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Chi ha paura di nuove elezioni

Stefano Zan * - 17.03.2018
Scontro elezioni

Gli osservatori della politica dovrebbero evitare due errori fondamentali: il primo è quello di fare previsioni puntuali; il secondo è quello di dare suggerimenti ai partiti. Dovrebbero limitarsi a mettere in evidenza scenari, possibili evoluzioni, contraddizioni, problemi, lasciando poi a chi di dovere assumere decisioni. Nel rispetto di questi due principi mi pare si possa prendere in considerazione il fatto che uno dei possibili esiti di questa situazione di stallo, che non prevedo e non auspico, ma mi limito ad analizzare, è un rapido (qualche mese?) ritorno alle urne.

Alcuni sostengono che non si possa fare con la stessa legge elettorale perché non cambierebbe nulla. Ma se non si riesce a formare un governo non si capisce come e perché si potrebbe invece riuscire a fare una nuova legge largamente condivisa. Ci sono elevate probabilità che, nel caso, si ritorni alle urne con la stessa legge e i risultati, secondo me, sarebbero profondamente diversi. Vediamo perché.

Il crollo dei partiti minori (Liberi e Uguali, Insieme, Casini e Lorenzin, Quarta gamba, ecc.) è stato talmente pesante da renderli aritmeticamente inutili per qualsiasi coalizione. Anzi, non mettere in lista certi candidati (esempio Casini a Bologna) potrebbe fare aumentare i voti anziché farli calare. Se i piccoli decidessero di andare da soli con la soglia del 3% rischierebbero la loro definitiva uscita dall’arena parlamentare lasciando sulla scena solo cinque partiti, il che rappresenterebbe la sconfitta definitiva di tutti i partitini che molti auspicano da tempo.

Ma l’aspetto più rilevante è che ogni elezione riposiziona l’asticella, lo zero, da cui partire per valutare chi vince e chi perde.

Facciamo un esempio: il PD ha preso più voti della Lega, ma ha perso mentre la Lega ha vinto perché il PD è sceso (molto) sotto la sua asticella, mentre la Lega è salita (molto) sopra la sua asticella.

Il 4 marzo ha fissato una nuova asticella per tutti.

Se i 5Stelle prendono anche solo due o tre punti meno di quanto hanno appena preso “perdono” le elezioni o, quantomeno ridimensionano il loro successo.

Se il PD, con un partito più compatto, una leadership diversa, un programma più incisivo e candidati più in linea con la sua storia, recupera qualche punto in percentuale “vince” anche se arriva ancora secondo. Lo stesso vale per la Lega e per Forza Italia.

La scommessa in gioco è molto chiara e semplice nella sua essenzialità. Il 4 marzo è il massimo di esplosione del voto di protesta oppure è l’inizio di una progressiva radicalizzazione tra 5Stelle e Lega?

Ovviamente allo stato non lo sa nessuno.

Nel primo caso, che prevede un rientro almeno parziale dei voti fuoriusciti da PD (ma anche da Forza Italia), avremmo non certo un radicale cambiamento del sistema tripolare quanto un riequilibrio dei pesi relativi che potrà incidere su future alleanze (un conto è fare un accordo tra il 32 e il 18 per cento, altro è farlo tra il 28 e il 25, ad esempio)

Nel secondo caso, che prevede un’ulteriore crescita tanto dei 5Stelle che della Lega, sarà chiara la radicalizzazione del nostro sistema politico.

In ogni caso le cose cambieranno eccome.

A questo punto chi deve temere di più nuove elezioni?

Certamente tutti i partitini irrilevanti che perderebbero anche l’attuale diritto di tribuna.

Probabilmente chi ha vinto. Più i 5Stelle della Lega perché i primi potrebbero aver raggiunto il massimo dei loro consensi mentre la Lega potrebbe erodere altri consensi a Forza Italia.

Il PD, appositamente riaggiornato, difficilmente dovrebbero perdere ancora, mentre Forza Italia rischia di cedere voti alla Lega.

La scommessa è chiara. Che si debba giocarla a breve è tutto da vedere, ma dipende anche da come si muoveranno i partiti nelle prossime settimane. Se i vincitori continuano a tagliarsi i ponti alle spalle (mai con il PD, i nostri ministri non si toccano, no a un governo istituzionale) le probabilità di tornare al voto quanto prima aumentano sensibilmente e, viene il sospetto, che siano proprio loro ad aver già optato per questa soluzione.

 

 

 

 


* E' stato docente universitario di Teoria delle organizzazioni