Ultimo Aggiornamento:
11 dicembre 2024
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Il caso Grillo

Ugo Rossi * - 25.11.2014
Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo

In questi anni il rapporto della politica con i cittadini, e in generale con la società, è completamente cambiato. Si è visto il declino dei partiti di massa e la fine del loro intreccio con la gente. Siamo arrivati all’oggi, che si estende oramai da venti anni, con la gente e la politica che sembrano due mondi separati.

L’avvento di Grillo, nonostante sia l’espressione più diretta della crisi di credibilità dei partiti, non ha risolto il rapporto nuovo da stabilire tra politica e società. Per essere schematici, avevamo prima, nel momento magnifico dei partiti, le figure dei segretari, che in coerenza con il nome, non erano dei capi-partito come l’intendiamo oggi, ma dei coordinatori e portavoce di una volontà più generale. Magari una volontà degli oligarchi, tuttavia non decidevano da soli, ma mediante confronti non solo all’interno del partito, ma anche con i segnali che arrivavano dall’opinione pubblica. Non c’era la monarchia, non c’erano i partiti personali, non c’era la personalizzazione della politica. Poi si è imposto il modello leaderistico innescato da Berlusconi: monarchia più anarchia. Il modello è molto semplice: c’è un capo indiscusso, anzi indiscutibile, che regna sovrano. Il resto è anarchia, nel senso che ogni livello istituzionale, territoriale, tematico, lavora in piena autonomia e con l’avallo del capo. Quando sorge un conflitto, raramente vengono prese decisioni allo stesso livello in cui è sorto, ma esso viene sottoposto al giudizio del sovrano, che decide in merito.

Il modello di Grillo presenta svariate analogie con quello di Berlusconi. C’è un capo carismatico, Beppe Grillo, che viene riconosciuto non solo come figura evocativa, ma anche come capo operativo. Un’ambiguità che ha già creato difficoltà al movimento fin dalle sue origini. Grillo, insieme a Casaleggio, è il capo riconosciuto, a lui si affida l’esercizio diretto e insindacabile del potere, ed era quindi inevitabile che l’unità del movimento fosse messa subito in discussione. Il modello monarchia e anarchia richiede regole inedite.

Ma è possibile chiedere a un capo carismatico di entrare nelle regole? È quasi una contraddizione in termini: il capo carismatico è tale proprio perché si colloca/è collocato a un livello superiore rispetto al resto, e nel resto ci sono anche le regole.

Per Grillo la politica non è qualcosa di specifico, non ha nessun compito da svolgere: c’è il popolo, ma solo nella sua versione internettiana, ci sono le tecnologie che migliorano le possibilità di risolvere i problemi. Anche se al riguardo ha cambiato spesso opinione: prima la tecnologia vista come un diavolo da combattere, per arrivare oggi a santificarla e considerarla guaritrice di tutti i mali. Insomma, la soluzione è una cassetta degli attrezzi che basta usare. La politica è un'invenzione dei politici: non serve a niente. Tutto è semplice. I problemi complessi non esistono, sono solo un escamotage della casta. Dov'è la politica? Stiamo tutti assieme, discutiamo, noi siamo la gente, a prescindere da ogni forma di radicamento territoriale. Siamo parte di una comunità virtuale, ragioniamo, pensiamo e tutto sarà semplice. Un click e i problemi svaniranno. Insomma, Grillo è il prototipo della spontaneità, dell'irrisione, della semplificazione oltre ogni limite accettabile, del populismo anarcoide, l’espressione di un "vox populi, vox dei" in salsa cibernetica.

Non bastasse, Grillo ha dato prove innumerevoli di come considera la democrazia interna, e quali preoccupazioni ne deriverebbero da una sua trasposizione a un livello di governo nazionale. Chi non è d’accordo viene cacciato, senza tanti complimenti. Chi dissente viene messo a tacere, o si usa internet come una clava per zittirlo. Il popolo è sovrano, ma i server li controllano i capi del movimento, perciò non c’è nessuna distinzione, che sarebbe del tutto ovvia, tra chi gestisce il movimento e chi gestisce i server. Le scelte di affidare una responsabilità a questo o all’altro dirigente del movimento sono insondabili, in qualche caso, anche inspiegabili. E in tutto questo non mancano i casi di nepotismo, con marito e moglie, fratello e sorella che si candidano a diversi livelli istituzionali e poi “passano” attraverso le consultazioni del web con pochi voti. In conclusione, sembra un’organizzazione settaria allargata e scorporata dalla solidità di un territorio (locale o nazionale poco importa), più che un movimento libero, democratico e impegnato a risolvere i problemi reali, come pretende di essere.

 

 

 

 

* Presidente della Provincia Autonoma di Trento