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20 aprile 2024
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Cristianesimo al femminile, la distanza tra Canterbury e Roma

Claudio Ferlan - 02.04.2015
Cattedrale di Canterbury

Il noto quotidiano online statunitense “The Huffington Post” ha proposto una pagina molto interessante per presentare il mese di marzo, dedicandolo alla storia delle donne. La sezione “Religion” del quotidiano ha salutato la ricorrenza scegliendo alcuni profili di donne capaci di “rompere le barriere” nel mondo delle religioni.  In un campo in cui c’è ancora molta strada da percorrere prima di arrivare alla condivisione delle responsabilità e al riconoscimento dell’importanza dell’azione femminile – si legge – vi sono stati nell’ultimo anno segnali di rinnovamento, simboleggiato dal alcune storie personali.

 

Libby Lane e Alison White

 

Il primo nome della lista è quello di Libby Lane, che lo scorso 17 dicembre è stata nominata primo vescovo donna nella Chiesa d’Inghilterra e molti giornali hanno scelto di riportare la notizia come l’inizio di una nuova era.  Consacrata il 26 gennaio, Libby Lane ha pronunciato il primo sermone davanti ai fedeli della diocesi di Stockport (Contea Greater Manchester) domenica 8 marzo, una data dal forte valore simbolico.

La strada per l’ordinazione femminile era stata spalancata dalla decisione della maggioranza dei membri del sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra presa nel luglio 2014, all’esito di “decenni di dibattito”, come ha specificato la BBC. Non sembra un’esagerazione, quella della BBC, poiché l’apertura al sacerdozio femminile risale al 1992. La risoluzione, va detto, era già stata presa dalle altre Chiese anglicane (Australia, Canada, India, Sudafrica e Stati Uniti).

Non sono mancate le voci contrarie alla scelta del sinodo generale. Diversi gruppi conservatori l’hanno definita contraria agli insegnamenti biblici; un isolato oppositore ha brevemente interrotto la cerimonia della consacrazione di Libby Lane al grido di “Non nel mio nome”. Alcuni hanno evidenziato con timore come la nomina possa rappresentare “un precedente”. Certo che lo rappresenta, tanto è vero che lo scorso 25 marzo Alison White è stata nominata vescovo di Hull (Inghilterra nordorientale). Quello che fa della reverenda White un’ulteriore novità è la sua situazione familiare. Suo marito, Frank White, condivide con la moglie fede e mestiere: è il vescovo di Newcastle. Anche Libby Lane è sposata con un uomo consacrato, ma suo marito George è un prete, non un vescovo. Non senza ironia Alison White ha salutato la propria nomina confessando che un vescovo in famiglia le pareva più che abbastanza. Insomma, è tempo di novità ed è difficile immaginare che dal cammino intrapreso si possa tornare indietro.

 

La voce di Dio

 

Che una nuova era per la Chiesa cattolica romana sia ancora difficile da prevedere  –  quantomeno per il riconoscimento della parità tra i sessi – lo suggerisce la stessa selezione delle donne capaci di rompere le barriere proposta da “The Huffington Post”. L’unico nome cattolico del lotto è quello di suor Cristina Scuccia, vincitrice della passata edizione del Talent Show “The Voice” sotto la guida del rapper J-AX, non certo uno dei più allineati con i dettami comportamentali della Chiesa di Roma. I luoghi comuni si sono sprecati: dal soprannome “La Voce di Dio” scelto senza troppa fantasia per suor Cristina al riconoscimento della coppia artistica come “Il diavolo e l’acqua santa”. Cristina Scuccia ha difeso la sua scelta di partecipare al Talent – presa dopo il consenso delle superiori – affermando che anche le suore hanno diritto al divertimento o che il modo migliore di servirsi del proprio talento sia quello di donarlo agli altri, cantando.

 Al di là delle doti canore di suor Cristina, in verità ancora da dimostrare e forse non così strabilianti, colpisce il paragone suggerito dalla lista del quotidiano statunitense. Da un lato la soluzione di un dibattito che tocca tradizioni ormai millenarie, che mette in discussione convinzioni teologiche differenti e fa i conti con l’opposizione interna scegliendo la via di un decisivo rinnovamento. Dall’altro la possibile incursione nello star-system di una donna consacrata. È un fenomeno televisivo sul quale si cerca di costruire un possibile tratto di rinnovamento religioso che, tutto sommato, non sembra appartenergli.

Le prevalenti riflessioni della teologia morale cattolica non si concentrano certo sull’apertura al sacerdozio femminile. Il dibattito è piuttosto concentrato sulla liceità della comunione ai divorziati risposati e sul riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso. Sono questioni che investono questioni dottrinali rilevanti ma che al contempo coinvolgono direttamente solo una minoranza dei fedeli. Nonostante l’indubbia ventata di novità portata da papa Francesco, pare che per il riconoscimento di una vera parità tra i sessi la Chiesa cattolica, se davvero lo vuole, debba ancora decidere di organizzare il cantiere per la costruzione di una nuova strada. La posa del primo mattone è ancora lontana.