Università: investimenti e organizzazione della didattica
La didattica a distanza ha consentito di salvare l’anno accademico con buoni risultati in quasi tutti gli atenei. Ora occorre guardare al prossimo semestre con un occhio al futuro. Le università potrebbero fornire soluzioni utili anche per altri settori dell’istruzione e dei servizi trasmissibili. Non sarà però facile. Una malintesa concorrenza tra atenei e un grado di autonomia eccessivo tendono a produrre soluzioni diverse anche tra atenei pubblici vicini territorialmente generando confusione e complicazione burocratica. Basti pensare alle infinite modalità per il reclutamento dei professori e dei ricercatori che ogni ateneo ha voluto dipingere con la sua bandiera complicando i compiti dei commissari, riducendo trasparenza e confrontabilità dei risultati nella penisola. E’ un peccato che il mondo accademico non riesca a contribuire alla semplificazione e alla sburocratizzazione. L’organizzazione della didattica per il semestre che ci aspetta a settembre può essere occasione di riscatto. Le incertezze sanitarie dovrebbero indurre a percorsi semplici e omogenei per tutti gli atenei del paese. Basterebbero un unico principio e un programma di più lungo respiro. Il principio è quello di garantire da subito didattica a distanza per tutti gli insegnamenti per i quali è possibile in tutta Italia. Questa decisione va seguita da interventi immediati a favore degli studenti in debito di supporti informatici che potrebbero essere concessi gratuitamente per tutta la carriera universitaria. Alla fine della quale lo studente può riscattare il materiale digitale con un modico contributo o riceverlo in premio se è stato diligente. Solo con una decisione immediata e uniforme su tutta la penisola studenti stranieri e fuorisede possono continuare la loro vita accademica senza patemi e senza spostarsi fino a fine 2020. Per i corsi che non possono svolgersi online la disponibilità di aule lasciate libere può agevolarne l’organizzazione che deve però essere definita già da ora. Ogni ateneo comunque potrà, a seconda delle condizioni sanitarie e logistiche aggiungere altre iniziative didattiche mantenendo però invariata l’offerta online al pari di tutte le altre università. Solo così studenti e famiglie potranno organizzare la loro vita lavorativa con i giusti tempi e senza le follie dell’ultimo minuto.
Un programma più ampio è necessario per il dopo. La didattica a distanza costa meno, riduce eccessivi spostamenti, è un utile complemento ma non è l’alternativa alla presenza, ne’ può essere adottata per tutte le discipline. E ahimè non garantisce a tutti le medesime condizioni di accesso e fruizione. Come affrontare le debolezze dell’online? La risposta sta in investimenti proiettati verso il futuro. Ad esempio, in ogni città italiana si potrebbero costruire dei Palazzi Studio adibiti principalmente alla didattica a distanza, utilizzabili anche poi per altre iniziative nei periodi di vacanza. Questi edifici potrebbero essere costruiti utilizzando l’enorme patrimonio immobiliare in disuso nelle nostre città usufruendo dei generosi contributi della Ue. Come potrebbero funzionare? In primis dovrebbero contenere aule attrezzate per didattica e esami a distanza erogati da diverse università italiane che potrebbero condividerne l’uso pagando un canone alle amministrazioni locali che li possiedono. In questi edifici potrebbero essere collocati anche alcuni uffici distaccati delle università che li utilizzano. Per capirne meglio il funzionamento basta un esempio. Una studentessa di Benevento iscritta a matematica a Padova o Roma non possiede una buona connessione oppure vive in un piccolo appartamento con fratelli e sorelle e fatica seguire lezioni online. Non può recarsi a Padova o Roma per ragioni diverse non necessariamente sanitarie. Può allora frequentare il Palazzo Studio di Benevento dove trova un’aula attrezzata e confortevole con postazioni separate e isolate anche per esami a distanza e dove eventualmente può godere di una aula di lettura - studio - biblioteca e addirittura di una piccola mensa-tavola calda. In questo modo chi abita a Benevento e studia a Padova godrebbe di condizioni di accesso ai servizi accademici molto migliore di oggi e darebbe alla città longobarda una prestigiosa sede culturale possibile polo di attrazione di altre iniziative. La stessa cosa potrebbe fare uno studente di Benevento iscritto all’università di Bologna.
Una tale iniziativa sarebbe vista con favore a livello europeo perché viene incontro a esigenze care alla Ue, ovvero avere una diffusione uniforme della istruzione accademica sul territorio anche in periodi emergenziali con una presenza maggiore nelle zone meno servite riducendo spostamenti fisici con un impatto ambientale non sempre positivo. Per tutto questo occorre che gli atenei collaborino e convergano su soluzioni semplici e omogenee abbandonando uno sterile burocratismo campanilistico che nulla ha a che vedere con la sana concorrenza che spesso complica la vita la vita a docenti e studenti allontanando questi ultimi da percorsi virtuosi nella costruzione del loro capitale umano.
di Luca Tentoni
di Lucrezia Ranieri *