Fasi politiche e durata dei governi

In un precedente intervento su Mentepolitica (9 luglio 2016) si rilevava, andando alla ricerca di una definizione accettabile (non necessariamente esaustiva) di "governabilità", che "la durata in carica di un governo è una condizione per attuare una linea politica e può essere un fattore positivo se il progetto che anima i protagonisti della compagine ministeriale è chiaro e perseguito con capacità ed efficienza". Nell'analisi non si trascuravano i fattori istituzionali (la legge elettorale), politici (il sistema dei partiti), socio-economici e culturali "di contesto". Era stato rilevato, in quella occasione, che la durata di un Esecutivo non equivale automaticamente all'efficienza del suo operato: così come nella legislazione non conta il numero di leggi ma la qualità degli interventi normativi, anche nell'azione politica non è importante "tirare a campare" ma bisogna far fruttare nel migliore dei modi il tempo che si ha a disposizione per servire il Paese. In questa occasione, invece, passeremo rapidamente in rassegna alcune cifre riguardanti la durata dei governi della Repubblica (63 o 64, comprendendo anche il primo De Gasperi che nacque al tempo della monarchia ma restò in carica durante il referendum istituzionale e nei primi giorni dopo la partenza di Umberto II per l'esilio). Fra questi, 51 sono riconducibili alla "Prima Repubblica" (1946-1994) e 13 alla Seconda (dal 1994). I presidenti del Consiglio che si sono succeduti dal '46 ad oggi sono stati 27, dei quali 19 hanno guidato i governi della Prima Repubblica e 8 quelli della Seconda (anche qui i numeri non sono certi, perché Giuliano Amato - al governo nel 1992 e nel 2000 – è stato qui considerato uno degli otto della Seconda Repubblica, ma potrebbe anche essere invece computato come il ventesimo – non in ordine di tempo, s’intende - della Prima). Fra il 10 dicembre 1945 (primo governo De Gasperi) e l'11 maggio 1994 (fine del governo Ciampi) sono trascorsi 47 anni e 153 giorni, mentre dall'insediamento del primo governo Berlusconi ad oggi (15 ottobre 2016) sono passati 22 anni e 157 giorni. Sui circa 25mila giorni della Repubblica, i governi del primo sistema dei partiti sono dunque rimasti in carica per il 67,88% del tempo, contro il 32,12% del periodo 1994-2016. Se nel rapporto numerico fra presidenti del Consiglio della Prima e della Seconda Repubblica cambia poco rispetto al dato dei giorni in carica (71% a 29%, considerando Amato in entrambi i gruppi), c'è però una notevole differenza fra la durata media degli Esecutivi: fra il 1945 e il 1994 se ne sono succeduti 51 per una media (compresa la permanenza in carica durante la crisi, per il disbrigo degli affari correnti) di 339,37 giorni, contro i 629,77 del periodo 1994-2016. Una differenza non di poco conto: 11 mesi e 9 giorni contro 20 mesi e 20 giorni. Eppure, la continuità delle formule politiche è stata maggiore nella Prima Repubblica: il centrismo (1947-1963), il centrosinistra (1962-1976) e il pentapartito (1981-1992) hanno avuto una durata superiore ai dieci anni (pressoché consecutivi), mentre nella Seconda Repubblica nessuno schieramento ha mai vinto le elezioni per due volte di seguito (centrodestra 1994, centrosinistra 1996, centrodestra 2001, centrosinistra 2006, centrodestra 2008, centrosinistra 2013). Durante la Prima Repubblica, tuttavia, la durata dei governi per "formula" non è stata omogenea. Il centrismo è stato caratterizzato da 15 governi in 15 anni e mezzo (media: 1 anno e 12 giorni circa); il centrosinistra da 13 governi in 13 anni e mezzo (media: 1 anno e 14 giorni circa); il pentapartito da 10 governi in 11 anni (media: 1 anno e 1 mese circa). I presidenti del Consiglio sono stati rispettivamente 8 nella stagione centrista, 5 nel centrosinistra e 6 nel pentapartito. La formula centrista appare meno stabile delle altre due - per continuità di premiership - ma se si considera che il centrismo e il centrosinistra hanno avuto due fasi, il quadro andrebbe ridisegnato così: il primo centrismo (1947-1953) è durato 6 anni per 5 governi (durata media: 453,6 giorni) guidati da un solo esponente politico (Alcide De Gasperi), mentre il secondo è proseguito per 9 anni e 10 governi (7 presidenti del Consiglio diversi); il primo centrosinistra (1963-1968) è durato 4 anni e 7 mesi per 3 governi (durata media: 546,7 giorni) guidati da un solo esponente politico (Aldo Moro) mentre nella seconda fase (circa 9 anni) si sono susseguiti 10 governi e 5 presidenti del Consiglio (fra i quali lo stesso Moro). L’instabilità delle "seconde fasi" appare identica sul piano della durata media e della quantità dei governi, anche se - nel caso del centrosinistra - con un numero leggermente minore di presidenti del Consiglio diversi. L'unica distinzione che si può invece fare nel periodo del pentapartito è fra fase "a guida laica" (1981-1987) e fase "a guida Dc" (già con Fanfani prima delle elezioni e, dopo il voto, con la "staffetta" del 1987). Fra il 28 giugno 1981 e il 17 aprile 1987 si susseguirono cinque governi (durata media: 433 giorni) e tre premier contro i cinque governi in cinque anni e due mesi (quattro premier) della seconda fase. Naturalmente, nel nostro conteggio sono inclusi i governi "balneari" o elettorali intermedi, che nelle varie fasi hanno però all'incirca sempre lo stesso peso (durata e numero dei premier). In altre parole, durante la Prima Repubblica i periodi di maggior durata media dei governi (430-550 giorni) coincidevano con l'avvio di nuove fasi politiche, che poi proseguivano - esaurendosi progressivamente - con Esecutivi dalla cadenza annuale e un maggior ricambio alla presidenza del Consiglio. In ogni caso, persino il periodo degasperiano ha una durata media dei governi inferiore a quello medio dell'intera Seconda Repubblica: perchè? Non è una questione di efficacia dell'azione politica: non tutti gli Esecutivi degli ultimi ventidue anni hanno avuto la capacità riformatrice dell'era degasperiana o del primo centrosinistra di Moro. Torneremo più tardi su questo aspetto. Intanto, occupiamoci della Seconda Repubblica, i cui governi vantano notevoli primati di longevità rispetto a quelli della Prima. Sui dieci Esecutivi rimasti in carica (fra pienezza delle funzioni e affari correnti) per maggior tempo, cinque (Berlusconi II, Berlusconi IV, Renzi, Prodi I, Prodi II) appartengono al periodo 1994-2016 e cinque (Craxi I, Moro III, De Gasperi VII, Segni I, Andreotti VI) a quello 1945-1994. In altre parole, alla sua nascita, un governo della Prima Repubblica aveva circa una probabilità su dieci di restare in carica per almeno 615 giorni, mentre nella Seconda ne ha quasi quattro su dieci. Comparando i periodi trascorsi a Palazzo Chigi da centrodestra e centrosinistra negli anni 1994-2016, notiamo innanzitutto che il primo ha governato per 3340 giorni e 4 governi ma con un solo premier (Berlusconi: 1994; 2001-2006; 2008-2011), mentre il secondo ha avuto un proprio esponente a Palazzo Chigi per 3838 giorni e 7 Esecutivi con ben 5 premier (Prodi, D'Alema, Amato, Letta, Renzi). La durata media dei governi di centrodestra è stata dunque di 835 giorni, mentre quella degli Esecutivi di centrosinistra è risultata nettamente inferiore: 548 giorni (comunque, sempre più del record di Moro col primo centrosinistra del '63-'68). Il dato è in linea con quello dei due governi tecnici della Seconda Repubblica, rimasti in carica per 1117 giorni (media: 558,5). I governi "balneari" o "di transizione" della Prima Repubblica, invece (ne abbiamo calcolati 10, ma i criteri di scelta possono essere diversi) restarono in carica complessivamente per 1613 giorni (ciascuno, in media: 161,3 giorni). Escludendo l'Esecutivo di Ciampi - che aveva caratteristiche differenti rispetto agli altri nove - abbiamo invece 1236 giorni di governi balneari dalla durata media di 4 mesi e mezzo (137,3 giorni). Se dunque è ovvio che non dobbiamo cercare la "governabilità" nei nove gabinetti ministeriali di questo tipo, non è però detto che la troveremo necessariamente fra tutti gli altri più longevi. Diversamente, ne trarremmo l'ipotesi che dal 1994 in poi l'Italia è sempre stata un Paese "altamente governabile", il che non ci sembra corrispondere al vero. Torniamo così al confronto fra le "due Repubbliche" fatto in precedenza: perché nella Prima i governi duravano in media circa 11 mesi e oggi quasi 21? Di certo tutto ciò è avvenuto a Costituzione vigente e immutata, ma questo è l'unico elemento in comune fra i due periodi (peraltro, l'attuale governo è in carica da 966 giorni: quarto posto su 64, dal 1945 in poi). Infatti, a cambiare sono stati il sistema dei partiti (che dal 1994 al 2013 è stato bipolare, con soggetti politici "terzi" che però, uscendo più o meno temporaneamente dalle grandi coalizioni, non hanno mai avuto, da soli, più dell'11% dei voti) ma soprattutto i sistemi elettorali: prima il "Mattarellum" (475 collegi uninominali alla Camera e 232 al Senato assegnati col plurality system al primo classificato e i seggi restanti ripartiti proporzionalmente fra i partiti), poi il "Porcellum" (che assegnava 340 seggi su 630 alla coalizione vincitrice alla Camera e il 55% dei seggi regionali al Senato, però regione per regione: di qui la differenza - rivelatasi ben presto fatale per il secondo governo Prodi - con Montecitorio) hanno spinto i soggetti politici ad aggregarsi. La comparsa di un terzo competitore (il M5S) forte quanto gli altri due ha cambiato il sistema dei partiti, che è atteso alla prova delle prossime elezioni (non sappiamo ancora per certo con quale meccanismo di voto e se con una Camera politica o due). I sistemi elettorali non puramente proporzionali introdotti a partire dalle elezioni del 1994 - con i loro pregi e difetti - hanno reso più facile trasformare coalizioni elettorali che avevano sistematicamente meno del 50% dei voti in poli maggioritari. È pur vero, tuttavia, che le coalizioni parlamentari della Prima Repubblica avevano anch’esse numeri molto solidi in entrambe le Camere (per di più, i partiti di maggioranza superavano insieme, sia pure in lotta fra loro al momento del voto, il 50-55% dei consensi). In altre parole, sia prima che dopo il 1994 i governi avevano basi parlamentari ben superiori alla maggioranza minima, quindi il segreto della durata in carica dei governi va ricercato altrove. Così, giungiamo alle conclusioni già tratte in un precedente intervento su Mentepolitica: durante la Prima Repubblica le formule politiche duravano molto ma i governi poco (sebbene fossero più stabili nelle fasi iniziali di una stagione che in quelle conclusive) mentre nella Seconda le maggioranze di diverso colore si sono alternate di legislatura in legislatura, ma i governi hanno avuto un percorso medio molto più lungo. Un po' è dovuto alle leadership (De Gasperi e Moro nella Prima Repubblica, Berlusconi e in parte Prodi nella Seconda), ma soprattutto alle caratteristiche del sistema dei partiti. I cambiamenti di maggioranze all'interno della Dc, per esempio, che portavano all'avvicendamento di governi e presidenti del Consiglio, non si sono verificati nel centrodestra della Seconda Repubblica e solo episodicamente nel centrosinistra dell'ultimo ventennio. La maggior durata media degli Esecutivi di centrodestra rispetto a quelli di centrosinistra (entrambi di coalizione) è dovuta ad un "collante" rappresentato dalla leadership/premiership, che si è aggiunto alla necessità di formare coalizioni per vincere (il che ha tenuto insieme ciascun polo più facilmente) e al fatto che il sistema politico del periodo 1994-2016 prevedesse un'alternativa. In altre parole, il sistema politico italiano degli anni 1946-1994 poteva permettersi crisi di governo più frequenti e avvicendamenti di premier perché il perimetro della maggioranza poteva allargarsi dal centro verso destra o sinistra, restando però quasi impermeabile rispetto all'esito del voto (in un quadro, peraltro, caratterizzato da una forte stabilità elettorale e dalla presenza di partiti antisistema o esclusi a priori dalla partecipazione al governo). La possibilità di un'alternativa (con un fossato fra un polo e l'altro) ha sicuramente fatto comprendere ai partiti che la durata dei governi e soprattutto della legislatura erano preziosi, di fronte all'implacabile regolarità di un elettorato pronto a dare ogni volta la vittoria alla coalizione di opposizione. Il nostro discorso, lo ripetiamo, riguarda in questo caso solo la durata dei governi, non la "governabilità" come l'abbiamo delineata in altre occasioni. Da questo punto di vista, il periodo 1994-2016 è effettivamente diverso (tanto da far parlare di "Seconda Repubblica" a Costituzione immutata) rispetto al passato. Indipendentemente dall'esito del referendum del 4 dicembre, si ha l'impressione che si stia andando verso un terzo sistema dei partiti, i contorni del quale non sono ancora definiti.
di Luca Tentoni
di Alessandro Soggiu *