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17 aprile 2024
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Genscher. L’europeista tedesco che ridimensionò l’Italia

Gabriele D'Ottavio - 05.04.2016
Hans-Dietrich Genscher

È morto Hans-Dietrich Genscher. Con lui se ne va un altro protagonista della vecchia Repubblica federale tedesca. Era nato il 21 marzo 1927 nei pressi di Halle, nel Sachsen-Anhalt, uno dei Länder orientali. Durante la guerra aveva militato, sia pure per pochi mesi, nella Wehrmacht, prima di cadere prigioniero degli alleati. Finita la guerra era ritornato a Halle, per poi abbandonare, nel 1952, la Germania Est e rifugiarsi nella Bundesrepublik. Qui salì tutti i gradini della carriera politica all’interno del partito liberale, l’FDP, fino ad assumerne nel 1974 la carica di presidente. Eletto al Bundestag nel 1965, Genscher fu uno dei promotori della prima svolta politico-programmatica della FDP che la portò a non rinnovare l’accordo di coalizione con i cristiano-democratici della CDU e, successivamente, dopo la Grande coalizione, ad orientare le sue scelte di coalizione al perseguimento di obiettivi di politica estera, e quindi all’alleanza con i socialdemocratici dell’SPD nel quadro dell’Ostpolitik.

Nel periodo 1969-1974 Genscher ricoprì l’incarico di ministro degli Interni nella coalizione social-liberale guidata da Willy Brandt. Tra i momenti più significativi che lo videro in primo piano si ricordano: il tragico sequestro degli atleti israeliani durante le Olimpiadi di Monaco del 1972 e l’affaire Guillaume del 1974, che costò a Brandt le dimissioni da cancelliere. In quest’ultima vicenda Genscher giocò un ruolo poco trasparente che, tuttavia, non compromise la sua successiva carriera politica. Nel 1974 Genscher passò al Ministero degli Esteri, dove rimase per diciotto anni, prima a fianco del cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt e poi, dopo aver contribuito in prima persona al «ribaltone parlamentare», del cristiano-democratico Helmut Kohl dal 1982 al 1992.

In Italia Genscher è noto soprattutto per due vicende. La prima riguarda il varo del cosiddetto «piano Genscher-Colombo», un’iniziativa condivisa insieme al collega italiano Emilio Colombo, che ebbe un ruolo tutt’altro che irrilevante rispetto al successivo percorso di riforme del sistema europeo-comunitario. Lo stesso Genscher ha ricordato l’iniziativa nelle sue memorie come «una specie di missile a tre stadi: primo stadio, la solenne dichiarazione di Stoccarda nel giugno del 1983; secondo stadio: l’Atto unico europeo sottoscritto dal Consiglio europeo a Lussemburgo nel dicembre del 1985; terzo stadio: i trattati di Maastricht del 1991». Col senno di poi, il «piano Genscher-Colombo» appare l’ultima iniziativa di un certo rilievo che vide Italia e Germania dispiegare importanti sinergie per far avanzare il progetto europeo.

La seconda vicenda contribuì invece a rendere Hans-Dietrich Genscher molto impopolare agli occhi della politica e della diplomazia italiana. Si tratta dell’episodio di Ottawa del febbraio 1990, quando durante la conferenza dei paesi NATO e Patto di Varsavia fu reso noto che l’obiettivo di una Germania unita sarebbe stato l’esito delle trattative nel quadro della formula «due più quattro». L’Italia si sentì discriminata, ma a nulla valsero le vivaci proteste del ministro degli Esteri De Michelis, il quale chiedeva che nelle trattative sull’unità tedesca partecipassero tutti gli europei. L’unica reazione che ricevette fu una dura replica del ministro degli Esteri tedesco, il quale, secondo la testimonianza riferita dai diplomatici presenti, sbottò: «You are not part of the game». Per il governo italiano fu un duro colpo da assorbire. In uno dei più importanti consessi internazionali veniva pubblicamente affermata la fine dell’equivalenza e dell’equipollenza tra Germania e Italia nelle grandi decisioni della politica internazionale ed europea.

Dopo lo smacco di Ottawa, all’Italia non restò altro che concentrare le sue energie nella costruzione di più solide strutture comunitarie per cercare di «imbrigliare» la futura Germania unita. Pochi ricordano, però, che il perseguimento di questo obiettivo venne agevolato dall’operato dello stesso Genscher, il quale fu uno dei politici tedeschi che con maggior coerenza condusse la battaglia per l’unione politica europea, talvolta anche in contraddizione con parte della sua coalizione del governo. Il 27 aprile 1992, due mesi dopo la firma del Trattato di Maastricht, Genscher annunciò, tra lo stupore di molti, le dimissioni dal suo duplice incarico di ministro degli Esteri e di vicecancelliere del governo Kohl, scegliendo così, saggiamente, il momento in cui uscire di scena.

Dopo le recenti scomparse di Egon Bahr e Helmut Schmidt, se ne va un altro protagonista della vecchia Bundesrepublik. Genscher è stato uno dei primi europeisti tedeschi che ha posto fine all’illusione che all’interno della Comunità europea esistesse un piede di parità fra i suoi paesi membri.