Ultimo Aggiornamento:
18 gennaio 2025
Iscriviti al nostro Feed RSS

L'ombelico dei partiti

Paolo Pombeni - 07.07.2021
DDL Zan

Devono avere un ombelico molto bello i partiti, visto che passano il tempo a guardarselo. E non si tratta di questo o quel partito, perché è una sindrome che li coinvolge proprio tutti.

Fuor di battuta, è abbastanza evidente che in questo momento le forze politiche sono più impegnate a guardare gli zero virgola conquistati o perduti settimanalmente nei sondaggi che ad impegnarsi sulle grandi questioni che affaticano questo paese e interessano il suo futuro. Se si prova a farne un elenco si resta impressionati, ma se si guardano talk show e giornali sembra che l’unico tema decisivo sia il DDL Zan: che ha una sua importanza, lo si volesse de-ideologizzare e inquadrare in un contesto razionale, ma non tale da mettere in secondo piano i nodi del futuro del paese.

Partiamo dalla questione della giustizia. Quanto il nostro sistema giudiziario sia messo male è notissimo. Eppure accelerare una riforma che fra il resto ci viene imposta come condizione per i fondi UE sembra un’impresa titanica. Non c’è solo il tema di evitare una figuraccia al povero Bonafede in tempi in cui le manchevolezze del grillismo emergono ogni giorno. Altrettanto pesano gli interessi corporativi delle associazioni di rappresentanza di magistrati e avvocati, nonché i timori di molti ambienti burocratici di perdere quel potere di schermarsi dietro leggi bizantine e una giustizia dai tempi biblici, che è ciò che consente ai peggiori e ai pavidi di non fare nulla e che mette a rischio chi ha voglia di raggiungere dei risultati.

Più in generale c’è la gestione del PNRR. Chi ha qualche contatto con vari ambienti della rete di poteri coinvolti coglie facilmente che, a taccuini chiusi come si usa dire, fioccano le critiche ad un impianto che non ha quei caratteri miracolosi che essi auspicano. In realtà siamo di nuovo davanti alla classica sceneggiata in cui ciascuno cerca di tirare la coperta dalla propria parte, incurante se gli altri rimangono fuori. Ovviamente, per quanto i fondi siano cospicui, è impossibile che automaticamente risolvano tutti i problemi del paese. Le priorità dei settori di intervento sono indicate nel piano, ma si tratta di priorità decise a Roma dai “pianificatori” che non si sono curati di creare nell’opinione pubblica un consenso. Anzi si è cercato di non mettere in mostra gerarchie, così ciascuno poteva pensare di non trovarsi in condizione meno favorita.

Poi, giusto per dire un tema che non è nuovo, ma che in questo contesto avrebbe potuto essere affrontato finalmente in maniera adeguata, c’è l’occasione del rinnovo dei vertici della RAI. Dopo mezzo secolo in cui si discute su come far tornare la RAI una grande azienda produttrice di cultura e di socializzazione nazionale (il mitico Ettore Bernabei ne divenne direttore generale ad inizio del 1961!) si sarebbe potuto approfittare dello choc della pandemia e dell’avvento di un governo di solidarietà nazionale per un grande dibattito sul tema. Invece silenzio.

Vogliamo parlare della riforma fiscale, altro tema centrale per il successo del PNRR? Dire che il dibattito è asfittico è dir poco. Non è certo lanciando qualche mitologia su tasse di successione con cui creare “doti” per i diciottenni, né ripetendo lo stucchevole mantra del “meno tasse per tutti” che si può dare un contributo. Si dirà: ma i tecnici sono al lavoro. Non ne dubitiamo, solo che un tema delicato come il prelievo fiscale richiede consenso e condivisione ed è miope ripetersi che tanto in materia di tasse il consenso non ci sarà mai, perché ad essere felici di dare parte del proprio reddito e patrimonio alla patria sono in pochi. Senza attendersi entusiasmi, un uso razionale della leva fiscale e la dimostrazione di quanto bene si possa fare con essa possono costruire un consenso prezioso (e magari dare una piccola spinta alla lotta contro l’evasione).

Bene, quali partiti hanno avviato seri progetti su questi punti (e su altri di eguale importanza) facendone materia di confronto allargato sia fra di loro sia a livello di opinione pubblica? Il dibattito sui media ci pare molto poco interessato a questi argomenti, a meno che non li si possa declinare a livello di populismo. Le forze politiche sono ossessionate dal problema del loro futuro in un contesto in cui tutto è in movimento. Ma, e questo è singolare, lo sono al punto da rimanere congelate ciascuna nelle sue contraddizioni.

Guardate Salvini: un giorno fa il moderato parlando al “Financial Times”, il giorno dopo firma un manifesto sovranista con ungheresi e polacchi. E’ solo un esempio di condotta che, adattato, si può applicare a tutte le forze in campo, che cercano di farsi identificare contemporaneamente per una cosa e per il suo contrario. E’ quell’ombelico su cui i partiti mantengono fisso lo sguardo: l’andamento dei sondaggi nell’attesa di quel grande confronto che tutti pensano saranno le prossime elezioni nazionali (adesso prudenzialmente posticipate al 2023).

A testimonianza della sostanziale paura che li attanaglia c’è la loro incapacità di riformare la legge elettorale. Tutti sanno che quella vigente non è adatta al nuovo contesto, ma tutti temono che farne una nuova impedisca loro di tenere sotto controllo le percentuali che si trovano assegnate dai sondaggi. Tanto è sommando quei numeretti che ciascuno pensa di risolvere nel proprio interesse il problema del futuro quadro politico.

Pensiamo che non sarà così, perché intanto una nuova era politica si sta preparando, come indicano vari segnali sia a livello internazionale che a casa nostra. Non è aspettando i tempi nuovi fissi ciascuno in mezzo al proprio guado che ci si troverà nelle condizioni di affrontarli con successo.