Una doccia fredda per il Front national

Nonostante tra i due non corra buon sangue Jean-Marie Le Pen avrebbe comunque potuto insegnare alla figlia Marine una vecchia lezione dell'Ue: l'eurofobia non è quasi mai un collante sufficiente per formare (e tenere coeso) un eurogruppo all'interno del Parlamento di Strasburgo. All'indomani del successo alle europee, la leader del Front national (FN) aveva annunciato che l'emiciclo europeo sarebbe stato un «trampolino» per il proprio movimento. Rischia invece di diventare il teatro della prima delusione politica dopo due anni di crescita elettorale continua (dalle presidenziali alle europee, passando per legislative e municipali).
Il fallimento di un gruppo autonomo
Il termine ultimo per la registrazione degli eurogruppi, in vista della prima sessione del nuovo parlamento, che si riunirà il 1° luglio, era fissato alla mezzanotte di lunedì 23 giugno. A poche ore dalla scadenza, il fallimento dell'operazione guidata da Marine Le Pen e Geert Wilders è stato ufficializzato dal laconico comunicato del leader del Partito della libertà olandese: «Sfortunatamente non siamo riusciti a formare una formazione al Parlamento europeo con altri sei partiti». I due leader euroscettici hanno incontrato difficoltà insormontabili nel federare una galassia politica multiforme e variegata. Se il FN, in cerca di «normalizzazione», ha escluso a priori qualsiasi alleanza con i neonazisti di Alba Dorata e Jobbik, Geert Wilders ha rapidamente interrotto i negoziati con i polacchi del Congresso della nuova destra (KNP) giudicando intollerabili le posizioni omofobe e antisemite del loro leader, Janusz Korwin-Mikke. Wilders e Le Pen si sono così ritrovati soli in compagnia del Partito della libertà austriaco (FPO), della Lega nord e del Vlaams Belang, con due paesi mancanti per raggiungere la fatidica cifra - sette - necessaria per fondare un gruppo.
Gruppi euroscettici: il successo di Farage e Cameron
E la doccia fredda è stata accompagnata da un'ulteriore umiliazione. Il leader dell'Ukip, Nigel Farage, primo rivale del FN in materia di eurofobia, è riuscito (non senza difficoltà) a formare il proprio gruppo, Europa della libertà e della democrazia (Efd), che conterà 48 deputati originari di 7 stati membri: oltre ai britannici e agli italiani del M5S, vi militeranno i lituani del partito sovranista Ordine e giustizia e i democratici svedesi - due formazioni vanamente corteggiate dal FN - una deputata lettone dell'Unione dei verdi, un ceco del Partito dei liberi cittadini, e un'eletta dissidente del FN, Joëlle Bergeron, acquistata in extremis. Un risultato tutt'altro che scontato se si considera che Farage non ha dovuto guardarsi soltanto a destra, ma ha dovuto fronteggiare anche la concorrenza dei Conservatori e riformisti europei (Ecr), che con 68 deputati rappresentano la terza forza del Parlamento. Un gruppo euroscettico costituito attorno ai conservatori britannici di Cameron e ai polacchi di Diritto e giustizia (PiS) che in campagna elettorale, oltre ai compagni di viaggio della scorsa legislatura, ha stretto alleanza con nuove formazioni quali l'Alleanza neofiamminga o Alternativa per la Germania, e con altre di estrema destra che negli ultimi cinque anni avevano militato nell'Efd come i Veri finlandesi e il Partito del popolo danese.
Il rischio di irrilevanza
Nonostante sia riuscito a quadruplicare i voti rispetto alle ultime europee e a moltiplicare per otto la propria rappresentanza parlamentare il FN rischia di ritrovarsi nella stessa situazione del quinquennio precedente, durante il quale i tre eurodeputati frontisti sono stati condannati dall'appartenenza al gruppo dei non iscritti (che oggi si attesta a 53 deputati) a una sostanziale irrilevanza politica. Questa collocazione - che peraltro posiziona il FN accanto ad Alba dorata e allo Jobbik - priva il partito di Le Pen dei fondi, del personale, del tempo di parola concessi ai vari gruppi parlamentari, tagliandolo fuori financo dal sistema di designazione del presidente e dei vice-presidenti del Parlamento, delle commissioni e delle delegazioni. Le prospettive per sfuggire a questa marginalizzazione sono due. La prima è il varo di una campagna acquisti a legislatura in corso, per ottemperare ai requisiti minimi necessari per la costituzione di un gruppo. Non si tratterebbe di una novità. Nel gennaio 2007 proprio un frontista, Bruno Gollnish (sconfitto da Le Pen nella corsa alla leadershio del FN nel 2011) si era posto a capo del neonato gruppo Identità, tradizione, sovranità (Its), la cui rapida dissoluzione ricorda la fragilità di tentativi estemporanei, fondati su una sostanziale debolezza numerica. La seconda prospettiva - attualmente poco credibile - è quella di un'alleanza con le altre due costellazioni euroscettiche, guidate da Farage e Cameron, dando vita a un gruppo numericamente solido ma ideologicamente poco coeso. In ambedue i casi si tratterebbe di una soluzione di ripiego, ben lontana dall'obiettivo dichiarato da Le Pen e Wilders alla vigilia del voto, quando avevano annunciato l'intenzione di porsi alla guida di un grande partito euroscettico, capace «di far saltare l'Ue dall'interno».
di Paolo Pombeni
di Riccardo Brizzi
di Gianpaolo Rossini