Lettera Aperta alla senatrice Elena Cattaneo
9 settembre 2014
Su “la Repubblica” del 9 settembre 2012 la senatrice a vita Elena Cattaneo pubblicava un suo ampio intervento di critica alle riforme istituzionali su cui si sta lavorando e in particolare lamentava sia ciò che lei ritiene una fretta eccessiva e un dibattito intellettuale di scarso spessore, sia il fatto che si è lasciata cadere ogni ipotesi di introdurre un “senato delle competenze” che valorizzi i saperi specialisti di cui c’è tanto bisogno in una fase come quella attuale.
Il prof. Pasquale Pasquino le ha espresso in una lettera del considerazioni che riteniamo di grande interesse per cui gli abbiamo chiesto il permesso di trasformare il suo intervento in una lettera aperta, ritenendo quanto espone di notevole interesse per il dibattito generale.
Cara Elena Cattaneo,
Ho letto con interesse il suo articolo uscito oggi su Repubblica sulla riforma che non le piace.
Molte delle sue opinioni sono considerate da chi scrive perfettamente ragionevoli. Vorrei però sottoporre alla sua attenzione la difficoltà che fa ostacolo alla sua sensata proposta.
La cultura democratica che esiste in Europa dalla rivoluzione francese e che è stata accolta dalla nostra costituzione repubblicana, è fondata sul principio che gli organi di governo necessitano per esercitare la loro autorità di autorizzazione popolare, attraverso il meccanismo di elezioni libere, competitive e ripetute.
In uno stato di partiti, come sono le moderne democrazie rappresentative, la seconda camera (che non è più espressione di gruppi e di interessi privilegiati, come la vecchia House of Lords inglese) si giustifica difficilmente, poiché se è composta dalla stessa maggioranza non può controllare la prima, se composta in base ad una maggioranza diversa (come è accaduto in Italia con la legge elettorale Calderoli, ma come può sempre accadere se i due corpi elettorali sono diversi) rischia – in presenza di veti assoluti – di bloccare il processo legislativo e, se ha il diritto di votare la fiducia, di impedire la formazione di un esecutivo. Di qui la necessità di una riforma del nostro bicameralismo. Una seconda camera come lei l’immagina (e che personalmente non mi spiace affatto) si scontra con il principio democratico rappresentativo dell’autorizzazione elettorale. Chi designerebbe gli specialisti? O se eletti chi li porrebbe in lista? Delle primarie?! Visto che nessuno può candidarsi da solo.
Che i saperi specialistici debbano svolgere un ruolo e un ruolo importante nei processi legislativi, mi sembra sacrosanto. Non si possono fare leggi sulla salute o sull’ambiente, sulla scuola o sul funzionamento della giustizia senza ricorrere al coinvolgimento e all’expertise di coloro che conoscono questi problemi.
Ma le decisioni devono essere prese da chi si assume la responsabilità di essere eletto e di essere bocciato alle prossime elezioni dai cittadini elettori. A me è sempre parso stravagante che il ministero dell’economia possa essere affidato ad un medico (per fortuna questa volta abbiamo Padoan!) o quello della salute pubblica ad un avvocato. Mi sembra in altri termini che i partiti dovrebbero prendere più sul serio il ruolo delle competenze, alla cui importanza credo almeno quanto lei. Ma un governo di esperti fa a pugni con il principio democratico della responsabilità politica: l’eletto può sempre essere “licenziato” se non piace agli elettori. Le qualità di expertise di Elena Cattaneo non vanno certo giudicate dai cittadini, incompetenti a tale bisogna, ma dai suoi colleghi e dalla comunità scientifica, che, eletta o meno, in Parlamento e/o in Università, la considera a ragione di altissimo livello, e questo fa onore al paese.
La democrazia rappresentativa non può essere il governo degli esperti. Ma per fortuna gli esperti possono e devono svolgervi un ruolo fondamentale. Come opinionisti – penso al dottor Veronesi. E come coadiuvanti dei parlamentari nella formazione delle leggi e nel monitoraggio della loro applicazione. E infatti non solo la costituzione repubblicana prevede che le leggi siano passibili del vaglio di esperti del diritto: la Corte costituzionale – del cui ruolo si è detto troppo poco nel dibattito degli ultimi mesi sui giornali – e si tratta di esperti che possono modificare e bloccare le decisioni delle maggioranze elette!
Le audizioni parlamentari e le autorità indipendenti fanno costantemente appello al ruolo degli esperti. E i ministeri fanno, e dovrebbero farlo di più, ricorso alle loro preziose competenze.
In conclusione, se è una fortuna per l’Italia che persone come lei siedano nelle istanze rappresentative, non è in realtà concepibile oggi un Senato di specialisti. Quello che è possibile e necessario è persuadere la classe politica a ricorrere al loro ausilio ed alla loro expertise il più possibile. Purtroppo essere eletti è solo segno della expertise ad essere eletti. E questo non basta affatto a dare al paese un buon governo. Purtroppo l’anti-elitismo (l’ostilità nei confronti degli esperti, che è la cattiva erba delle culture democraticistiche) è uno dei mali dai quali il paese deve difendersi. Altrimenti i nostri esperti, soprattutto quelli giovani rischiano di andarsene altrove, come lei sa bene.
Con molta stima,
Pasquale Pasquino
* Professore alla New York University
di Gianpaolo Rossini
di Miriam Rossi *
di Pasquale Pasquino *