Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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Transizioni energetiche e trivelle. Sul referendum del 17 aprile

Duccio Basosi * - 22.03.2016

Per quanto se ne sa in giro, il referendum abrogativo del 17 aprile potrebbe anche averlo convocato Tyler Durden. La prima regola della libera stampa nazionale pare infatti essere: “non parlate mai del referendum del 17 aprile”. La seconda: “non dovete mai parlare a nessuno del referendum del 17 aprile”. Il quesito referendario, è vero, non è di quelli che fanno venire subito voglia di salire sulle barricate: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, 'Norme in materia ambientale', come sostituito dal [...]”? Il fatto che non se ne parli, tuttavia, è un brutto sintomo dello stato della politica e dell'informazione in Italia.

Infatti, dietro la formula del quesito si nasconde anzitutto una questione pratica ritenuta importante da nove Regioni italiane: si chiede di cancellare la norma che consente alle società minerarie di cercare ed estrarre gas e petrolio, senza limiti di tempo, entro le 12 miglia marine dalle coste. Le espressioni chiave sono “entro le 12 miglia marine” e “senza limiti di tempo”. La prima chiarisce quali impianti di estrazione di idrocarburi sono riguardati dal referendum: non quelli sulla terraferma e non quelli in mare a una distanza superiore alle 12 miglia marine dalla costa. La seconda chiarisce che l'eventuale vittoria del “sì” non determinerebbe l'immediata cessazione delle attività di ricerca e estrazione nemmeno nell'area così delimitata, leggi tutto

L’Italia non è più un paese per Enrico Mattei? Alcune considerazioni sul Referendum del 17 aprile “No-Triv”

Massimo Bucarelli * - 17.03.2016

L’importanza di Enrico Mattei nella storia politica ed economica del nostro paese è ben chiara e nota a molti, se non a tutti. Mattei ebbe l’intuito imprenditoriale e soprattutto la capacità politica di non liquidare l’AGIP, considerata un’inutile eredità del regime fascista. Ne rilanciò, anzi, le attività di perforazione del territorio nazionale e ne fece l’asse portante dell’ENI, l’ente di Stato istituito nel 1953 su sua proposta per provvedere al fabbisogno energetico nazionale. Grazie alle iniziative di Mattei e dei suoi successori, l’ENI è riuscito a inserirsi in breve tempo nel mercato mondiale degli idrocarburi, diventando una delle maggiori multinazionali nel settore energetico (attualmente il sesto gruppo petrolifero al mondo) e la prima azienda italiana per fatturato.

L’azione di Mattei ebbe l’appoggio dei politici, che avevano le maggiori responsabilità di governo, e il consenso dell’opinione pubblica, interessata a recuperare il gap economico e sociale con gli altri paesi industrializzati. Pur essendo arduo fare comparazioni e confronti tra la classe dirigente e la società civile dell’epoca e quelle attuali, per la diversità del contesto politico, delle situazioni economiche e dello sviluppo tecnologico, forse non sarebbe azzardato affermare leggi tutto

Clima: c'è qualcosa da aspettarsi da Parigi?

Paulo Lima * e Roberto Barbiero ** - 28.11.2015

Un vero appuntamento con la Storia. È questa l'aspettativa nei confronti della Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, la COP21, che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre prossimo. Prevista la partecipazione di 50mila persone e di 25mila delegati ufficiali in rappresentanza di 196 Paesi. Già confermata la presenza di 117 leader mondiali, dall'americano Barack Obama e il cinese Xi Jinping alla brasiliana Dilma Rousseff e all'indiano Narendra Modi.

A dimostrazione che i cambiamenti climatici rappresentano oggi la sfida scientifica, economica, politica e morale più importante che l’umanità si trova ad affrontare. E Parigi può rappresentare una svolta in questa sfida data l’urgenza di affrontare gli impatti che si stanno già manifestando con conseguenze gravi specie nei Paesi più vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico.

Se è vero che il clima del nostro pianeta ha subito diverse modifiche nel corso della sua storia, ciò che rende inedita la fase che stiamo vivendo è la velocità con cui il pianeta si sta riscaldando e il contributo dato dall’uomo nell’emissione di gas serra che non ha precedenti nella storia.

L'importanza della COP21 è dovuta proprio al fatto che da Parigi ci si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale sul clima e vincolante per tutti i paesi della comunità internazionale, da quelli industrializzati (come Stati Uniti e Unione europea) e maggiormente responsabili delle concentrazioni attuali di gas serra in atmosfera, leggi tutto

Risposte globali ai cambiamenti climatici. Dagli insuccessi del protocollo di Kyoto alla nuova strategia di Parigi

Elisa Magnani * - 28.11.2015

Grazie al protocollo di Kyoto il tema dei cambiamenti climatici ha assunto rilevanza globale, tanto da essere sempre più presente negli scambi economici e nelle relazioni politiche tra paesi, così come nelle strategie di cooperazione internazionale finalizzate allo sviluppo.

Come ha ricordato Ban Ki-Moon, quella dei cambiamenti climatici è la grande sfida della nostra epoca, e noi tutti dobbiamo impegnarci a giocare un ruolo, per quanto piccolo, in questa lotta, divenendo parti attive nelle strategie di mitigazione e adattamento nazionali e locali. Su questi temi si sta concentrando buona parte dell’attenzione mediatica in questa fine di 2015. Il 30 novembre, infatti, aprirà a Parigi la ventunesima Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, istituita nel 1992 durante la Conferenza di Rio de Janeiro su clima e ambiente - ed entrata in vigore due anni dopo – da cui nel 1997 è scaturito il Protocollo di Kyoto, il primo e più dibattuto accordo globale sul clima nella storia dell’umanità. Con stime allarmanti come quelle che prevedono un innalzamento delle temperature fino a 4 gradi centigradi entro il 2100, è chiaro che il tema riguarda tutti, dai paesi più industrializzati a quelli più poveri che, pur contribuendo in misura minore ai cambiamenti del clima globale, ne stanno comunque già sperimentando gli impatti ambientali ed economici. leggi tutto

Il controshock petrolifero del 2015 e le prospettive della transizione energetica low carbon

Duccio Basosi * - 07.05.2015

Ormai da tempo, le sovvenzioni al trasporto pubblico erano

 associate mentalmente, dal governo e dalla maggioranza

 dei suoi sostenitori, alla negazione della libertà individuale.

Ian McEwan, Bambini nel tempo (1987)

 

 

La necessità di una transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio è da alcuni anni un obiettivo riconosciuto a livello globale, come elemento cruciale di ogni tentativo credibile di evitare che l'aumento della temperatura terrestre superi di più di 2° C i livelli esistenti prima della rivoluzione industriale. Come noto, secondo l'International Panel on Climate Change delle Nazioni Unite (IPCC), oltre questa soglia potrebbero infatti innescarsi effetti irreversibili e potenzialmente catastrofici. Sul piano globale, il protocollo di Kyoto del 1997 indica all'Art. 1 il duplice obiettivo dell'efficienza energetica e della promozione delle energie rinnovabili. Sul piano degli attori nazionali, Stati Uniti e Cina hanno emesso una dichiarazione congiunta nello stesso senso a novembre 2014, mentre l'Unione Europea ha come obiettivo ufficiale, entro il 2020, "la riduzione del 20% delle emissioni di gas climalteranti, l'aumento della quota delle energie rinnovabili fino almeno al 20% dei consumi, e l'ottenimento di risparmi energetici del 20% o più".

In coerenza con questo quadro, e nonostante molto resti ancora da fare, negli ultimi anni l'aumento dell'efficienza energetica e il ricorso alle energie rinnovabili hanno mostrato grandi segni di vitalità. E' stato notato, tuttavia, che tale incipiente transizione energetica leggi tutto

Famiglia e territorio: i fondamenti dell’identità italiana

Ugo Rossi * - 06.01.2015

L’identità italiana, così come si è tratteggiata a partire dagli anni ’50 e’60, è fondata su due valori chiave: la famiglia e il territorio.

Nel primo caso ci si rifà ad un’idea di famiglia, non solo in senso stretto, ma estendendo il ragionamento a tutto ciò che può essere gestito come una famiglia: sia essa un’impresa, una città o l’intero Paese. Il tratto distintivo della famiglia è la creazione di una piccola comunità. È al suo interno che sono valutati i talenti e ciascuno è premiato o punito secondo le sue capacità. La famiglia divide il reddito, ma anche le paure, le preoccupazioni, oltre che le speranze. Se si fa impresa, si fonda sulla famiglia, se c’è da costruire una casa, i soldi si cercano prima in famiglia, poi in banca. E la logica familiare (essere una famiglia, non lasciare nessuno indietro, crescere insieme) è utilizzata anche sul piano dell’amministrazione pubblica.

Il secondo valore chiave dell’identità italiana è il territorio. Può sembrare riduttivo assumere un riferimento fisico come elemento forte di uno status identitario, ma nell’esperienza del nostro Paese questa è una concezione largamente presente e condivisa. Negli Stati Uniti è norma cambiare residenza, ci si muove dove le opportunità sembrano migliori e perciò non c’è un particolare culto del territorio, se non del quartiere dove si vive (temporaneamente). Da noi il territorio è un riferimento, crea identità personale. Molti non si possono pensare lontani dal territorio dove sono nati e cresciuti; e lì, prima o poi, nel caso se ne allontanassero, intendono ritornare. Da noi, almeno fino ad oggi, più che il ricongiungimento familiare, c’è il ricongiungimento territoriale. leggi tutto

L’accordo sull’ambiente tra Cina e Stati Uniti: prove di un nuovo “bipolarismo regolato”?

Giovanni Bernardini - 13.11.2014

Le relazioni diplomatiche vivono spesso di dinamiche discontinue e largamente segrete, o peggio ancora vincolate a formalismi specialistici che il pubblico più vasto considera alla stregua di riti esoterici, noiosi e privi di suspense, dato che raramente i loro risultati sembrano avere conseguenze dirette per l’esistenza quotidiana. Eppure una conoscenza minima delle relazioni internazionali lungo l’arco del Ventesimo secolo fornisce prove di quanto gli aspetti simbolici siano talvolta più rivelatori rispetto ai contenuti delle discussioni, e di come gli apparati scenici e coreografici che circondano la stipula di accordi e convenzioni siano persino più gravidi di conseguenze dei loro contenuti. Dato che, come ricorda un vecchio adagio, gli stessi accordi rimangono dei “pezzi di carta” se non sono supportati dalla volontà delle parti di tenere fede agli impegni sottoscritti.

Sono queste le ragioni che potrebbero conferire un surplus di significato storico all’accordo bilaterale sottoscritto dal Presidente statunitense Barack Obama e dal Presidente cinese Xi Jinping, che vincola i rispettivi paesi alla riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra e dei mutamenti climatici. Un accordo che, vale la pena di sottolineare, può costituire “una pietra miliare” (secondo le parole dei protagonisti) ma che di certo rimane ben lontano dal fornire leggi tutto

La politica ambientale di Obama

Alessandra Bitumi * - 10.06.2014

L’Environment Protection Agency (EPA), l’agenzia federale americana per la Protezione dell’Ambiente, ha annunciato il 2 giugno scorso la nuova proposta di politica ambientale dell’Amministrazione Obama. Approvata per decreto dal Presidente sulla base del Clean Air Act degli anni ‘70, il provvedimento impone alle centrali elettriche di ridurre le emissioni di biossido di carbonio del 30% rispetto ai livelli del 2005.

Entro il 2030, gli stati dovranno tagliare i livelli di CO2 prodotti dalle oltre 600 centrali attive nel paese, responsabili oggi del 38% dei gas inquinanti. Insieme ai trasporti (32%), esse costituiscono le principali fonti di inquinamento negli Stati Uniti. La flessibilità del governo federale rispetto alle modalità di applicazione del decreto lascia ampia discrezionalità ai singoli stati che possono scegliere quale strategia attuare. Potrebbero incentivare la creazione di mercati statali di “cap-and-trade”, ovvero fissare un tetto massimo di emissioni consentite e regolare la possibilità per le aziende di comprare e vendere la propria quota di inquinamento. O potrebbero decidere di promuovere l’uso di fonti alternative piuttosto che sostenere misure di risparmio energetico.  Qual è il significato politico di questa decisione e quali sono le sue implicazioni? leggi tutto