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NTV errori e lezioni

Gianpaolo Rossini - 13.09.2014
NTV

Il quasi fallimento della NTV, concorrente nell’alta velocità di Trenitalia, è il risultato di una lunga serie di errori dai quali potremmo trarre però qualche lezione per il futuro qualora avessimo la disponibilità a riconoscere onestamente dove si è sbagliato.

Il primo errore è che si è voluto in maniera ideologica e pretenziosa introdurre la concorrenza in un settore che per molti versi è una sorta di monopolio naturale. Nel quale le economie che derivano dall’avere una sola impresa sono di gran lunga superiori ai vantaggi di avere concorrenza, che in certi settori costa troppo e i consumatori non sono disposti a pagarla. Insomma le ferrovie sono un monopolio naturale dove avere più di un operatore ha costi esorbitanti e dunque non c’è spazio per la concorrenza. Si obietta che il trasporto ferroviario è monopolio naturale solo per la rete ferroviaria e non per gli operatori che mettono i treni sui binari. E quindi si può scorporare la rete dagli operatori e le stazioni dalla rete come si è fatto in Italia. Ma queste politiche non portano a risultati positivi perché sono talmente tante le sinergie tra rete, operatori dei treni e stazioni che il loro scorporo e separazione (unbundling) non porta a guadagni di efficienza ma solo a costi aggiuntivi per i consumatori in termini di prezzi e soprattutto di servizio che diventa più scadente, meno accessibile alla fasce basse dei consumatori e alle zone remote, se non viene pesantemente sussidiato. Nel caso delle ferrovie, ad esempio, i profitti dell’alta velocità rivolta a un pubblico con maggiore disponibilità avrebbero dovuto servire a pagare i servizi deficitari, ovvero i treni locali e pendolari. Oggi questi treni devono invece essere finanziati dalle regioni cioè dai cittadini proprio perché con l’introduzione della concorrenza nell’alta velocità con l’arrivo di NTV questa politica di trasferimento interno dei profitti non è più possibile. E quindi i profitti dell’alta velocità ora li sopportano i cittadini che pagano le tasse. Un bel risultato della concorrenza. Il guaio ulteriore è che il nuovo concorrente NTV non è stato neppure in grado di fare profitti. Ha invece accumulato perdite enormi, paragonabili a quelle di Alitalia nello stesso periodo. Ancora più grave è poi che, in un’Italia in cui si ricicla tutto,  uno dei responsabili di NTV vada ora a dirigere proprio Alitalia, magari facendo pressioni perché questa preferisca servizi ausiliari  NTV invece che Trenitalia. NTV ha perso enormi somme perché è nata con un management che non ha le conoscenze per gestire una infrastruttura complessa quale è un nuovo operatore ferroviario di alta velocità. Alla base di questo c’è stata l’illusione, deleteria ma diffusa nel nostro paese, che un buon imprenditore in un settore possa esserlo in qualsiasi altro campo. Ma non è così. Chi fa buone auto non necessariamente sa gestire un’impresa farmaceutica o una compagnia aerea. Si tratta di attività economiche che richiedono conoscenze specifiche molto diverse e che raramente sono possedute  dalla stessa persona. NTV è partita con un investimento esagerato in convogli ferroviari inondando l’offerta e praticando da subito una sorta di guerra di prezzi per spiazzare l’operatore pubblico Trenitalia. Il quale pur soffrendo inefficienze e talvolta praticando forme di limitazione al concorrente ha quasi due secoli di esperienza e un know how che NTV non ha su alcun piano pur essendo partecipata dalla ferrovie francesi. Per quanto riguarda queste ultime, il governo parigino (come anche il governo tedesco) si è ben guardato da esporle alla concorrenza nella parte più lucrativa del mercato che è quello dell’alta velocità.

Purtroppo in Italia siamo lenti e inefficienti a spendere fondi europei che ci gioverebbero molto, ma siamo sempre zelanti nel seguire regole ideologiche e che spesso gli altri paesi si mettono sotto i tacchi come quelle sullo scorporo e la concorrenza in servizi e monopoli naturali. Negli Stai Uniti nel 1996 approvarono il Telecommucations Act in cui si dava il via ad alcuni scorpori di reti degli operatori soprattutto nelle telecomunicazioni. I risultati furono negativi. I proprietari delle reti non hanno alcun incentivo a fornire buoni servizi visto che restano un monopolio e le reti non si possono duplicare perché costa troppo.  Gli Usa hanno fatto dietro front e hanno smesso di imporre scorpori già a fine secolo. In Europa con una notevole inerzia e pigrizia intellettuale si è andati avanti (soprattutto in Italia e Inghilterra). Gli inglesi hanno fatto arretrare di decenni le loro ferrovie e il settore dell’energia elettrica. In Italia abbiamo indebolito ENI, già sotto tiro incrociato di magistrati, di francesi e inglesi,  imponendo uno scorporo insensato di Snam. Ma forse lo scopo ultimo non era quello di fare un piacere ai consumatori ma di rendere più aggredibili sia Eni che Snam dai grandi fondi Usa. Se c’è una lezione da trarre dal quasi fallimento di NTV e da altre vicende recenti che riguardano le imprese pubbliche è che con l’ideologia economica non si va da nessuna parte ma si danneggia solo il paese rendendolo meno efficiente, più vulnerabile e più povero.