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Tra i due litiganti…

Stefano Zan * - 01.05.2019
Tra i due litiganti

La saggezza popolare ci dice che “tra i due litiganti il terzo gode”. L’attuale situazione politica italiana ci dice invece che tra i due litiganti non solo il terzo non gode ma godono proprio i due litiganti. I 5 Stelle hanno arrestato il loro declino che durava ormai da un anno. La Lega è assolutamente stabile. Il PD e il resto delle opposizioni non beneficiano minimamente della elevata conflittualità tra i due partiti che compongono il governo. L’interpretazione data dalla maggior parte degli osservatori sulla evidente conflittualità intragovernativa degli ultimi mesi è legata all’imminenza delle elezioni europee dove i due partiti si presentano in alternativa l’uno all’altro. Per parte mia ritengo che questa spiegazione sia limitata e parziale quando invece molto più rilevanti sono le condizioni strategiche e strutturali che sottendono un tasso così elevato di conflittualità e che non si esauriranno dopo il voto del 26 maggio. È infatti evidente che la determinazione con cui da due mesi a questa parte i 5 Stelle attaccano sistematicamente la Lega in ogni possibile occasione risponde a una strategia ben precisa non solo di comunicazione ma di rafforzamento dell’identità e dei valori di cui i 5 Stelle sono portatori. Dopo aver subito per un anno l’egemonia politica della Lega e dopo aver pensato di poter fermare il loro declino con un’improbabile riforma organizzativa di cui non si parla più, i 5 Stelle hanno deciso di ribadire in ogni occasione la loro alterità rispetto alla Lega. Al momento i sondaggi danno loro ragione ed è quindi probabile che questa strategia verrà perseguita anche nei prossimi mesi. Sul piano strutturale le ragioni dell’elevata conflittualità vanno fatte risalire al modo in cui è stato formulato il cosiddetto contratto di governo che nulla ha a che vedere con quello sul quale si regge la grande coalizione tedesca. Il contratto italiano è nato con un respiro breve, non certo di legislatur, per garantire ai due contraenti di portare a casa in tempi brevi le principali promesse che avevano fatto agli elettori: decreto dignità, reddito di cittadinanza, quota 100, decreto sicurezza. In una logica di scambio sulla base della quale nessuno avrebbe interferito più di tanto sui provvedimenti legislativi degli altri. Su tutti gli altri temi (TAV, autonomia differenziata, flat tax) il contratto si caratterizza per una straordinaria ambiguità che di fatto consente in concreto qualsiasi tipo di interpretazione sostantiva. L’ambiguità del contratto è in sé stessa fonte di conflittualità destinata a permanere nel tempo, salvo che non si addivenga prima o poi alla stesura di un vero e proprio contratto di legislatura. Come ben sappiamo la principale conseguenza di questa situazione di stallo è il rinvio di tutte le decisioni più delicate come se il voto europeo potesse di per sé risolvere i problemi che abbiamo appena evidenziato. Resta però da capire perché, a fronte di una conflittualità così elevata, evidente e ricercata che di fatto sta bloccando da mesi l’azione di governo nessuno dei due partiti paghi pegno e perda consensi. Per quanto riguarda i 5 Stelle si può avanzare l’ipotesi che dopo 10 anni di presenza attiva sulla scena politica essi rappresentino una sorta di vera e propria subcultura politica con forti caratterizzazioni ideali e identitarie che si confermano anche a fronte dell’evidente impreparazione politica di cui danno sistematicamente prova. Una subcultura politica che a livello nazionale vale intorno al 20% e che non ha alternative reali. Parlare di subcultura politica con riferimento alla Lega è più difficile perché, se è vero che esiste da tempo una subcultura politica della Lega Nord, questa aveva un preciso radicamento territoriale e quindi un peso nazionale assai limitato. La Lega di Salvini ormai collocata oltre il 30% dei consensi è fenomeno troppo recente per essere letto in chiave subculturale. Le spiegazioni del perché la Lega mantenga il suo consenso sono fondamentalmente tre: la prima è l’indiscussa capacità di leadership e di sintonia con l’elettorato di Matteo Salvini. La seconda è che nel centro-destra Forza Italia non rappresenta più un’alternativa credibile. La terza è che molti elettori leghisti si sono convinti che i 5 Stelle rappresentano una zavorra per l’azione di governo e che quindi vedono con favore la possibilità di liberarsi di questo scomodo alleato per rilanciare un centro-destra più libero di agire secondo i suoi principi, interessi, programmi. Anche se le considerazioni che abbiamo fin qui sviluppato sono plausibili e ci portano a ritenere che la conflittualità resterà elevata anche dopo le elezioni europee nulla ci consentono di dire rispetto al destino del governo  perché, da un lato, la caduta del governo aprirebbe un quadro assai incerto per tutti gli attori in campo e dall’altro una più forte specificazione di valori e interessi di per sé non è pregiudizievole della stipula di un contratto vero come l’esperienza tedesca ci insegna.

 

 

 

 

* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni. Il suo blog è ww.stefanozan.it