Le democrazie e il nuovo "cleavage"
Nei sistemi democratici si è ormai creata una nuova contrapposizione, un "cleavage" che supera - ma in parte potrebbe anche riassumere - le quattro fratture classiche dell'elettorato delineate a suo tempo da Stein Rokkan: fra Stato-Chiesa, centro-periferia, borghesia-classe operaia, élites urbane-élite rurali. Le "nouveau clivage", come lo definisce Jérôme Forquet nel suo recentissimo volume (Ed. Cerf, Paris, 2018), è il protagonista di tre consultazioni popolari storiche come quella del 2016 sulla Brexit, l'elezione di Trump negli Usa, la vittoria di Macron in Francia. In questi casi, ma anche in altre elezioni europee, come per esempio le austriache, è emersa una distanza fra quelle che potremmo definire due "agglomerazioni elettorali": la prima, formata dagli sconfitti della mondializzazione e da chi teme l'aumento dei flussi migratori; la seconda, costituita dagli abitanti delle metropoli "globalizzate" e dai ceti che un tempo si sarebbero definiti "affluenti". Sebbene per certi aspetti questo nuovo "cleavage" sembri riportarci a vecchie contrapposizioni fra classi e ceti, la questione non è semplice. Lo si potrebbe constatare anche esaminando i dati delle recenti elezioni italiane (che Fourquet non ha incluso nel suo studio), sebbene nel nostro paese ci siano peculiarità che rendono meno netta la demarcazione che invece si nota nelle tre consultazioni esaminate dallo studioso francese. Le somiglianze fra il variegato fronte sociale che ha fatto uscire la Gran Bretagna dall'Unione europea, quello che ha permesso la vittoria di Trump nella "Rust belt" e che ha portato Marine Le Pen - pur sconfitta da Macron - ad ottenere risultati eccezionali alle elezioni presidenziali francesi, sono di varia natura. In primo luogo, nel linguaggio dei leader, che nel caso di Trump ("i metallurgici sono con me, i minatori sono con me, gli elettricisti, gli idraulici, tutte le persone concrete sono con me") e della Le Pen, ma anche di Farage, possono far pensare all'elettore medio, secondo Fourquet, che il personaggio politico interprete di quella visione del mondo: "è chiaro, diretto e semplice. Si capisce quel che dice". La cifra della semplificazione contro quella di un discorso che può essere articolato, complesso, a volte persino elitario ha permesso la conquista degli elettori con un minor grado di scolarità, ma soprattutto - questo è il secondo aspetto sottolineato dall'autore - la conquista della classe operaia, un tempo schierata a sinistra. Non è un caso che le zone industriali un tempo floride (ora in decadenza) si siano schierate con Trump, così come non lo è il passaggio al "Leave" di zone della Gran Bretagna che negli anni Sessanta e Settanta speravano (ed erano valide, sul piano produttivo e competitivo) che il loro paese aderisse al Mercato comune europeo. E c'è un ulteriore aspetto di questo "cleavage" (che, in realtà, è un insieme di fattori fra loro concatenati: una "tempesta perfetta"): la distanza fra le aree periferiche declinanti o in crisi o semplicemente impaurite dal futuro e le grandi città, così come la differenza di voto fra i "nomadi" e i "sedentari", cioè fra chi ha vissuto e lavorato in più città del suo paese e all'estero e che - a differenza di chi non si è mai spostato dalla sua zona di nascita - è per i democratici, per il "Remain" e per Macron. La mondializzazione, spiega Fourquet, "ha modificato in profondità la geografia sociale dei nostri paesi con - da un lato - le grandi metropoli dinamiche connesse all'economia internazionale e alcune zone turistiche favorite e - dall'altro - un arriére pays meno competitivo e fragile". La Francia urbana è ormai politicamente molto distante da quella (anche geograficamente) periferica. Non c'è solo il fenomeno di un Macron che, nei quartieri parigini laboratori di "start up" (soprattutto nel secondo arrondissement) ha superato il 90% dei voti al ballottaggio. C'è anche quello della Silicon Valley, dove Trump ha nettamente perso contro la Clinton. Un fenomeno tipico, ormai, delle grandi città: il voto "antimondializzazione" è minimo nei quartieri centrali, aumenta in quelli intermedi e periferici, ma diventa maggioritario tanto più ci si allontana. La marginalità sociale che è anche distanza fisica, non solo negli Usa, in Gran Bretagna e in Francia, ma anche in Austria, persino in Svizzera e (aggiungiamo noi, con le dovute distinzioni) in Italia. Fourquet è riuscito ad individuare persino una correlazione fra il voto a Macron-Le Pen e la presenza o meno di mezzi di comunicazione e di trasporto efficienti e rapidi. Oltre alla distinzione città-campagna, al senso di marginalità o di inclusione, al diverso percorso lavorativo e sociale degli elettori dei due "fronti" che si combattono su questa "frattura" l'autore individua anche un "cleavage" etnico. Non a caso la Scozia, i cattolici nordirlandesi e i gallesi della costa, che hanno meno rapporti con l'Inghilterra, hanno scelto il "Remain": una sorta di paradosso solo apparente, per popolazioni fisicamente "periferiche"; lo stesso vale per gli indiani degli Usa e le popolazioni diverse dal blocco della "working class" bianca che hanno votato per la Clinton, sia pure in misura minore che per Obama. Tutto ciò accade per contrapporre al nazionalismo inglese e a quello dei bianchi americani la rivendicazione della diversità di queste popolazioni. Ma facciamo un passo indietro: secondo Fourquet, l'identikit di chi si schiera dalla parte di Trump, del "Leave" e della Le Pen è il seguente: «1) un sentimento di abbandono da parte delle classi dirigenti che hanno sacrificato le regioni industriali sull'altare del libero scambio; 2) un sentimento di declassamento sociale, individuale e collettivo, un depauperamento economico rispetto alle generazioni precedenti, nel quadro del declino della propria regione; 3) un sentimento di essere minoranza nel proprio paese che fa eco alla nostalgia della "grandeur" passata». Infine, uno degli elementi del "cleavage" è l'atteggiamento verso gli immigrati. Nella zone di frontiera fra Francia e Italia Marine Le Pen ha visto incrementare nettamente i suoi voti fra le presidenziali del 2012 e quelle del 2017. Così in Gran Bretagna, dove la zona di Dover "porta d'entrata dei migranti" è stata una delle più favorevoli alla Brexit, col 62,2% dei voti. In sintesi, afferma Fourquet nel suo "Le nouveau clivage", è l'insieme di fattori molto diversi fra loro a creare (aggiungeremmo noi, come le suppellettili messe insieme alla rinfusa per fare le barricate) il solco fra chi si sente da una parte della società e chi è dall'altra. Un conflitto che non è solo economico, non è solo culturale, non è solo sociale. Senza accorgercene, le nostre democrazie si stanno spaccando su questo enorme "cleavage". Non basteranno la ripresa economica o una politica sociale che premi gli "esclusi" per chiudere un solco che ormai richiede anche capacità di ascolto, tempi lunghi, politiche che riunifichino senza spostare il problema (e le barriere, dall'interno della società all'esterno del proprio paese) affrontando e recuperando le ragioni dello stare insieme in un mondo che resterà comunque aperto e globalizzato.
di Luca Tentoni
di Michele Iscra *