Il Sistema Sanitario Pubblico (SSN): a dead walking man?

Gli allarmi sulla sostenibilità del SSN, sono quotidiani. Più che frutto di analisi, questi warning sembrano dei mantra di avvertimento. Si dovrà credere che parametri obiettivi insormontabili, hanno portato a ciò. La causa prospettata è il moloch del debito pubblico. Si è riusciti occultare i veri responsabili della crisi (ricordate Lehman Brothers?) innalzando il debito pubblico ad un moloch devastante, cresciuto spaventosamente negli ultimi tempi. Guardando i dati reali si vede che la sostenibilità economica del paese sembra migliore di molti paesi europei. Il debito pubblico è alto, ma negli ultimi anni è cresciuto meno che altrove e dal 2000 al 2013 nel rapporto debito pubblico/numero di cittadini adulti siamo stati superati da almeno USA e Francia. Per debito aggregato (pubblico+privato) risultiamo i meno indebitati assieme alla Germania e superati da USA, GB, Francia. Dal confronto con altri paesi si vede che l’Italia eredita i suoi problemi dal passato mentre gli altri li stanno sviluppando ora. Politiche di austerity restrittive/recessive possono portare alla distruzione non solo d’industrie potenzialmente ancora sane ma anche al collasso d’interi sistemi complessi. Ricordiamo l’esempio della Tatcher che ha raso al suolo il sistema manifatturiero e quello sanitario inglese che ora si trova a spendere cifre superiori a molti altri paesi europei per ottenere risultati inferiori in termini di salute e di sopravvivenza. Considerate le peggiori perfomance post2007 dell’Italia rispetto ad altre nazioni dell’area euro, si vede che i problemi risiedono in specificità tutta italiana, e non nell’euro. Secondo alcuni questa specificità negativa va ascritta a classi dirigenti che hanno favorito la sopravvivenza (anche dopo la caduta del fascismo)di istituzioni economiche più adatte a garantire posizioni di vantaggio a gruppi d’influenza ben circoscritti, a discapito della capacità di confrontarsi in campo aperto con un mondo in rapido cambiamento, dell’equità sociale e del merito. Anche la corruzione, che riemerge periodicamente come un fiume carsico, ne è un aspetto. Come si colloca la nascita del SSN negli anni in cui vi è stata l’espansione della spesa pubblica nel tentativo di comprare consenso non ottenibile con riforme che smantellassero quella palude di interessi costituiti?E’ stata una riforma vera che un parlamento lungimirante crea su basi di universalità, globalità e qualità delle prestazioni garantite seguendo l’architrave della costituzione. Oggi si sussurra che il SSN non sia più sostenibile economicamente. E’ falso: l’Italia spende il 7,3% del PIL esattamente nella media della EU-27, meno della Francia (8,3) e del UK (7,9) e simile alla Germania (7,0). Inoltre fino alla crisi del 2008 spendeva circa il 6,8% del PIL, (rapporto aumentato per il calo PIL del 9%, ma con importo complessivo sceso a 113 MLD e -20 MLD sul piano crescita previsto). Nonostante ciò il SSN ottiene ottimi risultati in termini di salute; ad es. in oncologia la sopravvivenza dei pazienti italiani è costantemente superiore a quella degli europei! E questo avviene anche oggi nonostante la sofferenza dei servizi per i tagli grazie alla bontà del capitale umano costituito dalla classe medica nel suo complesso. Tuttavia i tagli hanno portato ad un razionamento (per lo più implicito) delle prestazioni operate con rinvio,diluizione, interruzioni, aumento dei ticket, modificando di fatto i LEA. Nel frattempo si è assistito ad una spinta lobbistica verso le privatizzazioni con la nascita improvvisa di molti centri privati, cui è stato consentito di entrare sul mercato perché per certe prestazioni il pubblico è stato messo fuori mercato. Leggi dello stato hanno favorito ciò (vedi decreto Sacconi che obbliga le aziende ad attivare polizze integrative). Altre azioni stanno indebolendo il SSN: 1- il dimezzamento delle borse per specializzandi (non si vogliono trovare 35 mln). Una assurdità economica: non potendo lavorare nel pubblico senza specialità si obbligano 5000 nuovi medici/anno a trasferirsi all’estero, regalando forza lavoro qualificata; 2- Nuove norme sulla responsabilità civile dei medici: con esplosione della medicina difensiva e perdita di efficienza del sistema pubblico. Vi è peraltro da chiedersi se la intervenuta aziendalizzazione del SSN sia la modalità migliore di gestire la salute pubblica. Il controllo politico è diretto su manager/centri di spesa. Da questo punto di vista sono inquietanti le cronache di Tangentopoli 2 e suggestivo il fatto che in periodo di gravi tagli (-8,6% per i farmaci; -1,4% per costi per personale sanitario) l’unica spesa in aumento è quella per consulenza esterne (+ 7,5%). Ma anche in condizioni di trasparenza è la struttura stessa dell’aziendalizzazione che può configgere con l’interesse del paese: l’azienda guarda solo il proprio bilancio anche a scapito della spesa complessiva della regione/stato. Ad esempio i costi indiretti del cancro sono 4 volte più alti di quelli diretti (cioè le terapie), ma sul PIL del paese incidono entrambi. Se il contenimento dei costi diretti va a discapito di quelli indiretti la società ne perde comunque. Occorrerebbe un sistema più trasparente e più comprensivo dell’interesse generale della società. Viceversa temiamo che il SSN divenga l’agnello sacrificale per il Fiscal Compact, che un parlamento cieco ha introdotto in costituzione e dal quale non si ha il coraggio di recedere. Chi pagherà i 40-50 MLD annui dal 2015? Le premesse, per non essere tranquilli, ci sono tutte ma in caso di morte del SSN, almeno sapremo che non sarà stato un suicidio.
* Docente di Oncologia Medica presso l’Università di Bologna
di Giovanni Brandi *
di Goffredo Adinolfi *