 20 giugno 2019 è stata notificata alla Brebeuf la decisione dell’arcidiocesi per la quale la scuola non sarà più formalmente riconosciuta come cattolica. Questo significa che i rappresentanti dell’autorità ecclesiastica locale non parteciperanno né presenzieranno più alle attività della scuola, mentre invece pare rimanere inalterato il diritto dei gesuiti di mantenere i propri ruoli scolastici e di celebrare la messa. Scriviamo «pare» perché la garanzia è stata data solo oralmente.

La reazione, in stile gesuitico, è stata tanto netta quanto circostanziata. Brian Paulson, padre provinciale dei gesuiti del Midwest, ha redatto una nota per prendere le parti della Brebeuf. Prima di tutto, Paulson ha messo per iscritto la rassicurazione orale a proposito di ruoli scolastici e celebrazione della messa, documentando con sagacia un impegno che altrimenti avrebbe corso il rischio di passare inosservato, o di essere dimenticato. Il provinciale ha poi dichiarato di essere in disaccordo con l’opinione dell’arcivescovo, nel rispetto di un rapporto tra due leader religiosi di buona volontà che hanno responsabilità correlate ma distinte (This is a disagreement between two church leaders of goodwill with related, but distinct responsibilities). E non ha intenzione di fermarsi qui: presenterà ricorso nelle forme previste dal diritto canonico, riservandosi la possibilità di appellarsi all’ultimo grado di giudizio, quello del Vaticano. Dove risiede, aggiungiamo noi, un membro della Compagnia di Gesù, che comunque si è sempre espresso in maniera abbastanza ondivaga sul tema dell’omosessualità, ma più conservatrice dei suoi confratelli di Indianapolis. Difficile prevedere dunque l’esito del procedimento se il suo destino sarà quello di arrivare fino a Roma. Paulson contesta la competenza dell’arcidiocesi a intervenire in una materia di stretta competenza della scuola, quella della scelta del personale docente, e specifica il suo dissenso nei confronti dell’opinione di chi ritiene lo stato civile di una persona possa incidere sulle sue capacità nell’insegnamento. Dello stesso tenore è la comunicazione ufficiale pubblicata dal preside della scuola Verbryke e dai due presidenti dell’organo di gestione W. Patrick Bruen e Daniel M. Lechleiter.

Chi ha familiarità con la storia della Compagnia di Gesù non può stupirsi di questa presa di posizione. Fin dai propri inizi l’ordine fondato da Ignazio di Loyola nel 1540 si è confrontato in maniera dinamica e problematica con la questione dell’obbedienza: fondamento dell’identità gesuitica, essa è sempre stata negoziata attraverso un continuo e dinamico confronto con la coscienza individuale, la responsabilità personale e le caratteristiche dei luoghi e dei tempi. Per di più, le grandi questioni legate all’obbedienza hanno riguardato soprattutto i rapporti interni all’ordine. I conflitti di opinione e di potere con le autorità ecclesiastiche hanno segnato a più riprese i secoli di storia della Compagnia, evidenziandone senza ombra di dubbio una chiara propensione all’autonomia e all’indipendenza. L’arcivescovo di Indianapolis Charles C. Thompson non è nuovo a interventi contestati a proposito del matrimonio tra persone dello stesso sesso, è probabile che contrastando a muso duro un’istituzione gesuitica corra il rischio di sbattere la testa contro un muro costruito con materiale assai solido.

Da osservatori, non possiamo mancare di salutare come buona notizia quella che rivela come un’istituzione cattolica sia pronta a difendere il lavoro di una persona capace e competente con la voglia di andare fino in fondo, pronta a sfidare chiusure e preconcetti che non possono più reggere alla sfida del tempo e della ragione.