Il fumo denso della consulta
E’ la volta della tassazione sulle sigarette elettroniche. La consulta colpisce di nuovo e in maniera ancora più sorprendente. Dopo il duro colpo alla riforma Fornero delle pensioni ora la corte costituzionale ne ha combinata un’altra delle sue. Ha infatti dichiarato illegittima l’imposta sulle sigarette elettroniche finora tassate con un’aliquota pari, ahimè, a quella delle diaboliche sigarette di fumo vero. Certo, da qualche parte si sostiene che le sigarette elettroniche siano meno dannose di quelle con tabacco e carta. Ma non c’è in verità una risposta unanime e chiara; molti dubbi restano dal momento che si tratta pur sempre di sigarette che consentono inalazione di nicotina, uno stimolante che dà assuefazione e che non è per nulla salutare. La pronuncia della Corte suprema suona insomma piuttosto stonata, con scarsa base scientifico sanitaria e ancora una volta va a toccare misure fiscali sulle quali la corte è l’unico attore istituzionale che si può permettere di farsi beffe dei vincoli costituzionali (articolo 81 della Costituzione) e dei pesanti impegni europei del nostro paese. La Corte sembra purtroppo muoversi come un attore che si dimentica di agire in maniera istituzionalmente responsabile e che ormai vuole impicciarsi di materie, che proprio non le competono, in maniera spregiudicata, complici anche avvocati dello stato che, invece di difendere l’istituzione che li paga profumatamente, operano come avvocati d’ufficio di serie B, o addirittura usano il loro ruolo per fare campagna contro il governo. Renzi non poteva quindi trovarsi di fronte di peggio. Il problema però resta oltre il caso e il governo Renzi perché, come è avvenuto in passato, dobbiamo guardarci da grandi servitori dello stato che non esitano a scassare le istituzioni per le loro lotte politiche.
Tornando alle sigarette elettroniche meglio avrebbe fatto la corte a ritenersi incompetente ovvero non ammettere il quesito. Con questo precedente infatti potranno esserci ricorsi su qualunque materia finora rimasta fuori dai radar di ogni corte suprema di paese democratico. Il che ci porterà ad infinti conflitti istituzionali e ad un erosione ulteriore del ruolo del parlamento già costretto a navigare lungo i corridoi stretti imposti dall’appartenenza alla Ue e al fatto che i mercati finanziari internazionali la fanno da padroni imponendo regole e manovre a go-go. Rischiamo di finire nell’anarchia fiscale complice una corte che va ad impicciarsi di ogni dettaglio del sistema impositivo. Con risvolti che possono diventare ridicoli. Un fruttivendolo può ora sentirsi in diritto, e avere non poche probabilità di avere successo, di chiedere che l’aglio non sia tassato al 4% come gli altri prodotti agricoli perché è un ottimo alimento contro il cancro. Ogni consumatore sobrio può contestare come incostituzionale che l’acqua minerale, che non ha effetti collaterali, sia tassata come la birra (22%) che è un alcolico con costi sociali piuttosto alti. Eppoi perché il letame che puzza terribilmente è tassato meno (4%) della segatura che non puzza (10%). Cerchiamo di essere seri. Ad ognuno il suo mestiere e quindi la Consulta si deve concentrare sui veri temi che le competono che non sono le manovre fiscali. Se la costituzione esclude le leggi fiscali dalla possibilità di essere impugnate e abrogate a mezzo referendum significa che sul fisco occorre muoversi con grande responsabilità e che la corte non può inventarsi d’improvviso un nuovo ruolo senza dovere sottostare agli stessi vincoli (europei) e di correttezza (corte dei conti) cui deve sottostare il parlamento. Se la corte ha l’ultima parola deve sapere usarla con grande misura perché se perde la reputazione istituzionale che ha (o aveva) abbassandosi a banale Tar è un guaio non solo per la corte stessa ma per tutte le istituzioni repubblicane. E di questo l’Italia non ha proprio bisogno. Cari giudici costituzionali forse sarà il caso che facciate una “riflessione “ in più e vi diate una regolata.
di Luca Tentoni *
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