Ultimo Aggiornamento:
17 aprile 2024
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Il risveglio della Chiesa argentina. La ricerca dei “bambini scomparsi” nel periodo della dittatura.

Claudio Ferlan - 01.11.2014
Abuelas

Le nude cifre spesso sanno impressionare più di quanto non facciano pagine e pagine di commenti. In Argentina quattrocento famiglie ancora cercano i “bambini rubati”. Sono i figli delle donne in attesa sequestrati negli anni del terrorismo di Stato, quando le mamme venivano lasciate sopravvivere fino al termine della gravidanza, salvo poi vedere affidati i loro neonati a famiglie legate alla dittatura militare (1976-1983). Ai piccoli era cambiata l’identità, nascosta la verità, impedita la consapevolezza delle proprie origini. I genitori naturali, nella stragrande maggioranza dei casi, non restavano in vita. Sono state le nonne, le Abuelas de Plaza de Mayo ad attivarsi per cercare quei bambini, definiti da alcuni “bottino di guerra”. Di cinquecento che nacquero nelle prigioni clandestine, poco più di un centinaio hanno potuto sapere. 

 

La voce dei vescovi

 

Nel fluire della storia ci sono ritardi che impressionano: è nell’ottobre 2014 che i vescovi argentini hanno preso decisamente la parola sul tema dei “bambini nascosti”. Lo hanno fatto attraverso uno spot registrato dal presidente della Conferenza Episcopale nazionale, José María Arancedo, e destinato ad andare in onda sulle reti televisive e radiofoniche nazionali. Il titolo è “La fede muove verso la verità”. Arancedo nel video appare a fianco di Estela de Carlotto e Rosa Roisinblit (presidentessa e vicepresidentessa delle Abuelas de Plaza de Mayo). Parla in nome dei vescovi argentini per chiedere a chiunque abbia notizie sui ricoveri in cui sono stati i bambini sequestrati, o sia a conoscenza dei luoghi i cui i loro genitori sono stati sepolti clandestinamente, di riconoscere il proprio obbligo morale: devono rivolgersi alle autorità competenti. Si spera che il mezzo televisivo e quello radiofonico abbiano la capacità di moltiplicare l’eco di un appello già proposto dalla Conferenza Episcopale nel novembre 2012, a quasi trent’anni dalla fine della dittatura. Molto tempo è trascorso dalle prime richieste delle Abuelas e delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani. Lo spot è dunque un nuovo passo in avanti di un cammino faticoso, che coinvolge fattivamente anche la Commissione Episcopale di Pastorale Sociale e la Conferenza Argentina di Religiose e Religiosi. Questo cammino è stato per anni segnato da ostacoli apparentemente insuperabili. Da più parti in passato sono pervenute alla Chiesa argentina richieste di collaborazione. Organizzazioni e privati cittadini hanno reclamato un aiuto nella ricerca non solo dei “bambini nascosti”, ma anche della memoria dei desaparecidos attraverso la messa a disposizione dei documenti conservati negli archivi ecclesiastici. La risposta è sempre stata negativa. Si è detto che documenti simili non esistono. Ma non si può dimenticare, per esempio, che associazioni cattoliche hanno fatto da intermediarie tra le coppie che cercavano figli e chi deteneva in prigionia le madri in attesa. Anche alla luce dei casi risolti è difficile immaginare che non esistano testimonianze scritte capaci di ricostruire diversi destini.

 

I silenzi della Chiesa

 

Non è certo un caso che il cambio di rotta della Chiesa argentina abbia fatto seguito all’elezione di Bergoglio. Già nel caso di omicidi come quello del vescovo Enrique Angelelli, commissionati dalla dittatura, Francesco ha avuto un ruolo decisivo nel mettere a disposizione documenti rimasti celati per anni nelle carte della nunziatura. E poi, oltre gli archivi ci sono i gesti. È previsto per il 5 novembre prossimo l’incontro del papa con Estela de Carlotto e il nipote Ignacio Guido Montoya Carlotto. Nello scorso giugno Ignacio Guido, musicista di buona fama, venne a sapere di essere stato adottato e si rivolse all’associazione delle Nonne di Piazza di Maggio per cercare i genitori naturali. Il test del DNA ha rivelato che Ignacio Guido è figlio di Walmir Oscar Montoya e della figlia di Estela, Laura Estela Carlotto, entrambi vittime della dittatura.  Dell’appuntamento ha parlato lo stesso Francesco, che in occasione di un breve colloquio con alcuni familiari di desaparecidos, un paio di settimane fa, si è sentito chiedere aiuto per farla finita con il silenzio, per aiutare le Abuelas e le Madres a raggiungere i propri obiettivi: verità, giustizia e memoria. Ai quali, hanno detto, oggi serve aggiungere la solidarietà. Sembra che la Chiesa sia pronta ad ascoltare e a parlare. Un pesante ritardo vale pur sempre più di un mai.