I cattolici negli Stati Uniti. Una minoranza con un leader positivo
Gli Stati Uniti non hanno mai avuto nella loro storia una maggioranza cattolica. La storia stessa della costruzione del Paese racconta soprattutto di gruppi protestanti spinti a muoversi da una sponda all’altra dell’Atlantico, e, una volta arrivati oltreoceano, decisi a spostarsi verso Ovest alla ricerca di una Terra se non promessa, almeno abitabile. I seguaci della Chiesa di Roma, in questo processo, hanno giocato un ruolo di secondaria importanza, come dimostra anche la loro marginalità nella storia missionaria dell’America settentrionale.
Francesco, star dei sondaggi
Abbiamo raccontato in un articolo precedente che negli Stati Uniti è visibile una crisi del cristianesimo, un declino numerico che accomuna cattolici e protestanti. Se ci concentriamo sui cattolici, scopriamo che in soli otto Stati dei cinquanta costituenti la Federazione essi sono il gruppo religioso prevalente, quasi ovunque i loro numeri sono in calo e neppure là dove l’immigrazione ispanica ha fornito nuova linfa alla fede romana il trend negativo è invertito, anzi. Quando c’è, la maggioranza è striminzita, talvolta condivisa con altri, sempre relativa.
Uno di questi Stati è la Pennsylvania, dove il papa è atteso a fine settembre per l’incontro mondiale delle famiglie cattoliche (Filadelfia). In seguito, Francesco parlerà davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (New York) e poi, primo pontefice della storia, terrà un discorso al Congresso (Washington).
Sei mesi prima della visita il PEW Research Group, un’autorità nel mondo dei sondaggi, ci svela che il 90% dei cattolici statunitensi ha una buona opinione del papa argentino e il 60% una considerazione “molto favorevole”. Tra i praticanti (così sono intesi quelli che vanno a messa almeno una volta la settimana) la percentuale di gradimento sale al 95%, cifre da rockstar, ha scritto la CBS.
La quota degli scontenti è molto facilmente identificabile nei gruppi così detti “neo-conservatori”, tradizionalisti e contrari a ogni cambiamento in campo religioso, sociale, economico e politico. Sono loro stessi a descriversi tali. In questo gruppo non mancano esponenti dell’alto clero e uomini politici di peso, un’opposizione piccola nei numeri ma grande nei poteri. A evidenziare la distanza tra chi è stato conquistato da Bergoglio e chi invece lo guarda senza alcuna benevolenza sono anche le prime ragioni del favore: il riconoscimento di un suo “atteggiamento di benvenuto” nei confronti degli omosessuali e le accuse lanciate contro il capitalismo selvaggio.
Perfino tra i non cattolici Francesco riscuote un apprezzamento degno di nota. Il 70% degli intervistati lo giudica positivamente, del restante 30% la metà si astiene perché priva degli elementi per valutare.
Evidenzia il sondaggio PEW che le cifre a favore di Francesco sono in netta crescita rispetto a quelle registrate al momento della sua elezione e poi nel febbraio 2014.
Reagire agli scandali
Non ci sono però solo nuove aperture e critiche all’economia. Il pontificato di Francesco sta cercando di segnare passi importanti anche su altre strade, percorse certo pure dal suo predecessore Benedetto XVI ma forse senza quella forza comunicativa e carismatica propria di Bergoglio.
Il cardinale Sean O’Malley (tra i favoriti dell’ultimo conclave e per alcuni osservatori anche del prossimo) è membro del gruppo dei cardinali chiamati da Francesco a ragionare sulla riforma della Curia romana ed è il presidente della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori. O’Malley fu nominato arcivescovo di Boston da Giovanni Paolo II nel 2003, quando l’arcidiocesi del Massachusetts era stata azzerata da uno scandalo di pedofilia di terribili dimensioni e da allarmanti tentativi di insabbiamento. Da allora il cardinale è impegnato in prima persona nella lotta contro gli abusi sessuali a danno dei minori. Lo scorso febbraio O’Malley era a Roma per la riunione della Commissione Pontificia prima e per l’inaugurazione del Centro per la Protezione dell’Infanzia (Università Gregoriana) poi. Il cardinale ha presentato il Centro, che nasce dopo un triennio di sperimentazione e mira a formare clero ed educatori esperti nella prevenzione di abusi sessuali contro minori e persone vulnerabili. “Siamo dolorosamente consapevoli che in molte parti del mondo il tema degli abusi sessuali nella Chiesa non è stato affrontato - ha detto – e ci auguriamo che le organizzazioni come il Centro per la Protezione dell’Infanzia ci aiuteranno a fare la differenza”.
Agli occhi dell’opinione pubblica americana la decisione con cui Francesco si è messo al lavoro su una delle questioni più sanguinose e urgenti della Chiesa cattolica contemporanea ha di certo avuto una rilevanza positiva.
Non possiamo sapere se questo tipo di iniziative potrà servire a conquistare nuovi fedeli oltreoceano, pare di no, ma di certo i sondaggi di opinione stanno dimostrando che serve a recuperare una buona fama.
di Paolo Pombeni
di Claudio Ferlan
di Patrizia Fariselli *