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Una nuova fase politica?

Paolo Pombeni - 24.06.2020
Sergio Mattarella

Non è chiarissimo, ma ci sbilanciamo a sostenere che si sta aprendo una nuova fase politica. Non è il frutto degli Stati Generali dell’Economia che sono stati una modesta occasione per raccogliere le lamentele, a volte travestite da suggerimenti, delle più varie rappresentanze di categoria, nonché per sentire qualche cosiddetta “intelligenza brillante” che non sappiamo cosa abbia esposto perché tutto si è svolto a porte chiuse.

Ciò che sta spingendo una pluralità di attori dentro e fuori il parlamento a riconsiderare il quadro sono due fattori. Il primo è la gestione di quella che si presume sarà una marea di soldi in arrivo dall’Europa. Il secondo è l’apertura anticipata della campagna per la successione a Mattarella (si può pensare sia troppo presto, ma non è così: semplicemente questa volta avviene più rapidamente allo scoperto rispetto alle precedenti).

Di fronte al problema della gestione delle risorse UE l’opposizione cerca una via diversa dal banale muro contro muro a cui si era affidata sinora. Inizia a dubitare che ci si possa aspettare un crollo della maggioranza di governo tale da consentirle la presa del potere. Ci vorrebbe un passaggio elettorale che al momento non si può ottenere a meno di una catastrofe che neppure l’opposizione può augurarsi in quelle proporzioni. Dunque bisogna puntare a qualcosa di diverso. Non tanto ad una intesa col governo, che si sa già che Conte non è disposto a concedere. Del resto la mossa di chiedere un incontro individuale e separato con le tre forze di opposizione già fa vedere che il premier ha poca voglia di negoziare.

L’obiettivo sarà quindi salvare al massimo possibile il controllo del parlamento su quanto deciderà il governo. E’ in quella sede che l’opposizione può giocare bene le sue carte, sfruttando soprattutto la scarsa omogeneità di vedute fra le forze di maggioranza. In più così smonterà il tentativo di Conte di mettere in piedi quel consociativismo spurio fra governo e parti sociali varie con cui vorrebbe bypassare i partiti, a cominciare da quelli con cui governa.

La prospettiva di ricondurre Conte nell’alveo del sistema parlamentare non è sgradita neppure a varie componenti della maggioranza che lo sostiene: lascia a tutti le mani libere sia per coltivare proprie filiere di riferimento nella società e li rafforza, perché il confronto parlamentare con le opposizioni è sempre precario (specie al Senato) e di conseguenza è più facile porre condizioni ultimative nei negoziati interni.

Le tentazioni governative di sbarazzarsi del controllo parlamentare, già emerse durante la crisi del Covid, continuano con la proposta contenuta in uno dei decreti in discussione alla Camera di dare al Ministero dell’Economia il potere di intervenire direttamente a reindirizzare e rimodulare le spese dei fondi emergenziali decise dai ministeri: il tutto con effetto immediato e senza passaggi parlamentari. Non occorre una cattedra di Diritto Costituzionale per capire quanto una simile decisione squassi il sistema degli equilibri presenti nella nostra Carta, oltre tutto con l’insipienza di chi crea un precedente pericoloso: oggi a capo del MEF c’è Gualtieri, domani potrebbe esserci qualcuno poco affidabile.

Speriamo che in sede di conversione si eviti questo pasticcio, ma è già un pessimo segnale che sia stato inserito nel primo testo. Certo i partiti non sono messi bene: fra chi lotta per la sua sopravvivenza (IV, ma anche LeU se passasse la riforma elettorale con sbarramento al 5%), chi è in un totale marasma di identità (i Cinque Stelle), chi si sta interrogando sull’adeguatezza delle rispettive leadership (il PD, ma anche Lega e FdI nella loro competizione di fatto) c’è tutto un quadro in movimento.

E’ qui che si inserisce la questione della successione a Mattarella. Il fatto che ne abbia parlato quasi a freddo un autorevole osservatore come Eugenio Scalfari è già indice di una situazione in movimento: al fondatore di “Repubblica” è sempre piaciuto proporsi come chi da le carte quando si avvia una nuova fase politica. Ancor più significativo che subito Salvini abbia provato a gettare una sonda nelle acque politiche: non ci si lasci ingannare dal fatto che in prima istanza ha trovato solo un rifiuto a scendere a discutere delle maggioranze necessarie per eleggere il nuovo Capo dello Stato.

Il fatto è che con la situazione ingarbugliata in cui ci troviamo e che si ingarbuglierà ancora di più nei lunghi prossimi mesi (salvo dimissioni anticipate, sempre possibili, per il Quirinale si voterà ad inizio 2022) la battaglia per il Presidente della Repubblica o produrrà uno schieramento abbastanza largo o non potrà che risolversi in un defatigante gioco di logoramento che alla fine si concluderà con qualche colpo di mano. Si tenga conto che sono soluzioni entrambe che poi andranno subito verificate in una tornata elettorale, perché sostanzialmente il passaggio al nuovo mandato presidenziale coinciderà con la fine prossima della legislatura (che potrebbe essere anticipata di qualche mese dal nuovo capo dello stato proprio in conseguenza di quel che accadrà per la sua elezione).

Insomma ci sono tutti gli elementi per vedere una situazione politica che si rimetterà in movimento, ovviamente favorita da quel che succederà nelle urne della campagna elettorale d’autunno, che si preannuncia già come una verifica della tenuta dei gruppi dirigenti dei vari partiti.