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E ti tirano le pietre

Stefano Zan * - 20.11.2019
Pietre

Sei Di Maio e ti tirano le pietre. Vai con la Lega e ti tirano le pietre. Vai col PD e ti tirano le pietre. Vai da solo e ti tirano le pietre. Vai con la lista civica e ti tirano le pietre. Non ti presenti e ti tirano le pietre. Qualunque cosa fai, ovunque te ne vai soltanto pietre in faccia prenderai. Sarà così fin che…. (Antoine). Fin che … non si sa e non è per niente chiaro.

Bisogna riconoscere che la situazione in cui si trova Di Maio e il suo movimento in questa fase non è particolarmente felice e nemmeno facile da gestire. Avendole provate tutte il risultato non cambia. Di Maio ad oggi non ha riconosciuto nessuna sua responsabilità personale nel tracollo che ha caratterizzato e caratterizza oggi il Movimento e forse non ha nemmeno tutti i torti visto che non esiste un’alternativa credibile alla sua leadership e comunque non esistono meccanismi democratici di confronto e di selezione di una nuova eventuale leadership. Il problema vero è un problema di linea politica e di collocazione strategica nell’attuale arena politica. Su due cose però Di Maio certamente sbaglia.

La prima è la pretesa di essere l’ago della bilancia dell’attuale governo. La metafora è impropria per due ragioni. Per tenere insieme un governo non conta chi ha più parlamentari ma conta il numero di parlamentari complessivi necessari a garantire la maggioranza al governo stesso. In questo caso qualsiasi dei partiti che sostengono il governo può farlo cadere quando vuole ritirando il suo appoggio. Quindi sono tutti aghi della bilancia. Ma la metafora indica la possibilità che un partito sia in grado di spostare gli equilibri in un senso piuttosto che nell’altro facendo appunto pendere la bilancia da un piatto all’altero. In questo caso la possibilità non esiste. Essendo improponibile per molteplici e ovvie ragioni un ritorno di un governo Lega - 5Stelle l’unica soluzione possibile è il ritorno alle urne che vedrebbero certamente il tracollo definitivo del Movimento come attore rilevante dello scenario politico. Non esiste dunque nessuna bilancia da far pendere. Esiste solo la possibilità di mantenere in piedi il governo fino a quando si riesce a trovare un ragionevole accordo tra le sue componenti.

La seconda è la prospettiva avanzata più volte negli ultimi tempi di un ritorno alle origini per ritrovare la propria antica identità. Anche questa è una prospettiva impossibile per molte ragioni la prima delle quali è che in politica dieci anni sono davvero molti e, soprattutto, questi ultimi dieci anni sono stati particolarmente vivaci e turbolenti. La forza propulsiva antisistema e di protesta generalizzata che il Movimento era riuscito ad esprimere si è progressivamente affievolita con l’entrata al governo prima con la Lega e poi con il PD. L’inevitabile processo di istituzionalizzazione, per quanto confuso e per molti versi ancora incerto, ha minato alle radici il carattere originario del movimento stesso e un ritorno alle origini non è pensabile anche perché per molti è venuta definitivamente la fiducia che i grillini potessero rappresentare davvero qualcosa di radicalmente diverso. Compromessi, tradimenti, ingenuità, inesperienza sono tutti elementi che concorrono a minare irrevocabilmente quella fiducia che aveva convinto milioni di italiani a votare per loro.

A questo si aggiunga che rispetto anche solo a un paio di anni fa la Lega si è affermata come il vero partito nuovo del cambiamento con una credibilità di partito di governo che per quanto palesemente infondata (leggersi Maroni) convince un numero davvero consistente di elettori. Il presunto suicidio politico di Salvini si è dimostrato essere in realtà una mossa strategica vincente che darà i suoi frutti nel breve medio termine.

Nessun ritorno alle origini è dunque possibile se non in una prospettiva di mera testimonianza irrilevante per le dinamiche di governo. Il sistema, che per una certa fase sembrava destinato ad assumere una configurazione tripolare (e allora si si poteva parlare di ago della bilancia) sta tornando ad essere bipolare ma fortemente sbilanciato sul polo di destra. Il vecchio mantra del: siamo post ideologici; non siamo né di destra né di sinistra, non tiene più. O meglio può caratterizzare ancora molti dei militanti grillini, ma non ha più spazi di gioco laddove la destra è largamente autonoma e non ha bisogno di altri voti e il PD, pur minoritario, tiene le sue posizioni. D’altra parte il movimento è un coacervo di posizioni in parte vicine alla Lega, in parte vicine al PD, in parte lontane da entrambi che non è davvero facile tenere insieme anche perché il partito virtuale che vive sul web e del web in questi anni ha dimostrato di aver perso ogni radicamento territoriale e comunque non ha luoghi di discussione e confronto che lo rappresentino davvero per quello che è ed è diventato. L’alleanza organica con il PD porterebbe ad un ulteriore indebolimento dei consensi. Al momento non si intravedono vie d’uscita di un qualche respiro strategico. L’unica possibilità per i 5 Stelle (altro che ago della bilancia) è tenere in piedi il governo il più a lungo possibile nella speranza che nel frattempo succeda qualcosa di positivo, ma non è chiaro cosa perché: qualunque cosa fai, ovunque te ne vai, soltanto pietre in faccia prenderai….

 

 

 

 

* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni. Il suo blog è ww.stefanozan.it