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Si inizia da scuola e giustizia

Paolo Pombeni - 28.08.2014
Scuola

Dunque i mille giorni di Renzi sono al via: nel consiglio dei ministri di venerdì, che sembra sarà notturno, giusto prima che il premier voli a Bruxelles per il vertice europeo, inizierà il percorso delle riforme. Si parte da scuola e giustizia, twitta Renzi, anche se sui due dossier si è a stadi molto diversi: per la scuola siamo a “linee guida” ed abbiamo un ministro come la Giannini che non è esattamente il top del peso politico (ma il premier ha avocato il tema a sé); per la giustizia si è più avanti, con normative quantomeno già abbozzate e con un ministro, Orlando, che ha già fatto un buon lavoro di preparazione con i contesti di riferimento.

La critica che si fa al governo è che la riforma che in realtà la UE e il contesto internazionale attendono con maggior interesse è quella relativa al mercato del lavoro, dove invece sembra si vada più a rilento. Tuttavia gli osservatori più equilibrati riconoscono che le due riforme in campo hanno dalla loro ragioni molto solide da più di un punto di vista.

La crisi della giustizia, soprattutto di quella civile, ha riflessi pesanti sul sistema economico. Come sanno tutti gli operatori, l’attuale sistema offre eccellenti opportunità a tutti coloro che sono disinvolti o disonesti per non rispettare i patti e impantanare qualsiasi controversia nei meandri di iter giudiziari lunghissimi e molto costosi. Proprio questa facilità di affidare qualsiasi controversia ai sofismi degli azzeccagarbugli stimola non solo i profittatori annidati nelle fasce più o meno alte del sistema economico (e già questo è un bel guaio), ma anche la litigiosità delle più varie relazioni interpersonali, dai condomini alle successioni ereditarie, che intasano i nostri tribunali e si trascinano sino ai più alti gradi di giudizio.

La diffusione stessa del fenomeno ha reso consapevole di questi guasti una platea molto ampia di cittadini e dunque Renzi ed Orlando hanno tutte le ragioni per sostenere che si tratta di una riforma importante. Certo ci sono ancora punti che restano da definire, in cui il peso delle controversie politiche e del lobbismo delle varie parti in causa si fanno sentire (intercettazioni, prescrizione, responsabilità civile dei magistrati), ma se almeno parte subito la riforma della giustizia civile è un gran passo avanti.

Vi è poi una questione che andrebbe posta agli operatori tanto dell’accusa (pubblici ministeri) che della tutela di parte (avvocati): come sanzionare chi fa perdere tempo alla giustizia avviando procedimenti che sono infondati. E’ un tema delicato, ma importante: non si può essere alla mercé di chi semplicemente “ritiene” a sua intuizione che sarebbe bene avviare una procedura giudiziaria.

La questione della scuola è piuttosto diversa, perché presenta due fronti non coincidenti fra loro. Da un lato c’è l’esigenza di avere curricula formativi più adeguati. Ce n’è un gran bisogno dopo i disastri delle riforme Berlinguer (ma non solo) e non si può ridurre tutto alla banalità di incrementare l’insegnamento dell’inglese e dell’informatica. Non perché queste non siano materie importanti, ma perché non è semplice che siano davvero oggetto di insegnamento e non semplici etichette. Gli insegnanti di inglese capaci di mettere davvero le persone in grado di usare la lingua come veicolo di comunicazione attiva non è che abbondino e lo stesso vale per l’insegnamento dell’informatica, sicché si rischia di moltiplicare etichette e posizioni senza risultati effettivi.

Il problema complessivo è come riqualificare un corpo insegnante che in larga parte non partecipa affatto alle dinamiche di sviluppo delle conoscenze disciplinari, fermi a qualche reminiscenza di corsi universitari magari in là negli anni o ad una manualistica scolastica spesso più attenta alle mode che allo sviluppo delle conoscenze.

Sull’altro versante c’è la questione di un universo scolastico in crisi profonda: ragazzi che faticano a riconoscere la scuola come esperienza positiva che forma al futuro (si veda tutto il repertorio delle “furberie” su assenze, copiature, minimo sforzo e quant’altro), insegnanti che tirano a campare non di rado sfogando sugli alunni le loro frustrazioni sociali, presidi che non sanno e non hanno strumenti per dirigere un sistema educativo e che sono spesso ostaggio dei loro docenti.

Per mettere mano a questo autentico ginepraio le “leggi” servono fino ad un certo punto. Ciò che manca è una vera struttura di intervento costante e continuo, dall’esterno, sull’universo scolastico. E’ questa che potrebbe, se ben costruita ed equipaggiata, agire da stimolo per il cambiamento, da monitoraggio sulle esperienze positive (con possibilità di premiare significativamente chi fa bene), da ente di sanzione per le neghittosità e le resistenze passive. Un tempo c’erano uffici studi e tecnici sia al ministero che in altre sedi istituzionali. Oggi è stato quasi tutto rottamato …

Renzi ha affermato che vuole procedere all’intervento sulla scuola coinvolgendo ed ascoltando, prima di decidere. Lodevole propositivo, ma deve guardarsi dal coinvolgere e dall’ascoltare sia i costruttori di fantastici castelli in aria, sia i difensori più o meno mascherati di quelli che non vorrebbero cambiare niente, se non qualche etichetta e qualche slogan.

Insomma scuola e giustizia saranno un buon test per capire come finirà la stagione dei mille giorni di riforme. Anche in questo caso si può ben dire che il buon giorno si vedrà dal mattino.