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L'analisi del sabato. La sfida per le "tre capitali"

Luca Tentoni - 07.11.2015
Roma, Milano e Napoli

Nonostante la primavera sia molto lontana, il mondo politico sta cominciando a prepararsi per le prossime elezioni amministrative. Le manovre sono iniziate in anticipo soprattutto per il precipitare della situazione a Roma. Così, mentre nella Capitale si cerca di delineare uno scenario di candidati e possibili schieramenti, si ragiona anche sugli altri grandi comuni dove si eleggeranno i sindaci, in particolare Milano e Napoli. Queste ultime due città, insieme a Roma, hanno complessivamente una popolazione di poco superiore ai cinque milioni di abitanti. Inoltre, si tratta di comuni dove sul piano amministrativo sono state compiute o tentate, nella storia repubblicana, le sperimentazioni politiche più svariate. Fra i tanti esempi possibili citiamo i più famosi: a Milano, il primo centrosinistra degli anni '60 e la vittoria dei leghisti (da soli) nel '93 (quest'ultima seguita da una lunga stagione di giunte di centrodestra e dall'esperienza attuale del centrosinistra "arancione" di Pisapia); a Roma, il tentativo (fallito, di centrodestra) dell'"operazione Sturzo" nel '52 e, nella Seconda Repubblica, la quasi ventennale amministrazione di centrosinistra (che ha fornito alla coalizione ulivista, nel 2001 e nel 2008, due candidati premier: Rutelli e Veltroni) seguita da quella di centrodestra (Alemanno) e, infine, dall'amministrazione Marino; a Napoli la fluidità elettorale ha permesso numerose e variegate esperienze, dai monarchici di Lauro alle giunte democristiane, dal periodo del sindaco comunista Valenzi agli anni dei socialisti e, infine, ai diversi assetti di centrosinistra della Seconda Repubblica, da Bassolino a De Magistris. In alcune occasioni le "formule" sperimentate nelle tre più grandi città del Paese sono state utili per portare (o immaginare di portare) a livello nazionale nuovi assetti politici. Il centrosinistra milanese, già citato, fece da apripista a quello inaugurato con i governi Fanfani e Moro. Le giunte col Pci permisero di sperimentare alleanze di sinistra con Psi e laici che, nella seconda metà degli anni '70, si pensava potessero servire da base per realizzazioni nazionali future (in tempi non brevi, con modi e forme diverse: Berlinguer, del resto, aveva scelto la via dell'incontro con la Dc). Nel '93, inoltre, la Seconda Repubblica nacque dagli inediti confronti per l'elezione dei sindaci di Roma, Milano e Napoli: il centrosinistra si trovò ad avere un proprio candidato in tutti e tre i ballottaggi, ma con avversari diversi, perchè a Milano il competitore (vincente) era il leghista Formentini, mentre a Roma e a Napoli c'erano i missini Fini e Alessandra Mussolini (entrambi sconfitti). Fu proprio in occasione delle elezioni romane che Berlusconi, non ancora formalmente "sceso in campo", dichiarò che - se fosse stato cittadino della Capitale - avrebbe votato per il leader della destra contro Rutelli. La prima prova del bipolarismo, insomma, arrivò nei comuni, anche per l'introduzione dell'elezione diretta dei sindaci. I primi cittadini, negli anni Novanta, ebbero un ruolo politico molto forte, tanto che si arrivò a teorizzare il "partito dei sindaci" come motore di una nuova politica e di una rinnovata classe dirigente nazionale. Per giungere a tempi più recenti e ai sindaci in carica, è innegabile che l'elezione di Pisapia e De Magistris sia in qualche modo collegabile alla stagione "arancione" che nel 2011 fu accompagnata da una significativa vittoria referendaria. Roma, Milano e Napoli si sono ritrovate due anni fa (quando è stato eletto Marino) ad avere contemporamente tutti sindaci di centrosinistra o sinistra, per la prima volta nella storia della Seconda Repubblica. In due casi su tre, il primo cittadino non proveniva dal Pd (Milano, Napoli); ancora in due casi su tre, la coalizione era quella "classica" di centrosinistra (Milano, Roma). Così, le tre metropoli si sono trovate all'interno di un quadro politico che possiamo considerare in senso ampio di sinistra, ma con soluzioni diverse: a Milano, sindaco non Pd con coalizione comprendente i democratici; a Roma, sindaco Pd con coalizione di centrosinistra; a Napoli, sindaco non Pd con coalizione di sinistra senza il Pd. Nel 2016 il voto nei tre grandi comuni potrebbe avere effetti sul quadro politico nazionale, ma non è escluso che in realtà particolari come Roma le drammatiche recenti vicende locali prevalgano su considerazioni di altro genere. Come accadde nel '93 ai candidati "progressisti", il prossimo anno il Pd (con propri esponenti, con tecnici o aspiranti sindaci di partiti alleati) sarà verosimilmente il protagonista principale dello scontro (non necessariamente dovunque il favorito), ma stavolta non avremo uno schema bipolare. Il centrodestra potrebbe presentarsi unito: così, poniamo, a Milano potremmo avere un candidato sindaco leghista e a Roma un esponente della destra (a meno che il prescelto non sia il centrista Marchini). Ma soprattutto avremo un terzo contendente, il M5S, che se appare un po' meno competitivo a Milano (dove la coalizione di governo uscente e il centrodestra hanno sufficienti basi elettorali per giocarsi la partita) è invece dato per favorito a Roma e proverà a inserirsi in un eventuale ballottaggio a Napoli. Per una questione che non è solo di immagine, ma anche politica, il Pd di Renzi dovrà cercare di conquistare i tre comuni. A Milano per battere una Lega che è il primo partito (e il possibile dominus) di un eventuale futuro centrodestra; a Roma per evitare al M5S la vittoria più prestigiosa dopo quella di Parma; a Napoli per "riprendersi" in qualche modo il comune perduto nel 2011 anche a causa degli strascichi dovuti allo svolgimento e all'esito delle "primarie" del Pd. Sebbene si voti anche in altri importanti capoluoghi di regione (Torino, Bologna, Cagliari) l'esito del "test" amministrativo di primavera dipenderà dal colore delle "bandierine" piantate su Roma, Milano e Napoli. Sarà da quel risultato che le forze politiche partiranno per affrontare la sfida - prevista per l'autunno 2016 - del referendum confermativo costituzionale.