Ultimo Aggiornamento:
11 dicembre 2024
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Draghi e la fase due: adelante, con juicio

Luca Tentoni - 04.04.2020
Mario Draghi

A quaranta giorni circa dall'inizio del "confinamento" degli italiani, la politica torna a muoversi, o - meglio - ricomincia a mostrarsi. In queste settimane, infatti, non sono mancati movimenti sotterranei, a partire dalla faticosa opera di cucitura e ricucitura promossa dal Quirinale per cercare di avvicinare maggioranza e opposizioni (al fine di unirsi di fronte all'emergenza) ma ci sono state anche manovre un po' meno nobili, dettate dall'esigenza di alcuni leader di tornare al centro della scena e di recuperare consensi (virtuali o reali che siano, non importa) al più presto possibile. Il tentativo di sostituire il presidente del Consiglio Conte, che era già in stato abbastanza avanzato prima dello sfacelo provocato dal Covid 19, ha prima subito una battuta d'arresto, poi è fallito. Così, le due forze che - una nella maggioranza, una nell'opposizione - avevano in animo di cambiare l'"inquilino di Palazzo Chigi" hanno dovuto mutare tattica. In un primo momento si è, da un lato (Lega), alzato il prezzo dell'intervento economico necessario per evitare la recessione (aggiungendo sempre uno zero alle somme che, di volta in volta, il governo si diceva pronto a stanziare), mentre i renziani ricominciavano a muoversi, con l'intento di arrivare ad una maggioranza di unità nazionale (alla quale, tuttavia, FdI e la Meloni non avevano alcuna intenzione di aggregarsi, almeno in quella fase). Oggi, dopo l'intervento di Mario Draghi sul Financial Times, il nome dell'ex presidente della Bce è tornato prepotentemente nel dibattito politico: tuttavia, mentre l'economista si è limitato ad esprimere le sue opinioni - molto autorevoli e, si spera, ascoltate in Europa - su come uscire da una situazione che già si preannuncia grave, alcuni politici italiani ne hanno approfittato per accelerare i tempi e arrivare alla "fase due" di questa crisi. In altre parole, se è ormai chiaro che è Conte (anche con l'avallo del Quirinale, la solidarietà di quasi tutta la maggioranza e una dissimulata non ostilità di Berlusconi) ad avere il compito di gestire l'emergenza sanitaria - cioè la "fase uno" - è altrettanto chiaro che il quadro generale potrebbe mutare col ritorno graduale alla normalità. Ecco perché, da alcuni settori, si comincia a voler accelerare la fine della "quarantena" (almeno per le imprese, che certo hanno bisogno di riprendere presto la loro attività, ma non a scapito della salute dei lavoratori e dei rispettivi familiari) persino per le scuole (il destino delle quali, tuttavia, non dovrebbe preoccupare, sia perché docenti e studenti si stanno organizzando, sia perché la Seconda guerra mondiale ci ha lasciato alcuni importanti precedenti in materia di interruzione necessitata delle lezioni, anche per quanto concerne gli esami di maturità). Quello che è un legittimo e auspicabile rientro del Paese nella vita quotidiana di un tempo può rischiare di trasformarsi in un cavallo di Troia per una spericolata operazione politica, che potrebbe rivelarsi dannosa - in primo luogo - proprio per colui il quale dovrebbe essere il prossimo presidente del Consiglio. Draghi, infatti, non è solo il probabile unico candidato alla successione di Mattarella al Quirinale (nel 2022), ma è anche, oggi, l'unica carta che l'Italia può giocare nella partita per trattare con l'Europa sulla questione dei fondi occorrenti per il risanamento e la "ricostruzione". Per cambiare l'"inquilino di Palazzo Chigi" bisogna passare per una crisi di governo, la quale - per quanto pilotata - rischia di non essere affatto indolore: non è detto che il M5s - partito di maggioranza relativa per numero di seggi alla Camera e al Senato - accetti questo cambio di scenario, così come non è chiaro se nella coalizione "di salvezza nazionale" siano disposti ad entrare - oltre ai pentastellati - anche i deputati e i senatori di Fratelli d'Italia. Pur se Draghi partisse con i numeri parlamentari da record che ebbe Monti nel 2011, ci sarebbe ugualmente da preoccuparsi, perché chi è abituato a conquistare consensi o a mantenerli adottando strategie "di movimento" (nelle quali non è prevista la pace con alleati e nemici, ma solo una competizione continua con tutti, pur di distinguersi di fronte all'elettorato) non concederà al nuovo presidente del Consiglio un anno e mezzo di tregua incondizionata. Se oggi Draghi è considerato come un totem intoccabile, dal momento in cui prenderà posto a Palazzo Chigi sarà un interlocutore e - all'occorrenza - un bersaglio facile, per chi vorrà trarre frutto dallo scontento (nessuna politica ha mai avuto il 100% dei consensi, nemmeno durante le dittature) e soprattutto per chi oggi loda l'ex presidente della Bce, ma su Quirinale e futuro dell'Italia nell'euro ha ben altri progetti. Far rosolare a fuoco lento l'ultimo statista che ci è rimasto, finendo per logorarlo e farlo odiare dai più (come è stato per Monti nel 2012-2013, per i pochi che hanno ancora memoria storica) non è una buona idea. Probabilmente lo stesso Draghi deve aver compreso che chi lo invoca ha in animo di strumentalizzarlo. Molto meglio, invece, sarebbe attendere con pazienza la naturale conclusione dell'emergenza sanitaria - durante la quale, come si vede, ci sono provvedimenti economici che il governo può adottare e potenziare, meglio se con l'aiuto e l'apporto fattivo delle opposizioni - per poi porre seriamente e con ampie basi i presupposti per la "fase due". Una fase, quest'ultima, che deve vedere non solo la partecipazione e la corresponsabilità (senza tentazioni "da scorpione") di tutte le forze politiche, ma anche il coinvolgimento - se lo vorrà, in qualche altro ruolo rispetto all'attuale - dello stesso Conte. Una cosa è attendere l'evoluzione naturale degli eventi, senza tirare in ballo Draghi per poi "bruciarlo"; un'altra è provocare brusche svolte e attriti politici pericolosi in una fase nel quale il Paese (che non capirebbe le manovre e gli intrighi di palazzo) ha problemi ben più importanti da risolvere.