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Le due Ansaldo e Rai Way: lo strabismo duro a morire della sinistra

Gianpaolo Rossini - 03.03.2015
Rai Way

Storie parallele di aziende pubbliche si sono intrecciate in questi giorni nelle cronache finanziarie e in quelle politiche del bel paese. La prima riguarda Rai Way, azienda pubblica nata da uno spinoff di Rai che nel 1999 ha scorporato l’attività di trasmissione dei segnali. Rai Way è stata l’attore principale del passaggio al digitale terrestre del segnale televisivo in Italia. Ha circa 600 dipendenti, è quotata in borsa e ha una capitalizzazione di 1.1. miliardi di euro . Il prezzo delle azioni in borsa è circa 37 l’utile. Il governo ha dichiarato che manterrà una quota del 51% ovvero il completo controllo dell’azienda e immetterà sul mercato la restante quota in possesso della Rai. Essendo il flottante, ovvero la parte che è già in mano al mercato, circa il 35% del capitale, la quota che resta da mandare al mercato è di circa il 14%. E potrebbe portare nelle casse Rai circa 160 milioni di euro. Qualche giorno fa Ei Towers, la concorrente di Rai Way di Mediaset, ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto (OPA) su tutto il capitale di Rai Way. Questa però è stata collocata in borsa nel novembre 2014 con la clausola che la Rai tenga almeno il 51%, come ha ripetuto il Governo. Il lancio dell’Opa di Mediaset ha suscitato una reazione molto forte nella sinistra del Pd risvegliandone il mai sopito antiberlusconismo e/o antirenzismo.     Rai Way è un’azienda sana che divide con Ei Towers il mercato italiano della trasmissione soprattutto via etere. Entrambe sono poco presenti nella trasmissione via cavo ovvero nei collegamenti a banda larga, dove invece è più forte Telecom, ex azienda di stato ora controllata dalla spagnola Telefonica e alcune grandi banche italiane. Telecom ha un flottante pari a circa il 69% e quindi potenzialmente scalabile. Rai Way ed Ei Towers, allo stato della tecnologia, non si fanno molta concorrenza ma piuttosto si spartiscono il mercato. Perché nessuna delle due sarebbe in grado di servire da sola l’intero mercato o anche solo una quota di mercato molto maggiore di quella che già possiede.  A ben vedere un consolidamento tra due delle tre imprese nominate sarebbe forse salutare al settore e permetterebbe di costituire un’impresa con una dimensione sufficiente per promuovere ricerca e competere anche fuori dei confini italiani. Con Ei Towers l’integrazione sarebbe più agevole e positiva sotto il profilo industriale. Con Telecom sarebbe possibile ma meno efficiente. In più Telecom è in mani spagnole che finora non si sono prodigate ad investire, tant’è che siamo drammaticamente indietro nella diffusione della banda larga, mentre la Telecom pre-privatizzazione era all’avanguardia nel mondo. Infine Telecom ha una governance  complessa  e instabile in quanto non legata ad un attore saldo,  presente sul territorio italiano e con decenti programmi di sviluppo. Sotto il profilo della libertà di informazione il consolidamento nel settore delle trasmissioni di segnali televisivi non pone problemi più di quelli che avrebbe dovuto porre la privatizzazione di Telecom Italia effettuata dal governo Prodi nel 1997. Allora la posizione della Telecom era di quasi monopolio mentre  oggi un operatore che avesse una quota dominante nella trasmissione via etere dovrebbe fare i conti con la concorrenza della banda larga e del satellite e quindi non sarebbe tanto ingombrante. Non va dimenticato poi che un silenzioso pretendente a Rai Way, che la sinistra purtroppo non teme quanto Berlusconi,  è Rupert Murdoch dotato di risorse per rilanciare e aggiungere al suo impero globale un altro pezzo per essere ancora piu’ efficace nelle sue maleodoranti campagne globali come quelle che lanciò contro Saddam Hussein e contro l’euro.

Nei giorni scorsi si è consumata un’ altra operazione finanziaria molto importante. Finmeccanica, holding di stato nel settore alta tecnologia, prima in Italia nella produzione di brevetti e nell’attività di ricerca, ha venduto a Hitachi due imprese: Ansaldo Breda e Ansaldo STS. Quest’ultima ha circa 4200 dipendenti e stabilimenti in diverse parti del mondo. Leader internazionale nella segnalazione e nella comunicazione nei sistemi di trasporto su rotaia, è quotata in borsa a Milano con un flottante del 58%. Il 40% è in mano a Finmeccanica  e il 2% alla banca Centrale di Norvegia. Capitalizza circa il doppio di Rai Way e ha un prezzo su utile di circa 25. La seconda è azienda leader globale nella produzione di materiale ferroviario e per trasporto pubblico in genere. Ha appena lanciato l’ultima versione del Frecciarossa che può correre ad oltre 400Kmh. E’ il treno più veloce d’Europa. In questo campo la tecnologia della Ansaldo Breda è allo stesso livello di quella dei grandi concorrenti (Alshtom, Bombardier, Hitachi) e non inferiore a quella dei tedeschi di Siemens. Ha circa 2400 dipendenti sparsi tra Italia, Usa e Spagna.  Entrambe le imprese hanno conti fortemente migliorati nel 2014 rispetto al 2013. Finmeccanica, per ridurre il suo debito, le ha vendute alla giapponese Hitachi.  Si tratta di due aziende gioiello del made in Italy con storie vecchie di un secolo e mezzo e con una presenza nella ricerca applicata molto cospicua. Il compratore giapponese manterrà i livelli occupazionali, almeno inizialmente. Ma non ci si aspetti che prosegua l’impegno nelle attività di ricerca delle due imprese sotto l’ombrello Finmeccanica. Il che significa che ci saranno meno opportunità per giovani ingegneri e tecnici che saranno costretti a prendere la valigia impoverendo ancora di più il nostro paese.

E’ amaro vedere quanto la sinistra sia strabica di fronte alla vendita delle due Ansaldo e invece strilli isterica appena sente l’odore di Berlusconi. Rai Way, rispetto ai gioielli dati ai giapponesi  è di gran lunga più piccola e meno importante. Non solo, un consolidamento in mani italiane del settore trasmissioni segnali televisivi non sarebbe negativo né sul piano industriale né su quello della contendibilità. Il mercato che rileva, non dimentichiamolo, non è quello italiano ma quello globale, come il buon Murdoch ci ha insegnato a nostre spese.