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Darei tempo al tempo

Stefano Zan * - 02.10.2019
Italia Viva

In questi ultimi giorni una quarta civetta si è posata sul comò della politica italiana: Italia Viva.

Confesso che la cosa che più mi ha colpito è la quantità di giudizi negativi che da ogni parte sono stati formulati su questa iniziativa di Renzi: ambizione personale, sete di potere, indebolimento del PD, momento inopportuno, creazione di un partitino minuscolo, e chi più ne ha più ne metta.

Personalmente non mi riconosco in questi giudizi non perché io dia un giudizio positivo dell’iniziativa ma perché ritengo che quelli formulati ad oggi siano pre-giudizi che non tengono conto di due aspetti fondamentali tra loro strettamente collegati. Il primo è la prospettiva temporale: giudicare un progetto di questa natura (non dico portata) nel giro di pochi giorni significa da un lato fare un processo alle intenzioni e dall’altro rafforzare le ragioni che hanno portato Renzi a questa scelta. Il secondo, ancora più importante, è che il giudizio vero sulla validità o meno della creazione di Italia Viva lo daranno i fatti in maniera molto semplice: se di qui a qualche mese la somma dei consensi PD-Italia Viva sarà superiore a quella del PD di oggi (diciamo il 22% delle europee) l’operazione sarà riuscita, viceversa sarà stata un fallimento.

Ad oggi, almeno per quel che mi riguarda, ci troviamo di fronte a un’ipotesi (se volete a una scommessa) che solo i consensi elettorali potranno dire se era fondata o meno.

Per puro esercizio analitico mi limito a sottolineare alcuni aspetti che potrebbero andare in una direzione positiva.

La estrema conflittualità delle correnti interne al PD è stata certamente una delle cause della sua sconfitta elettorale. Come ho già sostenuto in altra sede c’è un limite al partito plurale, aperto, pluralista. Se nel partito può starci chiunque e chiunque può esprimere apertamente e pubblicamente le sue posizioni di sistematica contrapposizione alle posizioni della maggioranza allora non ci troviamo più di fronte ad un partito ma ad un coacervo di idee e gruppi di potere che mai troveranno un comune sentire ed una capacità di azione comune. Con l’uscita di Renzi (e il non rientro di D’Alema e Bersani) il PD può ritrovare intorno a Zingaretti una maggiore unità di intenti e d’azione che si traduce in una più chiara identità da presentare agli elettori. Non escluderei affatto che una parte significativa di elettori che hanno lasciato il PD per la Lega e i 5Stelle in spregio a Renzi e al Renzismo possano tornare a votare il PD di Zingaretti.

In questo senso il PD, non dovendo mediare quotidianamente con la corrente renziana, sarà più libero di costruire e presentare le sue posizioni.

Si dice che le secessioni non hanno mai portato fortuna a chi ha abbandonato il partito ma si dimentica che si è sempre trattato di secessioni drammatiche avvenute a seguito di scontri fortissimi all’interno del partito abbandonato poi da chi aveva perso la partita.

Questa non è una secessione drammatica. Certamente non è consensuale ma, almeno nelle intenzioni dichiarate, ha l’obiettivo di raccogliere consensi al di là del perimetro in larga parte ormai cristallizzato del PD. Del resto sono anni che molti osservatori vanno dicendo che esiste uno spazio vuoto (non rappresentato) tra la Lega e il PD, posto che Forza Italia è ormai in via di estinzione o di assimilazione alla Lega, e molti moderati non sanno più per chi votare e quindi si astengono. È vero che altri sostengono che il centro non esiste, però un arricchimento dell’offerta politica potrebbe rivelare alcune sorprese soprattutto in tempi di grande volatilità dell’elettorato. Il fatto che Italia Viva abbia dichiarato di non presentarsi alle elezioni amministrative prima delle prossime elezioni politiche dovrebbe garantire che al momento la contesa è più rivolta ai potenziali nuovi elettori rispetto a quelli già acquisiti. Anche in questo caso solo i numeri (e il tempo) ci diranno chi ha ragione.

Il dato su cui varrebbe la pena riflettere è che al di là della vocazione maggioritaria di questo o quel partito in tutte (o quasi) le democrazie occidentali i partiti sono costretti a creare coalizioni per dar vita a governi stabili. Anche partiti certamente forti ed egemoni come la Lega per vincere devono coalizzarsi.

La domanda diventa quindi se la nascita di Italia Viva sarà un’occasione di rafforzamento del fronte progressista oppure no e questo, come abbiamo già detto, lo verificheremo nei prossimi mesi. Ma per il rafforzamento vero del fronte progressista ci sono altre due condizioni.

La prima è la collocazione definitiva dei 5Stelle in questa area di esplicito antagonismo alla destra e di piena integrazione europea abbandonando definitivamente la logica dei due forni dove “questo o quello per me pari sono”.

La seconda è che il processo di modernizzazione del PD, più volte annunciato ed illustrato da Zingaretti, passi dalle enunciazioni generali e generiche a fatti chiaramente visibili e percepibili.

Ma anche queste due condizioni, come la prima, richiedono tempo.

Il fatto che nessuno dei tre componenti dell’attuale governo abbia interesse ad andare rapidamente alle elezioni ci dice che il tempo potrebbe esserci e col tempo i nostri giudizi potrebbero essere ben più fondati di quelli formulati in questi primi giorni.

 

 

 

 

* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni. Il suo blog è ww.stefanozan.it