L’Africa al centro. Rischi e significati del prossimo viaggio pontificio
L’agenda di papa Francesco prevede per i prossimi 25-30 novembre un viaggio in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana, fortemente voluto da Bergoglio per aprire il Giubileo straordinario della misericordia.
Il programma ufficiale rivela la piena coerenza dell’appuntamento africano con le linee politiche e pastorali del pontificato in corso. Oltre agli incontri istituzionali e diplomatici, il fitto calendario annuncia una riunione interreligiosa ed ecumenica e una visita alla bidonville di Nairobi (Kenya), l’omaggio a un santuario cattolico e anglicano (Uganda), la presenza in un campo profughi, un appuntamento ecumenico con i rappresentanti della comunità evangelica e uno interreligioso presso la moschea centrale della capitale Bangui (Repubblica Centrafricana). Rimane dunque centrale l’attenzione verso le altre religioni, le altre confessioni cristiane e le periferie sociali.
Il nodo centrafricano
Già prima degli attentati di Parigi, un allarme molto serio è stato trasmesso dai servizi di sicurezza francesi per la tappa centroafricana. Paese a netta maggioranza cattolica, la Repubblica è in subbuglio dal momento della deposizione del presidente François Bozizé per opera del gruppo islamico Séléka (marzo 2013). Da allora è in corso una guerra civile tra milizie musulmane e cristiane. La situazione sta peggiorando e le violenze si susseguono anche a Bangui, dove Francesco ha scelto di aprire il Giubileo (29 novembre). L’ingovernabile periodo di transizione potrebbe trovare finalmente soluzione in seguito ai prossimi due fondamentali appuntamenti elettorali, un referendum costituzionale (13 dicembre) e le elezioni presidenziali (27 dicembre il primo turno, 31 gennaio l’eventuale secondo), più volte rinviati.
Secondo l’intelligence, il rischio di un’azione terroristica della Jihad sarebbe molto alto e le forze locali non sarebbero preparate ad affrontarlo. Il pericolo è ingigantito dalla prospettiva di una folla di pellegrini che si prevede in cammino verso la cattedrale di Bangui, proveniente non solo dal Centrafrica ma anche dagli stati vicini (Ciad, Camerun, Congo, Sudan e Sud Sudan). Sono questi paesi in cui la presenza di gruppi combattenti che si ispirano all’Isis e a Boko Haram non è affatto indifferente, specie nel Sudan meridionale.
Sia i Caschi Blu dell’ONU, sia la sicurezza vaticana stanno lavorando alacremente per cercare di garantire la protezione del pontefice e della massa dei fedeli, eppure l’allarme rimane rosso. Al momento il programma è confermato, ma il segretario di stato vaticano, cardinale Parolin, ha aperto alla possibilità che la terza tappa venga cancellata anche all’ultimo istante.
Giovane Africa
Il viaggio di Francesco rappresenta un evento epocale per quella parte d’Africa, messa al centro della vita dell’intera Chiesa cattolica per un evento straordinario come il prossimo Giubileo. Il ricollocamento del centro della cattolicità, annunciato fin dai primi giorni dell’attuale pontificato, passa anche da qui. Una testimonianza significativa è quella del settimanale Jeune Afrique (edito a Parigi), il periodico panafricano più diffuso e letto. In un articolo pubblicato lunedì 16 novembre, il direttore François Soudan scrive che dopo la morte di Michael Jackson nessuno è riuscito a muovere le folle quanto papa Francesco. Dopo l’ironica apertura a effetto, Soudan prosegue evidenziando come sia difficile comprendere la portata della visita apostolica per i cattolici africani: “Bisogna appartenere a quella confessione per capire l’emozione mistica che suscita la personalità di Francesco sui fedeli africani: per loro lui è il papa dei miseri e dei senza voce, un papa bianco, certo, ma venuto dal Sud, vicino ai poveri, lontano dai potenti e dai ricchi”. Anche gli appelli di alcuni vescovi dell’Africa subsahariana rinforzano la tesi della testata francese. Diverse sono infatti le testimonianze di prelati che chiedono a Bergoglio di ripulire le curie, di levare di mezzo i rappresentanti del clero che inseguono la ricchezza personale indifferenti alla povertà comunitaria.
Di fronte a simili aspettative, di fronte alla fiducia e alla credibilità che Francesco si è conquistato in Africa, è facile capire che una modifica al programma del viaggio sia molto difficile da fare. Di certo non si vuole cambiare nulla, ma ancora non sappiamo se davvero si possa, dati i rischi per l’incolumità dei pellegrini.
di Paolo Pombeni