Una politica sempre più muscolare
Per come si vanno evolvendo le cose , l’orizzonte politico diventa sempre più cupo. Lo scontro fra minoranza PD e leadership renziana rotola di china in china verso un baratro: c’è il rischio che i due contendenti, avvinghiati insieme ci finiscano dentro abbracciati.
Che il tema del contendere sia molto modesto è evidente ad ogni analista avvertito. Ci permettiamo di rinviare ad un bellissimo articolo di Augusto Barbera sul Mulino on line (www.rivistailmulino.it) che descrive in maniera impeccabile perché tutto il chiasso sui guai dell’Italicum non ha alcun fondamento razionale. Barbera è un costituzionalista stimato e non è sospettabile di essere uno del “giglio magico”. Dunque la questione è altra rispetto ad una preoccupazione di difesa di non si sa quale principio di coscienza.
Questo è esattamente ciò che preoccupa nella delicatezza dell’attuale momento. Renzi aveva da tempo intuito di essere lui direttamente il bersaglio delle manovre che si svolgevano intorno alla questione delle riforme istituzionali, ma aveva sottovalutato forse l’ostinazione cieca dei suoi oppositori. In fondo si era sperato (e forse si continua ancora a sperare contro ogni speranza) che la minoranza PD facesse una battaglia d’immagine, per poi arrendersi al realismo che non consentirebbe oggi di aprire una crisi di governo. Se quel che si intuisce dalle cronache che circolano venisse confermato (perché le cronache sono troppo spesso interessate più a soffiare sul fuoco che a dare un quadro della situazione), saremmo invece alla vigilia di una rottura che porta verso un non troppo distante approdo di verifica elettorale.
Lo sbocco non deve sorprendere, perché tutti, come si è visto, si sono fatti assegnare le parti da una politica spettacolo che voleva vedere assolutamente la sfida all’OK Corral fra le due componenti del PD, quella che punta ad un partito nuovo in un sistema profondamente ridisegnato e quella che non vuole discostarsi dalle tradizionali forme di organizzazione della distribuzione del potere in Italia. In un clima del genere, in cui qualsiasi dialogo serio era impedito sia dalla pretestuosità degli argomenti, sia dal desiderio di stabilire semplicemente chi doveva arrendersi all’altro, cambiare passo, per usare la metafora prediletta da Renzi, sta diventando impossibile.
Ciò che stupisce un poco è la velocità con cui tutte le opposizioni si sono fatte catturare dalla dinamica interna al PD. Il desiderio di abbattere Renzi, reo di avere conquistato il centro della scena senza rispettare le trafila tradizionali, è diventato generalizzato. Nell’estrema sinistra, perché il premier si è permesso di mandare in soffitta le liturgie dei “colori” invalicabili della tradizionale distinzione fra buoni e cattivi; in Forza Italia, perché il premier non è stato al gioco di apparire come la reincarnazione di Berlusconi e dunque di farsi paternamente ispirare da lui.
Poi naturalmente ci sono i vari populismi della Lega e del M5S che rappresentano lo spaesamento di una nazione che è alle prese con problemi di decadenza a cui non era preparata. Ma questo si può mettere nel conto di tutte le transizioni.
Il tema da porsi è dove si voglia andare a parare. Tecnicamente Renzi ha il coltello dalla parte del manico, perché con la possibilità di porre la questione di fiducia nelle condizioni date può uscire vincitore dallo scontro. Questo lo sanno benissimo i suoi oppositori ed infatti optano per la tecnica più subdola di contrasto: far apparire la sua vittoria come frutto di una prevaricazione contro le regole democratiche. Il giochetto non è nuovo e c’è ricorsa in passato la sinistra contro Berlusconi. Possiamo dire che non ha portato buoni risultati?
Avere una legge elettorale che passa con un Aventino parlamentare senza senso può solo aprire la strada ad una guerra civile fredda, in cui la delegittimazione reciproca travolgerà ancora una volta il paese nel suo gorgo. Con alle porte delle elezioni amministrative che già si rivelano difficili da gestire non è certo una prospettiva allettante.
La situazione però è così deteriorata che diventa quasi impossibile sperare che ci si possa trarre d’impaccio senza un passaggio elettorale diretto, che diventa l’unico strumento per spazzare via il discorso sulla delegittimazione. Infatti anziché andare avanti per alcuni anni a rinfacciarsi se c’è stato o meno il “colpo di stato” (immaginario) di Renzi, appellandosi al giudizio popolare si vedrebbe chi ha con sé il consenso popolare.
Peccato che il sentiero sia rischioso. In prima istanza perché oggi si voterebbe con la legge elettorale ad ispirazione proporzionale uscita dalla pronuncia della Consulta sul Porcellum. Questo si pensa possa giovare a tutti gli “scontenti” del momento, ma rischia di consegnarci un paese ingovernabile. In seconda istanza perché avremmo mesi di caos pre e post elettorale in una fase in cui siamo di fronte a scadenze internazionali più che impegnative, quando non sarebbe proprio nell’interesse del paese non poter contare su un governo accreditato.
di Paolo Pombeni
di Michele Marchi