Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
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La Grande riforma “carsica”

Luca Tentoni * - 02.09.2014
La Costituzione

L'approvazione, in prima lettura, da parte del Senato della Repubblica, del disegno di legge costituzionale che, fra l'altro, differenzia il bicameralismo e riforma il Titolo V della Carta Repubblicana, è un atto e un fatto politicamente significativo. Sul piano prettamente pratico, è solo uno dei quattro passaggi previsti dall'iter; tuttavia, è sicuramente (dopo la revisione costituzionale del 2005, non confermata dal voto popolare) il più ampio intervento parlamentare mai compiuto dai tempi della Costituente. Le attuali polemiche sul formarsi di una cosiddetta "maggioranza per la riforma" (vale a dire la coalizione di governo, allargata a Forza Italia), appaiono più vivaci di quelle di nove anni fa, quando il centrodestra decise di far approvare la sua revisione con i soli voti di cui disponeva. Il tutto, col precedente del 2001, quando il centrosinistra ridefinì con le sue sole forze parlamentari il rapporto fra Stato, regioni ed enti locali. Del resto, ognuno può rinvenire precedenti confortanti alla sua tesi: nel primo periodo della Costituente i partiti di governo (soprattutto Dc, Pci, Psi) erano gli stessi che avrebbero approvato nel dicembre 1947 la Carta repubblicana anche se - nei mesi conclusivi del dibattito e al momento delle votazioni finali - il governo De Gasperi avrebbe visto ridimensionare di molto la sua coalizione di sostegno. Altri si sono già esercitati su questo tema. Qui sembra più opportuno soffermarsi su un altro punto che ci appare rilevante. La riforma che interessa molti articoli della Seconda parte della Costituzione è solo un tassello - sia pure ampio e destinato ad assumere a suo tempo un ruolo primario - di una più generale "riconfigurazione" del sistema politico e istituzionale del Paese. Un mutamento avviato non in questi mesi, ma già con le prime riforme che seguono la conclusione del lungo periodo dell'attuazione costituzionale. Se quest'ultimo si protrae infatti fino agli anni Settanta, con la nascita delle regioni a statuto ordinario e la prima elezione (1970) dei rispettivi consigli, già nella seconda metà del decennio l'idea di una "Grande riforma" si fa strada, per attuarsi in ambiti limitati, tuttavia incisivi: nonostante l'assenza di mutamenti alla Costituzione, si riformano i regolamenti parlamentari (ottobre-novembre 1988) per limitare il ricorso allo scrutinio segreto. In quegli anni, la legge 400/1988 riordina la Presidenza del Consiglio; nel 1989 viene introdotta la "legge comunitaria" (legge La Pergola, marzo); si riforma la disciplina dei "reati ministeriali" (l. cost. 1/1989); si ripensano poteri e modalità di elezione dei consigli comunali e dei sindaci (leggi 142/1990 e 81/1993). Quindi, sulla scorta dei referendum abrogativi del ‘91 e del ‘93 riguardanti le leggi elettorali per le Camere, si approda ad una nuova disciplina (il “Mattarellum”) che, introducendo una competizione prevalentemente basata su collegi uninominali e plurality system, muta la natura stessa del sistema partitico (sul quale, peraltro, sono intervenute anche le vicende di Tangentopoli). Nell'ottobre del '93, poi, giunge la revisione costituzionale riguardante l'immunità parlamentare (articolo 68). Si entra, così, in quella che i mezzi di comunicazione iniziano a denominare "Seconda Repubblica", con un accentramento mediatico (ma non di poteri) sulla figura del Presidente del Consiglio (rafforzata in parte anche con la prima "sfiducia ad personam" nei confronti di un ministro, nel 1995). Il sistema, nonostante la Costituzione resti pressoché intatta, cambia profondamente con l'elezione diretta dei presidenti delle regioni (nominale nel 1995, resa effettiva con la l. cost. 1/1999), la sentenza della Corte Costituzionale sulla non reiterabilità dei decreti legge (1996), le riforme Bassanini (leggi 59 e 127 del 1997, precedute da altre normative come la legge 241/1990 sulla trasparenza amministrativa), la legge costituzionale sul "giusto processo" (1999), il voto degli italiani all'estero (l. cost 1/2000 e 1/2001), la riforma dell'art. 51 Cost sulla pari opportunità (2003), l'abolizione della pena di morte dalla legislazione militare di guerra (2007). Nel 2001 la revisione del Titolo V della Costituzione sul rapporto Stato-regioni è, come si accennava, l'intervento più ampio dall'entrata in vigore della Carta repubblicana. Negli anni successivi il processo prosegue, ma non sul piano delle modifiche costituzionali: la revisione del 2005 si arena col referendum; la bozza Violante del 2007 non si traduce in atti concreti per lo scioglimento anticipato delle Camere. Nel frattempo, però, cambia la legge elettorale (2005); la legge finanziaria del 2008 (dopo il decreto legislativo 300/1999) riduce a sessanta i componenti del governo; si avvia il processo del "federalismo fiscale" (legge delega 42/2009); si introduce il pareggio di bilancio in Costituzione (articolo 81, 2011), quindi si avvia (2012) l'iter che porterà alla non elettività diretta dei consigli provinciali. La riforma costituzionale in discussione in Parlamento, dunque, è solo un tassello di un processo carsico che ha già profondamente cambiato il sistema politico-istituzionale nell'ultimo quarto di secolo, mediante “ristrutturazioni” più o meno vistose.

 

 

Luca Tentoni (Roma, 1966). Analista politico e studioso di sistemi elettorali. Editorialista per alcuni quotidiani (Gazzetta di Parma, Arena, Giornale di Vicenza, BresciaOggi). Cura per Giuffré il servizio di divulgazione giuridica online "Il Diritto di tutti" e si occupa per Giuffré¨-La Stampa di approfondimenti e testi per la sezione "I tuoi diritti" di http://www.lastampa.it/