Illuminismo e antilluminismo in una politica magmatica
Tutto si è dissolto e anche l'ultima speranza, il grande tecnocrate salvatore, ha fatto quel che poteva e lì si è arenato, senza colpa e con il grazie di tanti. Alla ricerca di una direzione si è tornati alla politica; ma la politica è ancora quel che era quando si chiamò il salvatore, un magma senza forma che una sinistra senza consistenza ideale o pratica ha messo in mano a una destra che a sua volta non si sa cosa sia, sconfitta per due terzi e tutta una giravolta nel suo partito leader. Un magma senza forma in cui l'unica speranza è che questo partito leader si comporti da partito conservatore tradizionale. Speriamo pure; ma come chiederglielo se anch'esso non sa cosa può essere?
Eccomi qui a parlare perché sono un cittadino, ignorante come una capra, ma un cittadino ed è da questa possibilità data alle capre in una società aperta e costituzionale che si parte. La libertà di parola è il fondamento primo perché libertà di parola vuol dire libertà di pensare. Siamo d'accordo ritengo, però qui casca l'asino. Siamo in grado, tutti e ugualmente, di pensare e di pensare in modo autonomo e di pensare in modo consapevole? Ho sentito gente dire cose insulse, cose senza una logica, cose vergognose: almeno per me però. La questione è antica e va alle origini della nostra modernità quando i grandi reazionari e i grandi conservatori intesero sbranare l'illuminismo e la Rivoluzione francese per aver eretto a giudice del pensare la ragione, qualcosa priva di fondamenti se non generici e astratti e che per di più non era di tutti. Qualcosa che aveva portato a Robespierre e a Napoleone, l'uomo della repubblica virtuosa fondata sulla ghigliottina il primo, l'uomo del potere razionale fondato sulla guerra il secondo. Il concreto, quello che davvero univa e dava pace, che creava comunità durature e giuste, era la religione – la religione cristiana delle grandi chiese – ed era la tradizione, il costume, il potere legittimo continuato nel tempo. Sì, la Santa alleanza, ma non solo. Al fondo c'era la certezza antilluminista che gli esseri umani non godono di una capacità autonoma, individuale, di pensare e di vivere e che solo in comunità fondate su radici eterne culturali e di fede, nei limiti imposti da quelle comunità, possono giungere a comportamenti di ragione. Ecco, quella fra illuminismo e antilluminismo è stata una delle dinamiche principali dell'occidente fino a noi e non pensiamo di buttarla via lanciandoci verso il sovranismo e il tradizionalismo culturale da un lato o, a contrario, verso l'individualismo radicale dell'identità oppure verso quello del liberismo che ha nel razionale homo economicus il suo santo patrono.
La democrazia presuppone che le capre abbiano diritto di parlare nell'agorà sociale e politica, ma anche che le capre si possano educare e diventare leoni. Non capisco questa speranza, mi pare che siamo nel regno delle magnifiche sorti e progressive di cui parla amaramente Leopardi. Non solo credo che le capre ci saranno sempre; ma che in democrazia abbiano davvero diritto di parlare. Però questo è secondario. Quel che conta è cominciare a valutare politicamente e socialmente come i due corni del dilemma della modernità, l'individuo e il gruppo sociale, possano armonizzarsi. Esistono entrambi, oggi, nella logica della nostra modernità anche se non nascono più dalla fede religiosa o dalla ragione universale; però esistono e si confrontano. Si può dire, con una forzatura semplificatrice, che portano alla società aperta o al comunitarismo, versione sofisticata e moderna dell'antico antilluminismo. Per fare un passo avanti mi sembra si debba mettere sul tavolo la caratteristica prima delle nostre società, l'essenza del capitalismo, il mutamento, e nel capitalismo, anche se ci turiamo il naso, viviamo e non pare vi siano alternative. L'individuo muta, il gruppo sociale muta, nulla è fermo e l'armonizzazione fra i due è per questo difficile e precaria; ma a mio avviso occorre cercarla. Un'armonizzazione che ampli le possibilità dell'individuo di realizzare qualcosa dei propri desideri – che nessun individuo senziente sa esattamente cosa siano – all'interno di una comunità non esclusiva e al tempo stesso porti la comunità, cioè la società civile e politica, a non sopravvivere bloccando il mutare degli individui e il loro volere essere, in tanti modi diversi, sé stessi. Questa è accoglienza, che a mio avviso è il fulcro della democrazia e che consiste nel garantire autonomia economica e autonomia culturale agli individui chiedendo solo che né l'una né l'altra portino a crearsi una bolla propria che sarebbe l'antitesi della libertà. E se la sinistra guardasse a tutto questo, che non è il dover guardare a Calenda o ai 5 stelle o ad altri? È cercare di stare sui propri piedi, muovere da una tradizione storica – storica e quindi umana ed erratica -, quella dell'eredità dell'illuminismo, e da qui andare al concreto dei problemi attuali sine ira et studio.
* Professore emerito di Storia americana – Università di Bologna
di Paolo Pombeni
di Raffaella Gherardi *
di Tiziano Bonazzi *