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17 aprile 2024
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Pronti per il grande scontro?

Paolo Pombeni - 28.09.2016
Scontro Salvini, Grillo e Renzi

Come interpretare gli ultimi avvenimenti, Grillo che si reinsedia al vertice del suo movimento e Renzi che opta per il 4 dicembre come data per lo svolgimento del referendum? I due eventi sono collegati più di quel che sembra, perché rientrano nella strategia del “grande duello” che è quella che tutti pensano sia la più adatta per arrivare una buona volta a decidere chi comanderà in Italia nel prossimo decennio.

Il M5S punta sempre più a candidarsi come il magma da cui nascerà la nuova stagione politica. Per questo Grillo ha deciso che solo lui può rappresentarlo davanti all’opinione pubblica, che non è fatta principalmente dai suoi militanti che sono interessati a discutere delle regole e del “uno vale uno”, ma da quello che ritiene essere un misto di rabbia e di sconforto per una politica che non riesce a far tornare il paese ai fasti dei decenni che furono. A questa gente non serve presentare programmi realistici, che non soddisferebbero la loro voglia di sentirsi dire che tutto si potrebbe risolvere facilmente solo che ci fosse onestà e roba simile. Non è neppure necessario giustificare le modestissime performance dei grillini al potere, i pasticci di Roma, tanto sono disposti a credere che è tutto frutto della grande corruzione politica e del complotto cosmico in cui siamo invischiati.

Abilmente il vecchio comico transitato in politica ed i suoi ispiratori hanno anche capito che sarebbe vano mettersi a far ordine nelle lotte per il palcoscenico che muovono i gruppi dirigenti. E’ più importante che il palcoscenico rimanga affollato di caratteri, tutto fa audience ed è quel che conta. Tanto a portare acqua al mulino grillino provvederanno gli avversari di Renzi che lavorano con una cecità incredibile a puntellare la tesi dell’incapacità della attuale leadership politica di produrre qualcosa che non sia o corruzione o un pasticcio. Non capiscono che se l’opinione pubblica si convince di questo difficilmente sceglierà coloro che tutto sommato sono stati coinvolti nella preparazione di quello sfascio e che propongono solo di bloccare tutto: molto più attrattiva l’utopia della rigenerazione totale che propone Grillo.

Renzi ha preso atto di questa situazione e si è rapidamente adeguato. Ha capito che la soluzione di spersonalizzare la contesa era poco utile. Conveniva riprendere l’immagine della lotta fra due visioni del futuro che si incarnano in due leader: una per il cambiamento responsabile, la seconda per il cambiamento come avventura. Questo taglia fuori gli avversari tradizionali del renzismo: la sinistra pd e non, con le sue nostalgie passatiste, il Salvini che crede nel modello Le Pen, ma soprattutto quel che resta dell’establishment di Forza Italia che non ha capito di non avere argomenti per inserirsi nel gioco.

La scelta di andare col referendum al 4 dicembre è indicativa della scommessa sulla forza che può venire al governo dalla gestione della sessione parlamentare di bilancio. In quel contesto Renzi conta di far capire che lui e non altri ha il polso di ciò che serve all’Italia per affrontare la congiuntura presente e che ha anche gli strumenti per intervenire. Magari in qualche caso si tratterà di strumenti per conquistare il consenso un po’ disinvoltamente (qualche regalino qui e lì), ma comunque si cercherà di dare il segno che si fanno cose e non si lanciano semplicemente proclami.

Basterà? Come tutte le sfide anche questa è una sfida aperta. Gli elementi che si incrociano sono molteplici. Il primo è il tasso di comprensione della posta in gioco che è presente nell’opinione pubblica. In un contesto in cui non ci sono più canali di formazione la partita è ardua: chiunque può lanciare le tesi più strambe senza pagare dazio e in fondo la capacità di presa dipende più dallo charme o dall’istrionismo di chi si propone che dalla solidità dei suoi argomenti. Dovendosi giudicare due cose estremamente complicate come il funzionamento dei meccanismi di formazione della decisione politica (perché questo è il vero contenuto della riforma costituzionale) e come l’efficacia delle strategie di contrasto alla stagnazione economica non è facile lavorare senza disporre di sedi idonee ad accompagnare la maturazione delle valutazioni nella gente.

Il secondo elemento è l’evoluzione della congiuntura internazionale. Per quando si voterà avremo visto chi vince le elezioni americane, come procede la crisi della UE, cosa ne sarà della terribile situazione mediorientale (in primis della Libia). Può anche darsi che si percepisca qualche sintomo di ripresa, anche se quello è un terreno dove i segnali sono così deboli che non sarà facile che se ne prenda consapevolezza a livello di massa.

Per questo è arduo interpretare il peso da dare ai sondaggi sulle intenzioni di voto per il referendum. Siamo ancora nella fase in cui è l’ora dei pasdaran ed è dunque comprensibile che il coacervo fra conservatori dello status quo, persone che non sopportano Renzi a prescindere, e speranzosi nella svolta epocale a breve sia leggermente maggioritario rispetto a chi è consapevole che scegliere il varo della riforma non significa avere domani risolto tutto, ma solo mettersi in buone condizioni per lavorare con successo ad uscire dalla crisi attuale.

A questo punto bisognerà vedere cosa matura negli strati profondi dell’opinione pubblica, se prevarrà la sfiducia nelle possibilità che l’Italia sia un paese con le risorse umane e politiche per farcela o se nonostante tutto ci sarà lo scatto di volontà per decidere che vale la pena di provarci.