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Oltre le elezioni. Le sfide del governo che verrà: il debito pubblico

Gianpaolo Rossini - 31.01.2018
Flat Tax

La seconda sfida sulla quale sarà chiamato a misurarsi il prossimo governo riguarda la finanza pubblica. Come nel precedente articolo sulle migrazioni (https://www.mentepolitica.it/articolo/oltre-le-elezioni-le-sfide-del-governo-che-verr-ius-soli-e-immigrati/1311) iniziamo con nude cifre. Nel 2017 il debito lordo del settore pubblico in Italia si attesta attorno a 1.32 volte il Pil mentre quello netto è 1.13. Nello stesso anno quello pubblico federale lordo (non comprensivo di quello di stati e amministrazioni locali) degli Usa è 1.08 volte il Pil, netto 0.82. Se considerassimo il debito pubblico lordo totale (federale + locale) degli Usa avremmo cifre un po’ più alte di quelle italiane. In Giappone il debito pubblico lordo è 2. 39 volte il Pil, quello netto 1.20.  In Germania è 0.64 (netto 0.43) e in Francia è 0.97 (netto 0.90).  La lettura di questi numeri fornisce informazioni inedite sul debito pubblico netto.  Ma cos’è il debito pubblico netto? Perché è la grandezza che andrebbe considerata?  Il debito pubblico netto è la differenza tra i debiti e i crediti del settore pubblico. E’ ciò che rileva finanziariamente per gli stati come per ogni impresa, mentre meno rilevante è la cifra lorda. Il settore pubblico italiano possiede attività finanziarie (crediti) come  contante, valute,  depositi  bancari, prestiti del governo ad istituzioni europee, titoli obbligazionari e azionari, riserve tecniche assicurative e altro. Nel caso italiano la differenza tra le due valutazioni del debito pubblico non è di poco conto, sia per la dimensione, 113% contro 132%, sia per le implicazioni. Purtroppo, per un’altra delle imposizioni prive di razionalità economica dei paesi del Nord, nel Trattato di Maastricht c’è solo la nozione di debito lordo. Ma non esiste una giustificazione economica per questa scelta al posto del debito netto. E’ di quest’ultimo che i mercati tengono conto, ovviamente per i paesi che non sono costretti a seguire regole astruse come quelle di Maastricht del debito lordo coartando le loro politiche a tal fine. La prova? Il Giappone con un debito lordo del 239%,  ma netto pari alla metà, non soffre spread nei suoi tassi né attacchi speculativi anche se non farà mai politiche per ridurre il debito lordo, in quanto ciò che tiene sott’occhio è quello netto. Idem Usa e altri paesi “indipendenti”.  Quali sono le implicazioni di questa scelta farlocca di Maastricht? Per l’Italia sono gravi perché per ridurre il debito lordo abbiamo privatizzato svendendo gioielli della collettività. Così facendo abbiamo limato il debito lordo ma non abbiamo scalfito quello netto. Con l’aggravante che vendendo cespiti che rendono più dell’interesse che paga il tesoro sui titoli di stato abbiamo una diminuzione delle entrate nette per l’erario. Il governo che verrà non dovrà farsi incantare dalle sirene delle privatizzazioni che hanno impoverito il paese e aumentato la disuguaglianza (come ci racconta Piketty) ma dovrà iniziare una battaglia coraggiosa per introdurre  la  definizione di debito netto, sulla quale  potrebbe spuntare come insolito alleato il Fondo Monetario Internazionale. Sarà una battaglia difficile perché si scontra con lobby potenti che hanno guadagnato moltissimo dalle privatizzazioni e che intendono arraffare ancora e che quindi si faranno scudo della definizione di debito lordo per perseguire i loro interessi.

Per affrontare il nodo debito pubblico occorre però anche altro. Sul fronte dell’evasione fiscale bisogna muoversi sul territorio. Molte amministrazioni locali soprattutto al Sud soffrono tassi di evasione fiscale di imposte locali insopportabili in un paese avanzato. Come fare? Si deve stabilire una soglia per l’evasione di imposte locali sopra la quale scatta una severa riduzione dei fondi che vengono da Roma. In altri casi tale soglia andrebbe stabilita per gli stipendi dei dipendenti pubblici territoriali.  Se gli stipendi medi di funzionari e dipendenti di un ente locale superano del 5% la media nazionale si tagliano i fondi da Roma. Insomma operazioni non certo indolori ma che consentono in breve di recuperare gettito e ridurre spese in maniera cospicua.

Sul fronte delle aliquote e della organizzazione delle imposte la riproposizione di flat tax e di riduzioni delle imposte sugli utili delle imprese non deve essere seguita ma utilizzata per cogliere esigenze legittime come quella di semplificazione fiscale. Un sistema più agile ridurrebbe evasione e ovviamente anche i costi per stanarla. La digitalizzazione delle procedure fiscali è un grande passo avanti in cui il nostro paese è all’avanguardia. Purtroppo però è anche un alibi per complicare ulteriormente il sistema. Qui abbiamo bisogno di uno sforzo che non è però rinviabile.

I mercati dei capitali internazionali non hanno purtroppo né l’efficienza né la trasparenza che i libri di testo pre 2008 raccontavano. Può essere saggio allora tassare i movimenti di capitale attraverso i confini rivolti ad acquisizioni o vendite di imprese esistenti ovvero gli  investimenti esteri cosiddetti grigi (Brown foreign direct investment – International Mergers and acquisitions). Spesso questi investimenti producono risultati negativi. Riducono la concorrenza contribuendo a creare imprese con posizioni dominanti  inclini all’abuso di mercato. Sovente implicano riduzioni di occupazione. Se l’acquisizione da parte straniera di una azienda produce risultati positivi è giusto che ci sia un beneficio fiscale per il paese che consente la vendita di un suo pezzo di capitale.

Diverso è il caso degli investimenti esteri che danno vita a nuove iniziative produttive (Greenfield foreign direct investments). Questi non devono essere tassati perché creano nuovi posti di lavoro.

Ci sono attività  di per sé non illegali anche se moralmente discutibili, come la prostituzione. Non si tratta di tornare indietro ma di disciplinare fiscalmente tali ambiti. Il che a cascata consentirebbe controlli collaterali che potrebbero ridurre il peso della criminalità con notevoli vantaggi sul piano della sicurezza generale. Non potendo cancellare il fenomeno della prostituzione vanno introdotte norme fiscali semplici e che soprattutto consentano ai contribuenti classificazioni non infamanti.

Infine un contributo alla riduzione della spesa e alle entrate verrebbe da una assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali per gli immobili. Di questo già ho fornito cifre e valutazioni su queste colonne https://www.mentepolitica.it/articolo/terremoto-i-vantaggi-di-una-assicurazione-obbligatoria/967 . Una iniziativa del genere non solo consentirebbe una più agevole e meno drammatica opera di ricostruzione e messa in sicurezza del paese ma avrebbe anche conseguenze positive in termini di riduzione della spesa pubblica e di aumento delle entrate per via di una crescita della attività delle assicurazioni che in questo sarebbero coinvolte.

Insomma tante strade per il nuovo governo, dalla definizione del debito pubblico, alla semplificazione fiscale, alla assicurazione obbligatoria degli immobili. Tutte utili. Nessuna in grado di risolvere da sola il problema.